Shake, la casa editrice che nel ’93 portò in Italia il testo più famoso di Robert Lamborn Wilson, T.A.Z. Zone Temporaneamente Autonome, scritto con lo pseudonimo di Hakim Bey, ripropone un’altra famosa raccolta di saggi: All’ombra delle macchine malate. Immediatismo. Per una critica radicale dei media (pp. 160, euro 15). La raccolta era già stata pubblicata sia da Shake che da Ripostes nel ’95 e successivamente riportata in libreria nel 2014 da Lanfranchi. Cosa editorialmente consentita dal fatto che, per indicazione dell’autore, i suoi testi (almeno l’originale in inglese) possono essere liberamente distribuiti (anticipando «open access» e «Creative Commons»). Shake aggiunge all’edizione due saggi inediti (del 1995 e del 2012) e due interviste. È da segnalare inoltre l’uscita nello scorso maggio, a cura di Agenzia X, della raccolta di saggi La vendetta di Zarathustra. Il nuovo nichilismo e altri saggi (originale del 2018).

HAKIM BEY, col suo concetto di Taz, è uno degli autori che più ha ispirato la scena hacker e cyberpunk: rifacendosi alle libere comunità dei pirati, Hakim Bey rifiuta la rivoluzione (come forma di sovvertimento dell’ordine che – se riesce – ha l’unico risultato di portare ad un altro ordine) in favore dell’insurrezione, rifiuta la rete a favore della «tela», uno spazio autonomo nelle crepe e nelle maglie dell’ordine e del potere che tuttavia è temporaneo perché non appena diventa visibile viene schiacciato o assorbito dal meccanismo capitalista. Consapevole di ciò, la comunità che crea e costituisce lo spazio autonomo, lo scioglie non appena impatta con l’ordine solo per ricostituirlo altrove. Così la Taz è il modello della comunità dei rave ma anche – almeno inizialmente – per la controcultura hacker e pirata. Già pochi anni dopo però, nei saggi che compongono Immediatismo e che vengono dai suoi «sermoni» radiofonici, Hakim Bey prende le distanze dalla tecnologia anche informatica. Il concetto di «immediatismo» deve essere inteso nell’accezione relazionale di «assenza di mediazione». E internet viene ora individuata come la forma di mediazione terminale. Non un caso che negli scritti più recenti presenti nelle raccolta stigmatizzi le relazioni fittizie fornite dai social contro le forme di socialità anche conviviali.

INTERESSANTE come Hakim Bey si avvicini all’interpretazione storica ocalaniana della nascita dell’economia dell’accumulazione che ha soppiantato nel neolitico il modo di vita «orizzontale». Bey/Wilson dimostra di conoscere sia la forma di autogoverno del Rojava e cita anche Abdullah Ocalan, anche se non si spinge a fare proprio il paradigma ocalaniano che vede nel passaggio dalla società orizzontale matriarcale a quella verticale patriarcale la nascita dell’economia dello sfruttamento con i suoi meccanismi burocratici di controllo del potere (e della ricchezza) statali e religiosi. A Bey/Wilson, in considerazione anche della sua radicale impostazione individualista, è sufficiente richiamare il paleolitico non auspicando un ritorno dell’essere umano alle condizioni di vita preistoriche, quanto una presa di coscienza della schiavitù costituita dal lavoro da cui l’economia stessa si è svincolata finanziarizzandosi. Nei saggi maggiormente personali presenti in La vendetta di Zarathustra e nelle interviste, Bey/Wilson riconosce di essere anch’egli un ingranaggio del sistema e che la sua attività è per lo più fornire idee mediate dagli scritti. Non di meno si arroga il diritto di incitare alla violenza situazionista, per trovare vie e modi per rendersi invisibili al potere tramite pratiche di terrorismo poetico e di azione artistica come gioco capace di smarcarsi dalla simulazione del capitalismo.