Visioni

«La tempesta in un cranio» e i racconti infiniti del cinema delle origini

«La tempesta in un cranio» e i racconti infiniti del cinema delle origini

Festival Il film del 1921 di Carlo Campogalliani e «Ceské hrady a zámky» di Karel Hašler alle Giornate di Pordenone

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 7 ottobre 2020

Cinema e follia, in una chiave insolita e divertente, tra le sorprese da scoprire o riscoprire all’interno dello scrigno magico de Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, on line su MyMovies fino a sabato, tra restauri, recuperi e pellicole perdute o dimenticate riportate agli antichi fasti.

La tempesta in un cranio (disponibile on demand fino a stasera) è un film anomalo, di sentore surrealista, prodotto, scritto e interpretato da Carlo Campogalliani, figura eccentrica e prolifica del cinema italiano, anche lui tutto da riscoprire. Figlio di attori girovaghi e fratello di un famoso burattinaio, dopo gli inizi come scenografo calcò le scene fin dalla più giovane età. Il suo esordio dietro alla macchina da presa risale al 1914, anno in cui gira Il rivale di papà, Il violino di Ketty e Sesso debole. L’ultimo film, Rosmunda e Alboino, è datato 1961, ma il suo contributo alla settima arte, soprattutto nel periodo del muto, è legato in particolare ad alcuni dei Maciste che portano la sua firma.

NEGLI ANNI in cui le grandi dive si appendevano alle tende e i drammoni passionali dominavano la scena, Campogalliani, che anche successivamente, in periodo sonoro, si divertì a sperimentare ogni genere popolare, spiazza il pubblico con una bizzarra commedia «all’americana» al centro della quale si passano in rassegna le angosce del giovane Renato De Ortis, ultimo discendente di una famiglia ricca e nobile, dove da generazioni si tramanda il gene della follia.

Innamorato della dolce Liana, Renato si dispera perché convinto di essere, come molti suoi antenati, destinato alla pazzia (e basterebbero le prime esilaranti sequenze per condividerne i timori). Un amico romanziere prova a venirgli in soccorso incaricando il professor Valenti di dimostrare al protagonista che le sue preoccupazioni sono solo sciocchezze. Sarà solo l’inizio di un irresistibile intreccio di equivoci, avventure rocambolesche e colpi di scena che condurranno il nostro all’agognato lieto fine.

La Tempesta in un cranio, 1921, conservato alla Cineteca di Milano, è la prima di sei pellicole scritte e prodotte da Campogalliani secondo un modello made in Usa adattato al contesto culturale europeo. Sono infatti gli anni in cui la psicanalisi e le teorie freudiane prendono piede anche in Italia, mentre i prodromi della stagione fascista alle porte si riconosce in un diffuso senso di precarietà e di paura che dilaga tra la gente.

LA RISPOSTA di Campogalliani, che prende spunto da un saggio «fake» intitolato come il film e descritto come un «romanzo igienico-curativo contro la nevrastenia» per ironizzare sulle pratiche psicanalitiche, è una commedia a perdifiato cui non manca neppure una generosa dose di verve atletica, ricca com’è di sequenze di azione, fughe, inseguimenti, cadute e persino il rapimento dell’amata (interpretata dalla moglie Letizia Quaranta, che girò con lui molti altri film).

Abbinato a La tempesta in un cranio, legato assieme da un sottile fil rouge, il cortometraggio metacinematografico del 1916 proveniente dal Národní filmový archiv di Praga e intitolato Ceské hrady a zámky (Castelli e palazzi cechi), diretto e interpretato dall’attore, cantante e compositore di cabaret, oltre che scrittore, Karel Hašler, il quale ebbe l’idea di girarlo come prologo di una sua commedia teatrale.

La tranquilla passeggiata di una coppia di innamorati tra i castelli si trasforma all’improvviso in una spassosa corsa all’ultimo respiro: il protagonista è lo stesso Hašler che, atteso al Théâtre Variété di Praga, realizza di essere terribilmente in ritardo e, per coprire la distanza di 30 chilometri che lo separa dal suo pubblico, si lancia in una corsa spericolata, a piedi o con qualsiasi mezzo a disposizione: barche, biciclette e persino un’automobile in retromarcia che sembra uscita dal Tenet di Nolan.

IL FILM veniva proiettato a teatro dopo un annuncio che avvisava gli spettatori del ritardo del protagonista, informati del fatto che una proiezione li avrebbe intrattenuti fino al suo arrivo. Fondendo il finale del film con il suo ingresso da dietro lo schermo, l’attore irrompeva poi sulla scena a sorpresa. Insieme rappresentano due suggestivi esempi di modernismo che mettono l’accento sulle infinite possibilità narrative che il cinema già possedeva fin dalle sue primissime stagioni.

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