Cultura

La sporca natura di Pechino si tinge di romanticismo

La sporca natura di Pechino si tinge di romanticismoGli effetti di una fuoriuscita di petrolio

Cina «Le lacrime del lago Tai», romanzo dello scrittore Qiu Xiaolong. Un noir che ha come sfondo l’emergenza ambientale. E quando affronta le rivolte del paese, la denuncia assume toni mainstream

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 gennaio 2014

Qiu Xiaolong è uno scrittore cinese che vive negli Stati Uniti, a Saint Louis, in onore di T.S Eliot, poeta preferito anche dall’investigatore capo Chen, il protagonista dei romanzi gialli di Qiu. Nato a Shanghai, dopo il 1989 si è trasferito negli Usa, dove è diventato autore di successo. I suoi romanzi costituiscono un costante aggiornamento dei «progressi» della Cina negli ultimi vent’anni, andando a toccare alcune corde classiche dello straordinario «miracolo cinese», dalla corruzione alla mancanza di valori, dalla ricerca del lusso sfrenato alla difficoltà ad attuare una crescita «socialmente equilibrata».

La distanza dalla Cina, dove torna periodicamente, rende la sua ultima fatica, Le lacrime del lago Tai (Marsilio), un libro che racconta in modo attuale il suo paese di origine, pur tratteggiando in termini troppo generalisti le caratteristiche sociali della persona cinese che cambia al modificarsi delle condizioni sociali in cui vive. Nel libro infatti si riscontra una rappresentazione della Cina di oggi che combacia perfettamente con quanto viene raccontato dai media mainstream, in modo spesso superficiale e didascalico. Nonostante questo, ne Le Lacrime del lago Tai, settima inchiesta dell’Ispettore Capo Chen, c’è il tema cardine dell’attuale contraddittorio modello di sviluppo di Pechino, ovvero l’inquinamento e con esso la necessaria volontà popolare di mantenere viva la naturalità di certi paesaggi, cui si aggiunge la richiesta di uno sviluppo capace di salvaguardare la salute, il cibo, l’ambiente circostante.

C’è anche il vuoto etico, altro grande tema della Cina contemporanea, reso attraverso personaggi privi di scrupolo che puntano esclusivamente ad arricchirsi. E c’è infine una spiegazione molto più chiara di tante elucubrazioni economiche, su come i ricchi cinesi sono diventati miliardari: funzionari di partito a capo di aziende statali che vengono privatizzate e lanciate in borsa. Con il risultato che la maggioranza delle azioni vengono regalate ai funzionari di Partito di più alto grado, che dall’oggi al domani diventano miliardari.

All’interno di queste tre direttrici – ambientale, morale ed economica – Qiu organizza forse il più debole dei suoi gialli, organizzato tecnicamente attraverso una trama semplice e intuitiva. Come Simenon, quando faceva lavorare Maigret anche in vacanza e di nascosto dalla moglie, Qiu Xiaolong decide di concedere una vacanza all’ispettore capo Chen. Una settimana sulle rive del lago Tai a Wuxi, a un tiro di schioppo da Shanghai, regalata da un vecchio funzionario di Partito. L’ispettore è uno scapolo affascinante, prodigo di poesia e romanticismo, ma straordinariamente determinato nel risolvere i casi e nell’appassionarsi alle vicende di un’attivista per l’ambiente, finita nel mezzo di uno scandalo che ha portato all’omicidio del boss dell’azienda locale. Laoban (capo in cinese, n.d.r.) che se non fosse stato ucciso, sarebbe diventato da lì a poco miliardario, proprio grazie ai profitti derivanti dagli scarichi industriali nelle acque un tempo cristalline del lago Tai.

Nel libro di Qiu Xiaolong – per quanto spesso lo scrittore ricorra a generalizzazioni che forse marcano la sua distanza dalla quotidianità – ci sono aspetti quotidiani della socialità cinese, in grado di raccontare processi storici altrimenti complicati da rendere attraverso una forma letteraria. Ci sono alcune mancanze, come ad esempio l’afflato popolare della proteste, che spesso diventa violenza di massa, rabbia pura, distruttrice.

Per sottolineare la giustezza delle richieste ambientaliste dei protagonisti, Qiu tinge di romanticismo ogni personaggio a favore della giusta causa, quando oggi in Cina i cosiddetti «incidenti di massa» in relazione alle questioni ecologiche sono diventati sovrastanti rispetto a quelli relativi al mondo del lavoro o a questioni legate all’esproprio di terra. Sono 180 mila all’anno gli incidenti di massa e spesso quelli a carattere ambientale sono violenti, dispiegati attraverso manifestazioni e scontri, in grado di ottenere risultati importanti, come la chiusura di fabbriche e impianti.

Si tratta di un tema centrale – né il poveraccio, né il funzionario potente vogliono fare crescere il proprio figlio con aria e corsi d’acqua inquinati – nel quale il Partito del resto è impegnato a trovare una posizione che possa portare ad una soluzione della contraddizione, dato che molte di queste proteste trovano spazio sui media e nei dibattiti, apparendo come «consentite».

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