Sono duecentocinquantamila le aziende agricole italiane, un terzo del totale (34%), che sono costrette a produrre in perdita a causa dei rincari provocati dall’inflazione e dalla siccità. Lo sostiene un’analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Crea, diffusa ieri in occasione dell’Assemblea nazionale a Roma.

UN AGRICOLTORE su 10 (13%) rischia di chiudere la propria attività. «Con la siccità e la guerra si è scatenata una tempesta perfetta con il taglio dei raccolti in media di un terzo» sostiene la Coldiretti. «Se l’attuale situazione climatica dovesse perdurare ancora a lungo i danni da siccità potrebbero arrivare a 6 miliardi di euro, bruciando il 10% del valore della produzione agricola nazionale». «Con le piogge praticamente dimezzate nel 2022 e più di un quarto del territorio nazionale (28%) a rischio desertificazione, la produzione di grano in Italia è stimata quest’anno in calo del 30%». «Ad essere in sofferenza sono anche girasole, mais, con percentuali che al Nord arrivano a meno 45%, e gli altri cereali». Per ortaggi e frutta in alcuni territori si arriverebbe a meno 70%.

LA SICCITÀ sta colpendo le produzioni agroalimentari dall’Arrappata di San Chirico Raparo alla Slinzega, dai Testaroli alla Porcaloca. In un’economia che ha puntato sulla merce etichettata «made in Italy» sarebbero 5450 le produzioni a rischio: dolci (1616), quella di frutta, verdura e ortaggi (1577) carne (822), formaggi (524) e prodotti della gastronomia (320), distillati, liquori, birre, miele. Ciò porterebbe alla crisi anche degli indotti enogastronomici che portano rientrano negli itinerari turistici venduti nei circuiti internazionali.

IN TOSCANA, ad esempio, sarebbero in bilico prodotti come i testaroli della Lunigiana, il pecorino delle balze Volterrane, gli oli extravergini di qualità, i prodotti vegetali accoppiati all’economia dei «borghi» e frazioni che hanno conosciuto una nuova vita nell’economia del turismo di élite.

IN ABRUZZO la siccità sta creando difficoltà nella produzione di cereali, latte e ortaggi. Le rese del grano sono in calo del 15%-20%. In crisi anche la produzione di girasole, mais e altri cereali, i foraggi per l’alimentazione degli animali. Un calo di circa il 20% è stato registrato anche nella produzione del latte e del miele. Nel Fucino è a rischio la raccolta degli orticoli come gli ortaggi a foglia e le patate.

IN VENETO la perdita della produzione vegetale a causa della siccità sarebbe stata di circa il 25%. La regione è nella morsa del caldo mentre si susseguono piogge torrenziali che aumentano i danni. La stima della Coldiretti non ha tenuto conto dei rovesci degli ultimi giorni. In Friuli Venezia Giulia le precipitazioni di fatto dimezzate rispetto alla media degli ultimi trent’anni hanno messo in ginocchio in particolare le colture di mais e soia per quanto riguarda i seminativi, oltre che l’erba medica.

L’AUMENTO dell’inflazione causato dalla speculazione sulle materie prime energetiche e alimentari, dallle politiche anti-covid in Cina e dalla guerra in Ucraina costerà nel 2022 quasi 9 miliardi di euro soltanto per la spesa alimentare. Solo la verdura costerebbe 1,97 miliardi in più; pane, pasta e riso 1,65 miliardi; carne e salumi 1,54 miliardi in più rispetto al 2021. A spingere i rincari e l’aumento della dipendenza alimentare dall’estero c’è «il fatto che nel 2022 le importazioni di prodotti agroalimentari dall’estero, dal grano per il pane al mais per l’alimentazione degli animali, sono cresciute in valore di quasi un terzo (+29%). L’aumento della spesa alimentare per inflazione colpisce in primo luogo le categorie più vulnerabili e aumenta in maniera strutturale le diseguaglianze.

ALL’ASSEMBLEA della Coldiretti ieri era presente quasi tutto il governo Draghi ed è diventata un palcoscenico per la politica in campagna elettorale. Nella fiera degli annunci non sono mancate le rassicurazioni di Draghi che continuerà ad aiutare famiglie e imprese colpite dalla siccità con una pioggia di bonus.