La settima arte di Rintaro in un fumetto
Maboroshi Fra gli animatori e gli autori che hanno testimoniano e contribuito al successo dell’animazione giapponese durante la seconda metà del secolo scorso, un posto particolare lo occupa Rintaro.
Maboroshi Fra gli animatori e gli autori che hanno testimoniano e contribuito al successo dell’animazione giapponese durante la seconda metà del secolo scorso, un posto particolare lo occupa Rintaro.
Fra gli animatori e gli autori che hanno testimoniano e contribuito al successo dell’animazione giapponese durante la seconda metà del secolo scorso, un posto particolare lo occupa Rintaro. Nome d’arte di Shigeyuki Hayashi, Rintaro nasce nel 1941, in pieno periodo bellico e durante la sua vita è stato, fin da giovanissimo, ossessionato dalla settima arte e successivamente dall’arte animata. Questa sua passione viene raccontata in un fumetto autobiografico che il giapponese ha scritto nel corso di circa sei anni e che in prima battuta doveva essere un lungometraggio animato. Sfumata l’idea per un’animazione, che si è rivelata impossibile da produrre, attraverso amici e collaboratori francesi, Rintaro ha pubblicato questo suo lavoro in Francia lo scorso gennaio, prima ancora di essere pubblicato, se mai lo sarà, in patria. Il titolo è Ma vie en 24 images par seconde, edizioni Kana, come il titolo suggerisce è il racconto, scandito in brevi capitoli, di come da ragazzino scappato dalla città con la famiglia verso la campagna giapponese, per evitare i bombardamenti, si sia innamorato della settima arte.
Ancora studente di scuole elementari e con la guerra appena terminata, il giovane Shigeyuki scopre il fascino del disegno quando vede un volume di fiabe illustrato di Arthur Rackham e viene a contatto diretto con il cinema quando nella sua scuola viene proiettato Il fiore di pietra di Aleksandr Ptuško nel 1946. L’incontro con i disegni in movimento arriva invece qualche anno più tardi, quando vede Momotaro no umiwashi, film di propaganda incredibilmente proiettato anche dopo la fine del conflitto bellico.
FORTEMENTE influenzato dalla passione per il grande schermo e per le arti più in generale di suo padre, quando si sposta con la famiglia a Tokyo, passa più tempo nelle sale cinematografiche, o almeno pensando al cinema, che a scuola. Questa passione gli fa lasciare gli studi e cercare lavoro in ambito cinematografico, impiego che non è però così facile trovare. Dopo una breve esperienza in uno studio animato che realizza pubblicità, il giovane Rintaro entra, a soli diciassette anni, nello studio di animazione della Toei, dove fa parte del gruppo che realizza La leggenda del serpente bianco, il primo lungometraggio animato a colori del Sol Levante.
SIAMO sul finire degli anni cinquanta e agli inizi dei sessanta, il miracolo economico risolleva dalle ceneri il Giappone sconfitto e dalle pagine disegnate e scritte dall’autore giapponese si evince il tono di speranza e di positività di cui era infusa l’aria nel periodo. Il fumetto non è una storia sociale del Giappone, non potrebbe esserlo, ma è prima di tutto quella personale di Shigeyuki Hayashi e dello sviluppo e evoluzione dell’animazione nel paese asiatico, viste attraverso i suoi occhi e i suoi ricordi. Dal passaggio alla Mushi Production di Osamu Tezuka, dove lavora, tra le altre cose, all’epocale serie animata Astro Boy, trasmessa sulle televisioni giapponesi il primo gennaio del 1963, all’amicizia con uno degli altri grandi animatori/autori giapponesi del periodo, Gisaburo Sugii, fino al grandioso progetto di animare Metropolis di Tezuka. Quest’ultimo lungometraggio uscirà nel 2001 e rappresenta il punto finale del fumetto in questione, un volume che tocca anche altre importanti tappe nella carriera di Rintaro. Sul finire degli anni settanta dirige la trasposizione animata per la televisione di Capitan Harlock, ma anche il lungometraggio, sempre tratto da un opera di Leiji Matsumoto, di Galaxy Express 999 – The Movie, e il colossale Harmagedon – La guerra contro Genma, uscito nel 1983.
matteo.boscarol@gmail.com
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