La strategia della fiducia. Appello a Mattarella
Legge elettorale Tutte le opposizioni scrivono al Colle. Anche Forza Italia, che due mesi fa spianava le critiche. Ma al presidente del Consiglio non serve mettere la questione di fiducia, gli è bastato minacciarla
Legge elettorale Tutte le opposizioni scrivono al Colle. Anche Forza Italia, che due mesi fa spianava le critiche. Ma al presidente del Consiglio non serve mettere la questione di fiducia, gli è bastato minacciarla
Forza Italia, Sel, Lega e Fratelli d’Italia, opposizioni diverse che si ritrovano unite nello stesso appello al presidente della Repubblica perché impedisca al governo di mettere la fiducia sulla legge elettorale. Si ripete una scena già vista, quando i capigruppo di minoranza annunciarono tutti insieme l’Aventino contro la seduta fiume sulla riforma costituzionale. Poi rientrarono. La compagnia è problematica, oggi come allora. Forza Italia è la stessa che due mesi fa appoggiava tutte le forzature sull’Italicum, cominciando dal contestatissimo emendamento Esposito con il quale sono stati abbattuti gli emendamenti dei senatori. Adesso anche dal (diviso) fronte berlusconiano piovono parole gravi, e incrociano quelle della sinistra. La fiducia sarebbe un «gravissimo strappo costituzionale», un «attentato alla vita democratica della Repubblica». Il presidente Mattarella registra, ma naturalmente non interviene, dal momento che la questione di fiducia potrebbe eventualmente porsi soltanto in aula e dopo un ragionevole dibattito. Al più presto tra un mese.
Una protesta epistolare – quattro lettere firmate dai capigruppo Brunetta, Scotto, Fedriga e Rampelli e indirizzate al Quirinale – alla quale non si unisce il Movimento 5 Stelle. Perché «Mattarella sa che la fiducia sull’Italicum sarebbe una forzatura e ha già gli strumenti per valutare cosa fare». Ma al Quirinale si valuta il problema come relativo ai rapporti tra il governo e il parlamento. Casomai è nei regolamenti della camera che può essere cercata la risposta alle intenzioni di Renzi, dunque l’attenzione andrà spostata verso la presidente Boldrini, alla quale toccherà sciogliere – eventualmente – l’intreccio tra voto segreto e voto di fiducia. In questa fase anche la moral suasion del Colle può essere prematura. La minaccia di Renzi è chiara, ma giocata sul piano politico: «La vita di questo governo è legata nel bene e nel male all’Italicum», ha detto ieri. «Metto la fiducia tra di noi», aveva detto alla direzione del Pd. Sostanzialmente è lo stesso, ma formalmente non è la questione di fiducia. Scorretto, ma legittimo. E ha pure ricevuto la copertura preventiva dell’ex capo dello stato, Napolitano, secondo il quale non si può rimettere tutto in discussione. adesso.
Tutti elementi che Mattarella ha ben presente, così come ricorda che la modifica della legge elettorale era, con le riforme costituzionali, uno dei capitoli del programma sul quale il governo Renzi ha avuto la fiducia. Certo, la soluzione proposta – e in buona misura imposta -, cioè questo Italicum, potrebbe in teoria non avere la maggioranza della camera. Ma allora bisognerebbe certificarlo con un voto, non bastano le prese di distanza annunciate dalla minoranza Pd. Che nel processo di riforma, anche della legge elettorale, si debba andare fino in fondo è proprio quello che il capo dello stato ha detto subito, senza «entrare nel merito», nel discorso del giuramento davanti alle camere riunite: «È un percorso da portare a compimento».
«Siamo convinti che al momento opportuno e se necessario Mattarella interverrà a fermare l’ennesima violazione dei principi costituzionali», garantisce il capogruppo dei grillini in prima commissione Toninelli. Ma si arriverà davvero a quel momento? Nella guerra degli annunci, ognuno alza la posta. E quando il governo rinuncerà alla fiducia – perché serve minacciarla, ma non usarla – si potrà dire che le minoranze, soprattutto la minoranza del Pd, hanno ottenuto qualcosa. O qualcosina, come la nuova promessa (fatta ieri da Renzi) di qualche modifica alla riforma costituzionale (che adesso dorme al senato). Un altro annuncio. A volerla prendere sul serio è una novità che potrebbe allontanare ancora la cancellazione del senato elettivo dall’approvazione della legge elettorale che si riferisce solo alla camera. Un altro tocco di irragionevolezza nel sistema.
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