La Valle d’Aosta chiude le porte, solo i ricchi nel «gran paradiso
Accoglienza Tutta la regione dovrebbe ospitare appena 79 profughi. Ma il presidente ha detto no
Accoglienza Tutta la regione dovrebbe ospitare appena 79 profughi. Ma il presidente ha detto no
Mai amministratore regionale fu altrettanto rapido. Il giorno dopo la richiesta del governo di accogliere settantanove tra le migliaia di immigrati che arrivano ogni giorno davanti alle nostre coste, Augusto Arduino Rollandin, presidente della Regione Autonoma della Valle d’Aosta, era in grado di rispondere no a ragion, secondo lui, veduta. Anzi, verificata «Ho effettuato una ricerca di eventuali altri posti presso i 74 comuni della Regione, ma tale ricerca ha sortito esito negativo… Non c’è stata una mancanza di sensibilità. Noi riteniamo che se accoglienza deve essere, questa deve essere piena, non si possono piazzare queste persone da qualche parte».
I dati anagrafici aggiornati a fine 2012 parlano di 6614 cittadini stranieri regolarmente residenti in Valle. Il 6% circa su una popolazione di 128mila abitanti. Dai primi anni ’90 la Regione ha affidato alla Società Cooperativa La sorgente la patata appena tiepida dell’immigrazione, ed è La sorgente a gestire i sessantadue immigrati già presenti sul territorio. Tutto esaurito, dunque. Anche se una semplice divisione tra i 74 comuni assegnerebbe un emigrante virgola zero sei a ciascuno di essi. E invece il risultato della divisione fa zero, significa che tutti hanno risposto picche al pur volonteroso e celere Rollandin. Niente posti, tanto meno in località ancora vagamente blasonate come Saint Vincent, Courmayeur, Gressoney. Possibile? Certo che sì, quando ci si riempie la bocca di parole vuote «Se accoglienza deve essere, questa deve essere piena, non si possono piazzare queste persone da qualche parte».
Non si possono o non si devono piazzare? L’interrogativo è lecito pensando che Rollandin, militante da sempre nella centrista e autonomista Union Valdôtaine, deve la sua attuale presidenza alla coalizione Vallée d’Aoste, costituita da Fédération Autonomiste e da Stella Alpina, cinque seggi in Consiglio sui 18 guadagnati dalla Vallée, alleata con la Lega Nord nel 2013. E che il suo futuro politico può dipendere non poco dai risultati del prossimo 10 maggio, sessantotto comuni al voto. Ammesso che si voglia rintracciare una vaga scusante nella crisi economica da cui la Val d’Aosta non è esente, pare difficile trovarla. La regione ha un prodotto Interno Lordo di circa quattro miliardi e ottocento milioni di euro, in leggera crescita, + 0,30%. Il reddito medio annuo aggiustato pro capite 2012 (fonte Istat) è di 21.762 euro. Il rischio di povertà relativa, percentuale aggiornata al 2102, è del 7,9%, contro quello di un’altra regione autonoma, la Sicilia, pari al 42, 3%. Il turismo ha portato nel 2013 345mila stranieri, con un milione e 118mila presenze (vale a dire coloro che hanno trascorso almeno una notte in albergo o in un’altra struttura), una media di permanenza di 3,2 giorni e una spesa di 332 milioni di euro.
Quanto costerebbero, a fronte di tutte queste positive cifre, settantanove immigrati in più? Sorge il sospetto che la non accoglienza valdostana sia un atteggiamento a prescindere dai numeri della politica e dalle cifre dell’economia. Un atteggiamento che riguarda anche gli «altri», ma italiani. Se illecito è generalizzare, chi scrive ha sempre riscontrato nella gente, per esperienza sul campo, un certo distacco al limite della freddezza; persino un certo fastidio venato di superiorità autonomista. Potevi riscontrarlo, in particolare, quando riempivi il serbatoio dell’auto con la benzina che, per decenni, è costata di più a chi non era di quelle parti. Piccolo dettaglio, certo. Ma i dettagli sono parte di un insieme dentro cui il no di Augusto Arduino Rollandin potrebbe risultare coerente.
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