Si sono svolti ieri, nella chiesa di sant’Eusebio a piazza Vittorio, i funerali di Ada D’Adamo. Una folla straboccante era accorsa per darle l’ultimo saluto. Sono stati molti del resto gli ambiti in cui ha lavorato, sempre molto apprezzata. Il suo campo privilegiato di lavoro e affezione era però la danza: non solo praticandola finché ha potuto, ma con il lavoro critico e le pubblicazioni che l’hanno resa tra i maggiori esperti del panorama internazionale.

NEI GRANDI FESTIVAL e nelle sedi più prestigiose poteva condurre con sicurezza incontri pubblici con i più grandi artisti del pianeta. Era poliedrica nei suoi interessi: ogni forma di spettacolo e di ricerca veniva da lei maneggiata con la massima esperienza, ed altrettanta grazia. Curiosa di ogni forma di spettacolo aveva sviluppato una conoscenza artistica a 360 gradi, che le permetteva di essere coinvolta da istituzioni di tutti i tipi. A cominciare dal Teatro di Roma dove era stata chiamata da Mario Martone a dare la novità di immagini e percorsi che il teatro intraprendeva con la sua direzione. Attentissima e ferrata su ogni argomento, aveva il dono della comunicazione e della grazia con cui esercitarla.

VIVEVA INSIEME però l’esperienza tragica della sua figlioletta, colpita dalla nascita da una grave malformazione, ma alla cui crescita Ada si è dedicata senza mai risparmiarsi. Dalla sua piccola Daria non si è mai allontanata, se non le poche ore per correre a vedere uno spettacolo o una coreografia che la interessasse, sulla quale elaborare il proprio metodo critico. E nello stesso tempo teneva alto (pur con la sua infinita dolcezza) il dibattito sulla maternità e sul dolore.

POI, IN ANNI RECENTI, una malattia non meno crudele aveva colpito anche lei. Questo sovrapporsi tragico quanto incurabile di eventi, lo ha raccontato lei stessa, con scrittura tanto «laica» quanto fascinosa, in un libro scritto in prima persona che è una sorta di elevato testamento morale: Come D’Aria (edito da Elliot). Un libro che racconta tutto, amore e dolore, mischiati nella consapevolezza crudele di avere i giorni contati. Forse non è un caso che, proprio alla vigilia della sua morte (imprevedibile, se fino a pochi giorni fa Ada D’Adamo, sempre dolce e bellissima, si incontrava a teatro), quel libro sia entrato nella rosa dei candidati al premio Strega. Davvero quasi un vademecum possibile per speranze e sconfitte di una vita vissuta intensamente oltre ogni limite.