Il «Kaiser» Beckenbauer, morto qualche giorno fa, lo ha fatto praticamente esordire con la Germania Ovest. Era il 1974, un’altra era calcistica, un’epoca in cui il razzismo era ancora più radicato, anche nel calcio, di quanto lo sia ancora adesso. Erwin Kostedde è stato il primo calciatore nero a vestire la maglia della nazionale tedesca, prendendo a picconate un muro non solo calcistico, 15 anni prima della caduta del Muro di Berlino. Cresciuto a Munster, nella Ruhr del Dopoguerra, da madre tedesca e soldato americano, l’ex attaccante ha raccontato alla tv tedesca DW Sports, in uno speciale sulla morte di Franz Beckenbauer, quando il mito del calcio teutonico – capitano della Germania Ovest – abbia insistito per averlo in squadra. Il Kaiser lo aveva affrontato poco prima in Bundesliga, subendo una doppietta in un terribile 6-0 subito dal suo Bayern Monaco. Kostedde giocava nell’Offenbach, numero 9 come l’idolo Gerd Muller (cui somigliava fisicamente), ricevendo offese razziste su quasi tutti gli stadi di Germania, in particolare dai tifosi dell’Eintracht Francoforte. Non passò poi molto tempo per vederlo allineato ai compagni durante l’esecuzione dell’inno tedesco. L’esordio in realtà avvenne contro Malta, con la seconda partita addirittura a Wembley, contro l’Inghilterra.

IL COMMISSARIO tecnico tedesco Schron non aveva intenzione di schierarlo: i tedeschi erano campioni d’Europa in carica, ma anche senza diversi pezzi da Novanta, come Overath e Gerd Muller: alla fine vinse il Kaiser, totem del Bayern e della Germania, e non poteva essere altrimenti. L’esperimento in campo non diede grandi risultati: per Kostedde, tre presenze e zero reti. Giocò la terza partita in coppia in avanti con un altro mito del calcio tedesco, Jupp Heynckes, nella partita che sarebbe valsa il pass per l’Europeo del 1976, a cui Kostedde non avrebbe comunque preso parte. Poi, sparì dai radar, almeno in nazionale, anche se a fine carriera ha contato quasi 100 reti nel massimo campionato tedesco, mentre i punti più alti sono stati toccati allo Standard Liegi, in Belgio.Fu il «Kaiser» Beckenbauer a volere nel Bayern il forte attaccante

IN OGNI CASO, è stato Kaiser Franz, con il suo endorsement, a fissare un punto nella storia del calcio tedesco ed europeo. Ora, anzi da oltre un decennio, la nazionale tedesca è un esempio di multiculturalità, un simbolo riuscito dell’integrazione: Rudiger, Sanè, Gnabry sono stati solo alcuni degli atleti neri che hanno indossato quella casacca. Allora erano altri tempi. I media tedeschi raccontano che prima di partire con la nazionale, da Baden-baden a Malta, un poliziotto si avvicinò a Kostedde, gli diede la mano e iniziò a lacrimare per la felicità. Una specie di favola, rovinata da alcune battute razziste all’indirizzo dell’attaccante. Chi intervenne a difenderlo? Franz Beckenbauer, ovviamente, assieme al vice-allenatore della nazionale, Jupp Derwall.
Il Kaiser però non può difenderlo diversi anni a seguire: nel 1990 Kostedde venne accusato di furto in una sala giochi: scambio di persona, tremila marchi di risarcimento e perdita del posto di lavoro di autista di un autobus per disabili, poi va in scena la sceneggiatura che ha spesso connotato il post carriera di ribelli di talento, tra abuso di alcol (altro punto di contatto con l’idolo Gerd Muller), investimenti sbagliati, collocandosi dalla parte sbagliata della storia.