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La tregua non ferma Erdogan: faremo la zona cuscinetto

La tregua non ferma Erdogan: faremo la zona cuscinettoFamigliari di vittime dei bombardamenti turchi su Ras al Ain – Afp

Siria/Rojava Il leader turco fa ancora la voce grossa e minaccia una ripresa dell'offensiva militare se i combattenti curdi delle Ypg e Ypj non si ritireranno ad 20 miglia dal confine. Decisivo la prossima settimana il faccia faccia che avrà con Putin

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 19 ottobre 2019

Non tacciono le armi turche nel nord-est della Siria nonostante la tregua concordata da Recep Tayyib Erdogan con il vice presidente Usa Pence e il Segretario di stato Pompeo. La Turchia giovedì si era impegnata a fermare la sua offensiva aerea e quella terrestre condotta dai suoi alleati, i mercenari dell’Esercito nazionale siriano (Ens), in cambio dell’arretramento di 20 miglia in territorio siriano delle unità di difesa curde, Ypg e Ypj. Ma sul terreno le cose sono andate in modo molto diverso. Ersin Çaksu un reporter dell’agenzia Anf ieri ha raccontato che Serekaniye (Ras al Ain), la fortezza della resistenza curda, ha subito per tutta la notte tra giovedì e venerdì attacchi violenti da parte dell’esercito turco e dei suoi alleati, con uso di mezzi corazzati e dell’artiglieria. La città comunque resiste e ieri i combattenti curdi hanno respinto tentativi di incursione da ovest e da est.

 

Nell’ospedale locale – che ha subito quattro attacchi – la situazione resta precaria. Medici e pazienti di fatto sono intrappolati al suo interno con ben poco a disposizione. Non lontano dalla città, a Mishrafa, ieri si sono estratti i corpi di 16 civili rimasti sotto le macerie di case colpite da raid aerei del 9 ottobre, quando è cominciata l’offensiva ordinata da Erdogan. Nella stessa zona, a Zirgan, un bombardamento ha ferito 12 civili, tra i quali un rappresentante politico, Hesen Newaw Heci Eli. Il Cento d’informazione del Rojava ha riferito di un attacco dei miliziani dell’Ens al villaggio di Bab al Xer e dell’utilizzo di droni da parte turca: almeno otto i morti.

 

Non svaniscono nel frattempo i sospetti per l’uso di armi chimiche, che Erdogan e i suoi generali invece negano. «Sei persone riportano ferite sospette» denuncia la Mezzaluna rossa curda «Non possiamo confermare che a causarle siano armi illegali, al momento stiamo lavorando con le organizzazioni internazionali per compiere le verifiche del caso». I curdi chiedono che ad indagare siano degli specialisti indipendenti. Accuse durissime alle forze armate turche sono state lanciate anche da Amnesty. L’ong a difesa dei diritti umani denuncia esecuzioni sommarie e attacchi indiscriminati riferiti da medici, giornalisti e operatori umanitari locali. Attacchi che hanno preso di mira luoghi abitati (tra cui una casa, una panetteria e una scuola). Amnesty condanna anche i Paesi stranieri che vendono armi ad Ankara, con in testa gli Usa seguiti da Italia, Germania, Brasile e India.

Continua l’avanzata dei mercenari sostenuti dalle forze turche nel nord-est della Siria (Afp)

 

I comandi politici e militari curdi confermano di voler rispettare il cessate il fuoco ma chiedono protezione alla comunità internazionale e che ai turchi e ai loro alleati non sia consentito di compiere operazioni di pulizia etnica nelle zone che hanno occupato nei giorni scorsi. Ripetono: «le nostre forze rimangono», quindi non se ne vanno come vuole Ankara. Erdogan afferma l’esatto contrario e scaglia altre minacce. «I terroristi (così chiama i combattenti curdi, ndr) si ritireranno per una profondità di 20 miglia», ha ribadito ieri, confermando l’intenzione di trasformare in una “zona cuscinetto” l’intera striscia di territorio siriano che costeggia la frontiera profonda 32 chilometri e lunga poco più di 400 chilometri. Per il leader turco il faccia a faccia che avrà con Vladimir Putin il 22 ottobre a Sochi (Russia) sarà un’altra fase del processo di creazione della “zona cuscinetto” che per il momento copre l’area tra Tal Abyad e Serekaniye, per un totale di 120 chilometri. Ma pensa di estenderla per un totale di 440 chilometri da est a ovest, lambendo anche il confine con l’Iraq. Determinato a realizzare i suoi piani, Erdogan ieri ha attaccato ancora una volta i capi di stato e di governo occidentali, colpevoli a suo dire di essere «ipocriti» nei confronti delle «esigenze di sicurezza» del suo paese.

 

Per Erdogan l’incontro con Putin, suo partner assieme al presidente iraniano Rohani nel meccanismo di Astana, è fondamentale. La Turchia, ha affermato, non attuerà altre operazioni militari nel nord-est della Siria se la Russia rimuoverà «i terroristi curdi delle Ypg anche da Manbij e Kobane». Putin è pronto a soddisfare le sue intimazioni? Non è scontato, anzi. Damasco resta in guardia e segue le mosse dell’alleata Mosca. A inizio settimana il presidente Bashar Assad ha inviato i suoi soldati, accompagnati dalla polizia russa, in aiuto ai curdi nelle città di confine dove dopo anni è stata nuovamente issata la bandiera siriana. E ora dal Cremlino si attende un “no” alla “zona cuscinetto” di Erdogan in territorio siriano. Uno dei consiglieri di Assad, Bouthaina Shaaban, ieri ha parlato di accordo «ambiguo» tra Turchia e Stati Uniti sul cessate il fuoco nella Siria nord-orientale. «Ciò che è stato concordato tra Washington e Ankara non significa che la Russia e la Siria lo accetteranno», ha sottolineato, in quello che è stato letto come un messaggio agli “amici” russi.

 

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