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La sintesi epocale di Altan, uomo ma straordinario

La sintesi epocale di Altan, uomo ma straordinarioUna tavola da «Colombo» (1985) di Francesco Tullio Altan

Intervista Mezzo secolo di satira, mostre a lui dedicate, e la ripubblicazione dei suoi lavori per la rivista Linus

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 28 dicembre 2019

Protagonista dell’anno fumettistico che si conclude, ma presente da oltre 40 anni nel nostro immaginario, Francesco Tullio Altan, semplicemente Altan, padre della Pimpa, di Kamillo Kromo e del metalmeccanico Cipputi, associa al suo contegno e alla sua lucidità un estro e una creatività straordinari, che li hanno permesso di continuare ad essere una delle voci più rispettate della satira nazionale, di accompagnare con le sue vignette le evoluzioni (talvolta involuzioni) dell’intera società italiana. Ha ricevuto nel settembre 2019 il Romics d’oro, assegnato in occasione della pubblicazione di Uomini ma straordinari: l’antologia pubblicata da Coconino è il primo volume di un progetto con il quale si daranno alla stampa in gran formato le storie lunghe -i feuilleton- i romanzi a puntate che apparivano sul Linus diretto da Oreste Del Buono. L’accostamento dell’umano e dello straordinario in un titolo-ossimoro, è un condensato della poetica altaniana, dove la grandiosità delle gesta di esploratori, eroi letterari e santi è associata indissolubilmente alla più spiccia e lorda umanità, le memorabili gesta alle bassezze più bieche. Un gran formato cartonato, dove in copertina, nei colori lisergici curati da Maicol&Mirco, Cristoforo Colombo, un prete armato di croce e spada e la sua ciurma scalcagnata, calpestano per la prima volta il suolo del Nuovo Mondo e dove si raccolgono 4 storie (Colombo, Franz, Casanova e Ben, il quarto figlio di Noè) scritte tra il 1976 e il 1997.

Altan, è soddisfatto del risultato?
Sì. Si tratta di una proposta della casa editrice che ho accolto con molto piacere perché sebbene queste storie lunghe fossero state pubblicati negli anni, si era quasi sempre trattato di formati piccoli. Invece sono storie che nascono su tavole di misura più simile a questa. Ci sono moltissimi dettagli, amavo riempire molto le pagine, e anche scrivere tra gli spazi. Questa è una dimensione in cui si possono apprezzare meglio tutti gli elementi, una bella edizione che rende più facile la lettura. La copertina colorata da Maicol&Mirco è divertente perché non rispecchia i miei colori.

Tra le piccole scritte che menziona ci sono quei commenti al margine, posti nello spazio bianco sotto le singole vignette, un po’ una cifra d’autore. Funzionano come una rottura della quarta parete, è un modo in cui l’autore si volge al pubblico?
Sì, sicuramente l’idea è quella: all’inizio era una maniera per dire a chi mi leggeva di non prendere troppo sul serio quello che facevo Poi mi sono accorto che c’erano delle possibilità, che era uno spazio per commentare, aggiungere commenti musicali, rumori, etc.

Forse anche una riflessione dell’autore sul proprio fare?
Certo, è quello.

Ma i romanzi sono molto impegnativi, visto anche la ricchezza delle sue tavole. Sente la mancanza della narrazione lunga?
Certo, ho la nostalgia, ma non ho più le forze. Uscivano a episodi, pubblicavo un capitolo al mese, quindi avevo dei precisi obblighi di consegna. Lavoravo molto e metà del mese mi andava via per fare un capitolo, lavoravo di notte. Altri tempi, altri ritmi. Adesso non ce la farei.

Per una vignetta impiega pochissimo tempo, ma per la realizzazione ci sarà sicuramente un tempo di documentazione, riflessione e uno di contrazione.
Dopo 50 anni di attività il disegno è molto rapido. Per quanto riguarda il procedimento i tempi cambiano molto; a volte ci metto un po’ per trovare l’idea o mettere a punto il testo, a volte è immediato, a volte c’è un argomento che mi piacerebbe raccontare e devo riflettere su come farlo. In realtà si tratta di un processo quasi inconsapevole, ma credo che il segreto sia stare sempre attento, ascoltare e vedere ciò che mi accade intorno, in televisione, in radio, affinché qualcosa mi stimoli una visione.

