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La svolta leghista riapre il «vicolo cieco» dei 5 Stelle

La svolta leghista riapre il «vicolo cieco» dei 5 StelleLuigi Di Maio e Roberto Fico a Montecitorio – LaPresse

Presidenze Di Maio: «Siamo disponibili a sostenere Anna Maria Bernini o un profilo simile». Di Battista: «La verità è una: queste elezioni le ha stravinte il M5S e le ha vinte la Lega»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 24 marzo 2018

«Il tango si balla in due. È basato sull’improvvisazione, caratterizzato da eleganza e signoria. Se non lo si balla bene si risulta sgraziati e fuori luogo». Siamo appena all’inizio del balletto delle presidenze, con gli occhi puntati sulle due camere e soprattutto verso il senato, quando Beppe Grillo abbandona i toni millenaristici degli ultimi tempi e si lancia in un’allegoria coreografica che assume un chiaro significato politico. Tutto lascia pensare che il suo post, accompagnato da colonna sonora di Astor Piazzolla, si riferisca agli abboccamenti tra M5S e Lega.

ALLA FINE DELLA SECONDA votazione a palazzo Madama, quando il gioco delle coppie delle candidature comincia a delinearsi, quel messaggio diventa ancora più chiaro. Il primo segnale arriva durante lo spoglio. Tutti gli occhi sono puntati su Anna Maria Bernini, la senatrice berlusconiana scelta dalla Lega. Lei lascia il suo scranno, accanto alla new entry Adriano Galliani, e va a parlare col senatore grillino Nicola Morra. I due si scambiano un rapido abbraccio. Contemporaneamente la giostra delle trattative si sblocca. Per una lunga parte della mattinata Di Maio ha ingaggiato un tango a tre invece che a due, contravvenendo alle indicazioni del fondatore: continue telefonate con Matteo Salvini, come accade da giorni, ma anche linea diretta con Maurizio Martina. Il dialogo con il reggente Pd serve a spaventare i leghisti, o quantomeno a fornire loro un alibi. Ma Di Maio sa che il Pd è fragile, diviso e poco disponibile a sparigliare.
Mentre i leghisti votano Bernini e scaricano Paolo Romani e Berlusconi, compare il grillino vicepresidente del parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo. Si trova da queste parti in visita ma al senato aveva lavorato brevemente come portaborse di Paola Taverna. Castaldo si sbilancia: «Il fatto che la Lega abbia scelto Bernini è un dato interessante – dice – bisogna poi vedere numericamente, sicuramente è un bel segnale».

DAL M5S CONFERMANO: «Per noi è una questione di metodo, Romani non andava bene». Tutti sanno che il vero nodo politico non riguarda la fedina penale del candidato ufficiale di Forza Italia bensì la tenuta della coalizione. Lo dice chiaramente il capogruppo Danilo Toninelli: «Ci facciano sapere se Bernini è candidata da tutto il centrodestra». Le parole di fuoco di Berlusconi fanno capire che si sta sfaldando l’asse che aveva ingolfato il motore di Di Maio, che pure nei giorni scorsi era stato tentato (e poi frenato dai dissensi interni) di andare a vedere le carte del Cavaliere.
«Per la presidenza del senato siamo disponibili a sostenere Anna Maria Bernini o un profilo simile», twitta a fine serata il capo politico. Fuori dal palazzo, prima che la candidata suo malgrado si ritiri dalla corsa, benedice l’accordo anche Alessandro Di Battista: «Se Salvini propone Bernini al Senato bisogna votarla – afferma – Se propone un nome di Forza Italia è un problema suo. Noi non votiamo impresentabili e condannati (come Romani) come abbiamo sempre detto. La verità è una: queste elezioni le ha stravinte il M5S e le ha vinte la Lega».

I 5 Stelle capiscono che possono ripartire, consapevoli del fatto che la sfida di Salvini a Berlusconi accresce il significato politico del voto e dunque le conseguenze sulla formazione del governo. L’assemblea dei gruppi congiunti del M5S viene riconvocata per stamattina: in quella sede verranno comunicate due cose. Intanto, il nome del candidato alla presidenza della camera. Roberto Fico, l’altro pezzo dell’accordo con la Lega che pareva saltato, è in attesa.

SE DAVVERO BERLUSCONI si tira fuori, e l’«atto ostile» di Salvini sancirà la rottura, la legislatura prende una piega precisa. I grillini non lo dicono ad alta voce, hanno da fare i conti con diverse resistenze interne e sanno che la narrazione che giustifica l’accordo va ancora in gran parte costruita, ma nei corridoi già si parla di una specie di ticket tra Movimento 5 Stelle e Lega, con Di Maio premier e Salvini lo affiancherebbe ma avrebbe alcuni ministeri pesanti, primo fra tutti gli interni: sulle questioni della sicurezza Lega e M5S nella scorsa legislatura hanno marciato affiancati. Si tratta di fantapolitica, nulla può darsi per scontato. Ma da un M5S obbligato a governare per non perdersi per la strada della legislatura, bisogna aspettarsi di tutto.

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