I primi anni ottanta in Giappone sanciscono l’avvento dei cosiddetti «mini-theater», i piccoli cinema indipendenti fioriti in varie città giapponesi e così importanti per lo sviluppo della settima arte nel Sol Levante. Uno dei primi ad aprire è stato il Cinemaskholé nella città di Nagoya, Giappone centrale, inaugurato nel 1983 per volere di Wakamatsu Koji, regista di pink eiga politicamente impegnati fin dagli anni sessanta e figura fondamentale nella storia del cinema giapponese del dopoguerra.

Hijacked Youth Dare to Stop Us 2 racconta, in maniera romanzata, la nascita del piccolo teatro e la storia del giovane Junichi, universitario appassionato di cinema che segue Wakamatsu a Tokyo e si unisce alla sua casa di produzione per realizzare il suo sogno di diventare regista. Il lungometraggio, uscito in questi mesi nell’arcipelago, è diretto proprio da Inoue Junichi, ora regista, che quindi riflette e racconta un periodo speciale della sua giovinezza. Allo stesso tempo il film è anche una sorta di seguito di Dare to Stop Us del 2018 che mette in immagini un periodo importante per il Giappone e per la Wakamatsu Production, gli anni fra il 1969 e il 1971.

Hijacked Youth è però un’opera molto diversa, non solo perché si svolge più di un decennio dopo, ma anche perché il tono è molto più leggero e vira spesso sul comico. Wakamatsu è interpretato dal talentuoso Iura Arata, attore che ha lavorato ed è stato molto vicino al regista deceduto nel 2012 nell’ultima parte della sua carriera, e benché la sua interpretazione sia ben riuscita in molti tratti, diventa a volte una sorta di macchietta.
Sono due gli elementi più interessanti di Hijacked Youth, lo sguardo che getta su un periodo molto interessante per lo sviluppo della cultura cinematografica in Giappone e la descrizione della personalità scontrosa e spesso totalitaria sul set di Wakamatsu.

Il regista sceglie di aprire un cinema, dapprima in maniera abbastanza egocentrica, solo per avere un posto dove mostrare i suoi film e sceglie Nagoya, perché Tokyo e Osaka sono troppo care.
Il film dedica molto spazio alla figura di Kimata, che Wakamatsu sceglie come direttore del cinema e che spesso si trova in difficoltà economiche, perché agli inizi la piccola sala è spesso vuota. La decisione di proiettare film softcore contemporanei per fare cassa lo getta nello sconforto, la qualità di questi film è spesso bassa e sconfinano nel porno, mentre Kimata vorrebbe dedicare più spazio a film di altro genere. Per fortuna i tempi stanno cambiando, siamo verso la metà degli ottanta, e nuove generazioni di cineasti si stanno affacciando in un mondo del cinema in profondo mutamento: film autoprodotti, realizzati in 16 millimetri e una nuova onda di cinema asiatico, specialmente quello proveniente da Hong Kong e Taiwan preme per essere distribuito anche in Giappone.

Nei vari filoni narrativi che compongono il film, Wakamatsu e la sua carriera, Kimata e le difficoltà nel far quadrare il bilancio del teatro, Junichi che fatica a trovare indipendenza nella Wakamatsu Production, è molto interessante anche quello dedicato a Noriko. Giovane studentessa che lavora nel cinema, Noriko è una zainichi, coreana di origini ma nata e cresciuta in Giappone, che nasconde la sua provenienza perché è molto forte la discriminazione verso coloro che provengono dalla penisola asiatica. Influenzato quindi anche dalla storia personale di Noriko, il Cinemaskholé nei decenni successivi avrebbe spesso dedicato ampio spazio a film di e su minoranze etniche, uno dei pochi in tutto l’arcipelago.

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