La tragedia del Bayesian, «una piccola Concordia»
Ambiente La tragedia la largo di Palermo descritta come analoga a quella del 2012 davanti l'isola del Giglio
Ambiente La tragedia la largo di Palermo descritta come analoga a quella del 2012 davanti l'isola del Giglio
Affondamento del Bayesian lunedì scorso subito prima dell’alba, i soccorritori hanno descritto lo scenario come una «Concordia in piccolo». Il riferimento è a quanto accaduto il 13 gennaio 2012: la nave da crociera Costa Concordia affondava al largo delle coste dell’isola del Giglio. Trentadue furono i morti tra passeggeri ed equipaggio, in quella che risulta essere tutt’oggi la nave passeggeri di più grosso tonnellaggio mai naufragata (quasi 115 mila tonnellate). Lunga circa 290 metri e alta 70, era sicuramente più più imponente del Bayesian, il veliero colato a picco al largo di Porticello in provincia di Palermo, che misurava 56 metri di lunghezza ma vantava l’albero maestro in alluminio più alto del mondo (76 metri). I danni all’ambiente però potrebbero essere simili ma con minore estensione.
Nel 2017 la Cassazione confermò la condanna contro Costa Crociere che fu costretta a risarcire, tra gli altri, anche al ministero dell’Ambiente per 1,5 milioni di euro. Un’indagine dell’Ispra parlava invece di un danno ambientale di minimo 12 milioni. Secondo l’indagine, i danni ambientali si possono suddividere in due categorie: quelli causati dalla presenza del relitto e lo sversamento di agenti inquinanti, e quelli provocati dall’attività di rimozione. (Si stima che la rimozione totale abbia avuto un costo tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro).
I danni causati all’ambiente sono stati pesantissimi, infatti si sono riversati in mare un numero impressionante di agenti inquinanti di cui la nave era piena: circa 2280 tonnellate di olio combustibile pesante, 1351 metri quadrati di acque grigie e nere, 41 metri quadrati di oli lubrificanti, 280 litri di acetilene, 600 chili di grassi per apparati meccanici, 855 litri di smalto liquido, 50 litri di insetticida liquido, 1 tonnellata di candeggina e 25.000 tonnellate di cemento contenute in 14 mila sacchi necessari per raddrizzare la nave.
L’intero ecosistema locale ne ha risentito, in particolare le praterie di Posidonia oceanica e i popolamenti del Coralligeno. Entrambi sono protetti da Convenzioni internazionali per il loro ruolo nel Mediterraneo di area di riproduzione e rifugio per molte specie marine e per la loro elevata biodiversità. Il loro habitat è stato danneggiato con un estensione di quasi 10 mila metri quadrati nel caso della Posidonia oceanica, e per più di 5 mila metri quadrati nel caso del Coralligeno. La popolazione di alghe e piante è stata danneggiata anche dall’effetto dell’ombra del relitto e dalla sedimentazione del materiale di cantiere, dalle opere di scavo e dalla dispersione di detriti e rifiuti provenienti dalla nave.
Nel corso di questi 12 anni sono state avviate molte attività dedicate al reinsediamento delle specie marine che stanno portando al graduale ripristino degli habitat naturali in tutta la zona. L’Ispra precisa però che i tempi di recupero, come in questo caso, possono superare anche il decennio. Nel peggiore dei casi, potrebbero anche non realizzarsi affatto.
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