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La settimana della mobilità nel paese dei trogloditi

Come ogni anno arrivano le celebrazioni della Settimana europea della mobilità detta «sostenibile». Già solo il fatto di definirla tale e fare finta di non capire e urlare che quella […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 21 settembre 2023

Come ogni anno arrivano le celebrazioni della Settimana europea della mobilità detta «sostenibile». Già solo il fatto di definirla tale e fare finta di non capire e urlare che quella standard sia insostenibile qualifica l’iniziativa, un pannicello caldo al pari delle giornate Onu dedicate a qualcosa, l’ipocrisia istituzionale fatta manifestazione festosa. Quest’anno è particolarmente doloroso constatare che questa fiera paesana viene calata in un contesto così feroce e così fuori controllo da rendere l’iniziativa particolarmente disgustosa. Abbiamo già dimenticato evidentemente che dall’inizio dell’anno nell’operosa e Pilifera Milano cinque persone in bici, quattro donne e un uomo, sono state uccise da altrettanti camion in manovra di lavoro, alla gloria del cemento verticale od orizzontale della boriosa patria del dané. Una sesta, un’anziana donna, era a piedi mentre la sua vita veniva terminata da un furgone in retromarcia. La settima, lunedì, agganciata da un mezzo dell’Amsa. Inarrestato ed inarrestabile il fenomeno, a quanto pare meteorologico e quindi fuori dal controllo umano, delle auto lanciate ad alta velocità, se ne leggono una o due al giorno solo nella mia città, Roma. Che siano bambini, adulti, anziani: nessuno può dirsi esente dalla possibile fine sotto le quattro ruote di un cialtrone qualsiasi. Non parlo solo di gente che ha scelto la bici ma di chiunque, automobilisti compresi (basta che uno dei due mezzi sia più corazzato dell’altro).

Nei giorni scorsi il Corriere della Sera di Milano riporta i risultati di una ricerca della Makno, che non ho visto ma tenderei a fidarmi, mica è un Feltrino qualsiasi: una quota consistente di persone sta abbandonando la bici come mezzo di spostamento urbano, la ricerca dice il 20%. E’ il risultato di una situazione invariata nel campo della motorizzazione e della crescita potente in quello della mobilità ciclistica. Una prospettiva che molti di noi attivisti avevano già paventato anni fa: se crescono i ciclisti ma in strada non cambia niente i morti fioccheranno. Ecco, dagli inizi degli anni 2000 quando in Italia fu importato il fenomeno della Critical Mass – primo esempio di rivendicazione root delle strade accoppiato a una critica profonda del sistema economico, sociale, antropico a tutto tondo, quindi poco massificabile- ai giorni nostri, dopo che quell’esperienza ha fatto germogliare foreste di iniziative, nuove visioni, mode, stili di vita e anche esperienze di attivismo strutturato, nelle strade italiane non è cambiato assolutamente nulla.

Il modello generale è quello del brùmbrùm con la macchina mia, e guai a chi me la tocca, e ci corro quanto voglio perché l’ho pagata e nessuno mi deve dire cosa devo fare. Circa 15 anni fa volevo comprare un autovelox o simili: provate a fare la ricerca su Google con la chiave «autovelox» e ditemi. Escono fuori solo risultati su come fare ricorso alle multe o sistemi per individuare dove siano stati piazzati. Questo è ancora oggi lo stato generale della mentalità collettiva. Continuare a proporre convegni e incontri e «pedalate», che Dio li perdoni per la scelta del termine inchiodato agli anni ’80, per celebrare la Settimana europea eccetera ai miei occhi comincia ad essere non più solo offensivo come ho sempre pensato ma qualcosa da cui doversi difendere come se si trattasse di un’aggressione.
In un video l’assessore alla Mobilità della mia città, che parlava alla tv dell’agenzia capitolina di cui è dunque l’editore, si beava del fatto che una cinquantina di associazioni – a Roma non ce ne sono così tante, soprattutto nel settore della mobilità, ma pazienza – si erano entusiasticamente mosse a coorte per partecipare a questa o quella manifestazione. Buon per loro, ci ricaveranno qualcosa. Per quel che mi e ci riguarda dobbiamo mettere il punto finale a queste buffonate che servono solo a lavarsi la coscienza senza cambiare di un’unghia il sistema che ci assassina per strada, e considero una partecipazione consapevole equivalente alla complicità nel reato di omissione.

Capisco le obiezioni che mi vengono rivolte: «Partecipare è utile a diffondere la cultura della mobilità anche verso chi non sospetta possibile il cambiamento». La sento da due decenni e la situazione è addirittura peggiorata, complici anche i trogloditi che mandano al governo gente inadeguata e si gloriano della valenza positiva della protervia stradale che mettono in campo ogni giorno, oggi benedetta dall’uomo che siede al ministero di Porta Pia.

Nella generale follia dei tempi mi piace segnalare la campagna anti tram che sta conducendo il Messaggero: il quotidiano di Caltagirone sta facendo delle giravolte impensabili, fino a far dire a sedicenti esperti che il tram inquina e fa diventare sordi, pur di non vedere costruita la tratta tra Termini e Vaticano. Una Settimana europea andrebbe fatta, sì, in questo paese di cavernicoli: quela della Mortalità insostenibile.

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