La scorsa estate le immagini dell’orsa Amarena e dei suoi quattro cucciolotti che si arrampicavano sugli alberi hanno rallegrato giornali, televisioni e social di tutta Italia. Oggi quei luoghi tra Villalago e San Sebastiano dei Marsi, in provincia de L’Aquila, dove mamma orsa e i suoi piccoli correvano liberi, sono invece a rischio: qui, infatti, si vorrebbe costruire una nuova strada a due corsie da Roccaraso a Ortona del Marsi, attraversando l’Altopiano delle 5 Miglia, Scanno e tanti altri luoghi incontaminati dell’Abruzzo interno.

UNA LUNGA STRISCIA DI ASFALTO con chilometri di gallerie e viadotti in un’area che, almeno sulla carta, dovrebbe essere tra le più protette d’Europa vista la presenza di Zone Speciali di Conservazione e Zone di Protezione Speciali della Rete Natura2000, nonché di aree contigue a parchi nazionali e riserve naturali regionali. Una strada che, vanificando tutte le azioni portate avanti negli ultimi 15 anni da Ministero dell’Ambiente, Regione, aree protette e associazioni, avrebbe ripercussioni sulle specie simbolo dell’Appennino abruzzese, a cominciare proprio dagli ultimi 50/60 orsi marsicani il cui areale verrebbe stravolto con la compromissione di un corridoio di connessione essenziale per agevolare la sopravvivenza della specie, garantendo lo scambio di individui tra le varie aree naturali protette.

SECONDO LA PROPOSTA PRESENTATA dalla Dmc Alto Sangro e dall’Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti Montani (Uncm), l’intervento comporterebbe una spesa di 750 milioni di euro. Una cifra enorme che, nelle intenzioni dei proponenti, andrebbe finanziata con i fondi del Next Generation Eu: la classica beffa che si aggiunge al danno, considerato che questi fondi dovrebbero servire per investimenti su azioni tese al miglioramento dell’ambiente e della biodiversità.

VIENE DA CHIEDERSI COME SIA possibile che in una regione che da anni si presenta come la «regione dei parchi» grazie ad oltre il 30% del suo territorio all’interno di parchi o riserve, si possa anche solo pensare ad un intervento del genere, ad alto impatto ambientale. L’Abruzzo, fin dagli anni ’90 del secolo scorso, ha impostato la sua immagine turistica su un sistema di aree naturali protette nato sulla base della storica esperienza del Parco Nazionale d’Abruzzo e che oggi vede altri due grandi parchi nazionali (il Gran Sasso-Laga e la Maiella), il Parco Regionale Sirente-Velino, l’Area Marina Protetta Torre del Cerrano e tante riserve naturali regionali e provinciali.

FORTUNATAMENTE ESISTONO anche gli anticorpi rispetto a proposte del genere: da subito un cartello di venti associazioni ambientaliste, dalle più grandi alle più piccole, si è attivato per contrastare il progetto, ma anche un amministratore locale come Giancarlo Massimi, Sindaco di Civitella Alfedena, storico centro del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, ha espresso una netta contrarietà: «Quello che manca e che i cittadini si aspettano», scrive in una lettera al Presidente dell’Uncem, «non sono le grandi opere, ma il rispetto dei diritti quotidiani: che passi lo spazzaneve; che non chiudano gli sportelli delle banche; che non chiudano gli sportelli delle poste; che non chiudano le scuole; che ci sia una medicina territoriale efficiente e che non chiudano anche le farmacie; che ci sia un trasporto pubblico che dia garanzia allo spostamento dei residenti e dei turisti».

Questi stessi anticorpi si sono attivati per salvare uno dei tasselli del mosaico di aree protette, il Parco Regionale Sirente-Velino, da anni commissariato dalla Regione Abruzzo, schiacciato tra l’ennesima riproposizione del vecchio modello del circo bianco con nuovi impianti di risalita e la volontà dell’attuale Giunta regionale di tagliarne circa 8.000 ettari.

IN UN DOSSIER DEL WWF ABRUZZO sono stati elencati nel dettaglio gli impatti negativi che i nuovi impianti di risalita ipotizzati in località Campi della Magnola e Valle delle Lenzuola potrebbero avere su specie e habitat di pregio: è paradossale che da un lato le istituzioni chiedono di proteggere determinati luoghi, dall’altro consentono (e spesso finanziano) interventi che li danneggiano. Lo sviluppo economico dell’Abruzzo non passa attraverso la distruzione del suo ambiente, ma al contrario, attraverso la sua valorizzazione e messa in sicurezza anche per le future generazioni. Continuare a erodere gli ultimi spazi di naturalità rimasti in un Paese fortemente antropizzato come l’Italia, e a maggior ragione in una regione come l’Abruzzo, vuol dire rinunciare a qualsiasi idea di sviluppo sostenibile: di questo sono convinti i quasi 125 mila cittadini che hanno sottoscritto una petizione on-line promossa dal mondo ambientalista contro il taglio del Parco Sirente-Velino. Come ha raccontato L’ExtraTerrestre qualche mese fa, è tuttora in corso un braccio di ferro tra la maggioranza regionale e tutto il mondo ambientalista, a cui si sono aggiunti un comitato locale di cittadini e cinquanta personalità della scienza e della cultura, da Fulco Pratesi a Dacia Maraini, da Donatella Di Pietrantonio a Sandro Pignatti, che hanno firmato un appello rivolto al Presidente della Regione Marco Marsilio per scongiurare la riduzione del Parco.

«IL PARCO SIRENTE-VELINO non ha bisogno di tagli, ma di un vero e proprio rilancio fatto di proposte serie di crescita sociale ed economica per le popolazioni che nel Parco vivono e lavorano», ricorda Filomena Ricci, oggi delegato Wwf Abruzzo, in passato direttrice della Riserva regionale naturale Gole del Sagittario, una delle aree protette più attive d’Abruzzo. «È grave che, mentre la comunità internazionale si pone come obiettivo l’aumento della superficie di territorio protetto, la Regione voglia procedere in senso opposto riducendo, senza alcuna valida motivazione scientifica, naturalistica o economica, il suo unico parco regionale: un’area di fondamentale importanza per le connessioni tra i Parchi nazionali, ancora oggi terra di aquile, orsi, camosci e grifoni, ma anche di tradizione e cultura legate alla millenaria presenza dell’uomo».

* vicepresidente Wwf Italia