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La tragedia incombe nella notte buia delle armi

La tragedia incombe nella notte buia delle armi

Cinema Nella sezione Next del Sundance l'ottimo «The Dark Night» del newyorchese Tim Sutton, un piccolo film di fiction, girato in 16 giorni a Sarasota, in Florida, con attori non professionisti

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 26 gennaio 2016

Tra i temi sotterranei che attraversano questo Sundance 2016 quello della proliferazione delle armi è uno dei più rappresentati, sia nelle sezioni di fiction che non.
La più sorprendente, nuova, di queste riflessioni, Dark Night, non è un documentario, ma un piccolo film di fiction, girato in 16 giorni a Sarasota, in Florida, con attori non professionisti. Più Elephant che Bowling At Columbine, liberamente ispirato al massacro di Aurora, Colorado, in cui persero la vita dodici persone durante la proiezione di The Dark Knight, il film del newyorkese Tim Sutton (Pavillion, Memphis) è un’ipnotica galleria di personaggi – un veterano, un teen ager solitario che si tinge i capelli cortissimi di rosso, una ragazza ossessionata dal proprio aspetto, un padre scontento, un giovane con gli occhi azzurrissimi inseparabile dal suo fucile. I loro ritratti, ripresi in dettagli dei corpi, dei gesti e del quotidiano così ravvicinati da sembrare astratti (la fotografia, bellissima, è della francese Helene Louvart), sono immersi nell’attesa di una tragedia.

Squarci di luci della polizia rosse e blu, la struggente, minimalista, colonna sonora di Maica Armata è interrotta a tratti dai report di CNN che parlano del processo a James Holmes (il killer di Aurora), urla terribili suggeriscono un improvviso scoppio di violenza in un parcheggio semi-deserto – ma sono solo ragazze che stanno giocando. Il film di Sutton è un lamento di solitudini e alienazioni diverse, polaroid di esistenze la cui emulsione ha lo stesso potenziale chimico di quella di James Holmes. A un certo punto di intravede una maschera di Batman..

In questo coro di voci disgiunte, lontane, immagini che stanno prendendo forma, c’è assoluta interscambiabilità tra chi, alla fine, imbocca l’ingresso principale del cinema, e si siede davanti allo schermo e, chi invece (come fece Holmes), entra dalla porta posteriore, quella dell’uscita di sicurezza, armato per uccidere persone che non conosce nemmeno. Nel maggior numero possibile.

«Non volevo fare un film sulle statistiche e sulle leggi. Ma rendere l’immagine di un momento di grande pericolo, come quello in cui ci troviamo ora».
Lo scollamento e l’alienazione sono tali che ognuna di queste situazioni limite può scoppiare da un istante all’altro. Sono i cosiddetti sei gradi di separazione» ha detto Sutton alla fine del film. Potente, ambizioso, squarcio della sintomatologia estrema di un intero paese, Dark Night è stato presentato nella sezione Next del festival.

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