Esiste ancora una differenza tra destra e sinistra al tempo del mondo globalizzato, dello strapotere dei mercati e delle grandi banche? Che fine fa la politica quando le grandi decisioni vengono prese, come disse Mario Draghi poco più di un anno fa, mentre il parlamento italiano cercava un governo, con «il pilota automatico che garantisce la rotta»? «Non è scomparsa la distinzione tra destra e sinistra – dice subito il sociologo Marco Revelli –  ma la casella della sinistra è vuota. Tutta da riempire di contenuti». Ad affrontare il tema centrale dell’ultimo libro dello studioso torinese (Post-sinistra, Cosa resta della politica nel mondo globalizzato,  edizioni Laterza-Repubblica) lunedì sera si sono cimentati il sindaco di Genova Marco Doria, il ‘dissidente’ Pd Pippo Civati, la consigliera comunale della lista Doria Marianna Pederzolli, la più giovane in Sala Rossa, il coordinatore nazionale di Sel Nicola Fratoianni e Argyrios Panagopoulos, uomo di collegamento fra la sinistra italiana e la greca Syriza, di cui è dirigente, e candidato de L’altra Europa con Tsipras nella circoscrizione Nord Ovest. Un’occasione per parlare anche della lista Tsipras, e della sinistra,  alla  prova dell’appuntamento cruciale delle prossime europee del 25 maggio. E per capire, facendo gli scongiuri del caso, cosa c’è ‘dopo’. «Una sinistra forte. Ma non minoritaria e non identitaria», è l’auspicio, l’indicazione di Fratoianni. E la scommessa della vita un po’ per tutte le culture che hanno deciso di dar vita alla lista.

L’incontro è stato organizzato dalla comunità di San Benedetto, in collaborazione con il manifesto, sul palco del Teatro Modena, dove don Gallo nell’aprile 2013 tenne il suo ultimo discorso pubblico. Era esattamente un anno fa, in una serata messa in piedi per salvare lo storico teatro genovese. Un anno dopo,  la situazione del teatro non è più solida. Anche per questo, per la Comunità, la scelta di tornare a sostenere uno degli spazi culturali più intensi della città,  nella frontiera del quartiere difficile di Sampiedarena.

«Andrea ci manca perché non ci faceva sentire mai sentire soli – ha esordito Revelli – e anche perché da solo riempiva quel vuoto della casella della sinistra». «Oggi ciò che si è rotto – spiega poi affrontando il nodo della discussione – è il meccanismo della rappresentanza politica a favore della rappresentazione». Non a caso il ventennio di berlusconismo appena trascorso, e il renzismo, di oggi dimostrano quanto conti saper stare sul palco, o nel fuoco di una telecamera, o padroneggiare il sistema dei media.

«La sinistra è sottrarre la cloche al pilota automatico», dicono tutti. Sì, ma come? E soprattutto quale sinistra? Non certo l’attuale Pd che il rappresentante di Syriza (la coalizione della sinistra radicale che in Grecia è oggi il secondo partito e scommette sulle prossime amministrative) si stupisce «che venga chiamato di ‘centro-sinistra’, perché da noi sarebbe considerato di centro”. Il compito sembra quindi spettare a quella che è oggi una sinistra plurale, frastagliata e litigiosa, fatta di ciò che resta dei partiti tradizionali e da tanti pezzi della società civile, che deve affrontare la grande sfida di questo secolo, quella della disuguaglianza sociale.

Il riferimento a Genova 2001 è inevitabile perché il vecchio (ormai) slogan «Voi G8 noi 6 miliardi» aveva visto lontano: «Un movimento – ricorda Fratoianni – che il New York Times aveva definito la seconda potenza mondiale, che aveva detto che serviva un’alternativa radicale e che quel sistema finanziario non avrebbe tenuto, come puntualmente è accaduto con la crisi del 2008».

Anche Syriza ha un legame forte con Genova. Lo svela Panagopoulos, e lo racconta: «Siamo nati proprio a partire da qui». Allora Alexis Tsipras e compagni, sbarcati dalla Grecia al porto di Ancona, furono manganellati e respinti indietro. A Genova non arrivarono mai. «Esiste una linea rossa che divide nettamente le politiche di Angela Merkel e del fiscal compact dalle nostre. Una linea rossa che arriva fino a Genova nella piazza dove fu ucciso Carlo Giuliani». Per Pippo Civati, che gioca fuori casa ma non rinuncia al confronto con una sinistra a tratti più vicina alle sue posizioni di quanto non lo sia il suo stesso partito, «riportare in auge la dialettica tra destra e sinistra è una questione strutturale per il mantenimento della democrazia». Civati non risparmia  stoccate a Renzi: «Dopo la fine del berlusconismo credevo ci sarebbe stata una forma di riscatto, invece c’è stato un addomesticamento, presentato con toni millenaristici». Cita l’ultimo romanzo di Wu Ming («Il teatro si è spostato nella storia») e spiega che «per uscire dalla palude ci vorranno tempi lunghi». All’inevitabile domanda su se uscirà dal Pd, e nel caso quando, risponde: «Quando Renzi dovrà scegliere, alle prossime politiche, tra Fratoianni e Alfano. Lì deciderò anch’io». Il sindaco “arancione” Marco Doria, dalla sua complicata postazione di un’amministrazione di centrosinistra, a guida di sinistra e con 9 consiglieri di maggioranza schierati con Tsipras e 12 (quelli del Pd) schierati con il tedesco Schulz, spiega: «Voglio una sinistra che vinca, e che recuperi l’egemonia culturale di cui parlava Gramsci perché è su quel terreno che in questi anni siamo stati perdenti. Altrimenti sono pronto a tornare a fare il professore». Tante «belle parole» sul palco del Modena, le  definisce Marianna Pederzolli, 21 anni, eletta in Sala Rossa a Palazzo Tursi  proprio nella lista civica del sindaco. Parole che, a volte anche a Genova, si perdono nei bilanci in rosso. Ed è lei che lascia aperto il quesito più importante, quello che a cui la sinistra, a partire dal nuovo percorso inaugurato dalla lista l’altra Europa per Tsipras, dovrà saper rispondere: «Come facciamo a convincere le persone, quelle che lottano per il diritto alla casa, contro la precarietà del lavoro o per la difesa dei territori contro le grandi opere che siamo davvero dalla loro parte?».