Sopravvivere cinquanta ore nella neve o in una stanza imbottita come quelle dei vecchi manicomi. Oppure passarle in macchina, sempre alla guida. Sono le imprese di un gruppo di ragazzi che su Youtube si fa chiamare «The Borderline» e che può vantare un seguito pari a 600 mila utenti, con oltre 150 milioni di visualizzazioni dei loro video.

L’ultima avventura, cinquanta ore su un Suv azzurro della Lamborghini, è finita in tragedia. A Casal Palocco, tra Roma e Ostia, Elena Uccello, 28 anni, aveva appena ripreso suo figlio all’asilo e stava guidando verso casa la sua Smart quando, dalla corsia opposta, la Lamborghini dei Borderline è passata sfrecciando e li ha travolti. Lei e sua figlia Aurora, 3 anni, sono rimaste ferite e sono state portate al Sant’Eugenio. Il figlio, Manuel Proietti, 5 anni, è morto al pronto soccorso del Grassi, dove era stato portato d’urgenza. Per ora iscritto nel registro degli indagati (per omicidio stradale) c’è solo il ventenne che probabilmente guidava la Lamborghini, Matteo Di Pietro, risultato anche positivo ai cannabinoidi. Al vaglio degli inquirenti, comunque, c’è anche la posizione degli altri quattro presenti, ai quali sono stati sequestrati gli smartphone.

Nei video recuperati si vedono diverse scene: in una la Lamborghini è ferma in un cortile, in un altro l’automobile è in marcia per le vie di Casal Palocco, ma al volante non c’è Di Pietro. Se tutto fosse andato bene, le immagini più tardi sarebbero state montate per andare a comporre l’ennesimo video di sfida estrema alla ricerca di visualizzazioni: la follia di passare 50 ore in auto era già stata compiuta due volte dai Borderline, con due milioni di persone che si sono sorbite i venti minuti di riassunto della vicenda.

E mentre le indagini sono ancora in corso e lo shock non accenna a diminuire, già abbondano le spiegazioni sociologiche e le immancabili richieste di modificare le leggi, un po’ nella convinzione che farlo possa rappresentare un deterrente e un po’ per cercare di intercettare i favori dei tanti indignati. In questo quadro, la morte di Matteo Proietti e il dolore dei suoi genitori finiscono in secondo piano: la fretta di riempire i social network e le agenzie con le proprie tesi sul fattaccio, in fondo, è l’altro lato della medaglia della ricerca spasmodica di visualizzazioni e di like da parte degli youtuber, che si sentono costretti ad alzare l’asticella ogni volta un po’ di più per tenere viva l’attenzione.

E così abbiamo il ministro dei Trasporti Matteo Salvini che ha commentato i fatti di Casal Palocco a modo suo: «Se sei recidivo e togli la vita a una persona perché sei un cretino al volante, tu la patente non la vedi più per il resto dei tuoi giorni, non è che te la sospendo per qualche mese». Questo in previsione di nuove regole, a base di «prevenzione e sanzioni», sul codice della strada.

L’europarlamentare del Pd Pina Picierno propone invece di sospendere la monetizzazione dei «contenuti sensibili» sulle piattaforme. «Guardiamo la triste realtà – ha scritto su Facebook -, molti youtuber diventano cattivi maestri per aumentare le loro views». Su Twitter, intanto, il leader di Azione Carlo Calenda ha lanciato la sua proposta: «I canali social vanno regolati, le piattaforme devono essere responsabili per i contenuti pericolosi che contribuiscono a diffondere». Poche ore dopo, sullo stesso social, ha fatto sapere di aver presentato una proposta di legge: «Approviamola», ha detto alle taggate Elly Schlein e Giorgia Meloni.
Nel pomeriggio il caso è sceso nella gerarchia delle notizie e tutti si sono messi a fare post su altro. C’è voluto pochissimo.