Il suo è un approccio antropologico all’umanità: tipologie umane ricorrenti che in certi casi diventano veri e propri personaggi, come fu il caso di Cipputi, il metalmeccanico.
È un personaggio molto antico – le prime vignette sono nel ’75. È arrivato in mezzo agli altri e poi mi sono reso conto che aveva una marcia in più rispetto agli altri e mi ci sono affezionato, l’ho usato a lungo, fino a che la situazione economica e sociale in Italia è cambiata.

L’industria è scomparsa…
Insieme alla classe operaia, che forse c’è ancora… ma vota strano. Cipputi sta lì, c’è, sta attento come sempre, però appare un po’ meno.

Nelle sue vignette appare difficilmente il personaggio politico, perché le interessa più la gente? Non crede che per quanto immorale sia la politica attuale, anche i votanti hanno perso ogni dignità?
Sì, in questo sono d’accordissimo con lei. Ho sempre preferito la gente comune alle figure politiche perché partivo dall’idea che se questi personaggi perfetti per lo sberleffo erano lì, voleva dire che qualcuno ce li aveva messi. Mi interessava quindi vedere chi fossero davvero gli elettori, e non gli eletti-fatta eccezione per un paio di volte in cui ho usato qualche personaggio davvero troppo ingombrante per essere tralasciato. Però devo dire che sono piuttosto sconcertato da questo elettorato…

A proposito di elettorato, che ne pensa del movimento delle sardine?
Il mio atteggiamento verso le sardine è di grande simpatia, vedo in loro la voglia di credere a cose fondamentali che non possono essere buttate via in questo marasma. Sto aspettando di capire che cosa succederà perché non credo che questi fenomeni possano resistere in questo stadio per molto tempo; dopo essere stati in piazza tre o quattro volte, la gente ha voglia di essere rappresentata, e per questo è necessario trovare persone capaci e oneste.

La Pimpa e l’Armando sono l’emblema del crescere inteso come scoperta del mondo, naturale, coerente, senza schiamazzi ed eccessi. È lì che finisce tutta la speranza che sottrae dalle vignette?
Purtroppo è così: non a caso la Pimpa è ancora lì, e Cipputi no. Sono molto più giovani di allora, per esempio un bambino di 8 anni la Pimpa non la legge più, ma esistono ancora. I lettori davvero piccoli non sono cambiati molto. Il mondo della Pimpa – lo dico spesso – è quello che sarebbe bello che fosse, ma ovviamente bisogna fare i conti con l’altro.

«Non sono mica tipo da Pimpa» così si è giustificato il vignettista Marione, dipendente – poi sospeso – dell’amministrazione Raggi, per aver firmato una vignetta in cui Boris Johnson abbandona Auschwitz – ovvero la UE. Ha seguito la vicenda? Io sono solo riuscita a pensare che la Pimpa non l’abbia mai letta…
Io non lo conosco, ma questa vignetta non si può commentare, non ho capito come abbia fatto a venirgli in mente una cosa del genere. No, non sapevo della dichiarazione sulla Pimpa.

«Altan, Pimpa, Cipputi e altri pensatori», la mostra al MAXXI di Roma, curata da Luca Raffaelli, racchiude tutto il suo percorso d’artista – ci sono addirittura 3 dipinti – ed è ancora visitabile…
Non solo, è stata prorogata, credo anche per merito dei bambini. L’ultima volta che ci sono stato un bambino cinese stava festeggiando il suo compleanno con i suoi amici dentro la casa della Pimpa e mi ha fatto un enorme piacere.
La Pimpa sarà anche testimonial dell’Ospedale Meyer di Firenze
Devo arredare un nuovo padiglione in primavera dedicato all’accoglienza dei bambini. Queste sono cose che mi rendono felice.

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