Le farfalle sono da sempre gli insetti più ammirati e collezionati, ma volano sempre meno e spariscono ad un ritmo sempre più sostenuto. Solo qualche decennio fa, con l’arrivo della primavera, prati e siepi brulicavano di farfalle e anche le aree verdi delle città erano segnate dalla loro presenza. Il loro volo si è interrotto e il rapido declino mostra come lo sconvolgimento degli ecosistemi naturali stia producendo una irreversibile perdita di biodiversità. Se per secoli l’interesse per le farfalle era legato al loro aspetto estetico, per la grande varietà di forme e colori che contraddistinguono questi lepidotteri, ora ci raccontano lo stato di salute dell’ambiente e forniscono preziose informazioni sui cambiamenti climatici in atto. Il declino si manifesta sia a livello locale che globale e riguarda il numero di specie, le popolazioni di ciascuna specie, la distribuzione sul territorio. Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), nel mondo sono presenti 18 mila specie di farfalle attive di giorno (Ropaloceri) e 160 mila specie di falene (farfalle notturne). Uno straordinario patrimonio di biodiversità, risultato di una evoluzione durata 50 milioni di anni e che è andata di pari passo con quella delle piante con fiori. Le farfalle svolgono un doppio ruolo: impollinatori di una grande varietà di piante e base alimentare di molte specie di uccelli. Se le api sono attive nelle ore diurne, i lepidotteri sono gli unici insetti a svolgere l’attività di impollinazione giorno e notte. Un servizio essenziale a tempo pieno.

LA DRASTICA DIMINUZIONE DELLE FARFALLE ha conseguenze sulla biodiversità vegetale, ma incide anche sull’equilibrio degli ecosistemi per la posizione che occupano nella catena alimentare. Un effetto domino che coinvolge un gran numero di specie vegetali e animali. A differenza delle api che sono insetti sociali, le farfalle conducono una esistenza solitaria e nelle varie fasi del loro ciclo vitale dipendono da diversi tipi di piante e ambienti che le rende vulnerabili anche in presenza di minimi cambiamenti. Hanno una metamorfosi completa (uovo, larva, crisalide, adulto) e il ciclo vitale nella maggior parte delle specie si completa in 2-4 settimane. Un insetto adulto vive da pochi giorni a poche settimane e solo le popolazioni di alcune specie possono volare per 6-8 mesi. Nel corso del tempo hanno sviluppato sofisticate strategie di sopravvivenza, dal mimetismo all’esibizione dei colori come segnale visivo per scoraggiare i predatori. Le specie di farfalle che hanno i colori più vivaci hanno un gusto sgradevole, una caratteristica che dipende dal tipo di piante di cui si nutrono le larve. Si ritiene che la straordinaria varietà di colori di questi insetti sia il risultato di un processo evolutivo in grado di aumentare la capacità di sopravvivenza. Ammiriamone le varietà cromatiche, ma abbandoniamo l’idea che tutto sia avvenuto per il piacere della specie umana. Anche perché è dalle attività antropiche che arrivano le vere minacce per farfalle e falene, non certo dai predatori con cui hanno coesistito per milioni di anni.

SONO MOLTEPLICI I FATTORI che concorrono, sommando i loro effetti, a determinare la strage delle farfalle in ogni angolo del pianeta: perdita di habitat naturali, cambiamento nell’uso dei suoli (deforestazione, cementificazione, urbanizzazione, industrializzazione), agricoltura intensiva (col suo bagaglio di fertilizzanti sintetici, diserbanti, insetticidi), cambiamenti climatici. Non è facile monitorare un numero così elevato di specie e le variazioni che subiscono le loro popolazioni nelle diverse aree. Uno studio pubblicato nel 2019 sulla rivista Biological Conservation, basato su 73 ricerche effettuate su popolazioni di insetti in Europa, Stati Uniti, Sud America, Cina e Australia, stima che il 40% delle specie di insetti sta diminuendo di numero e che le perdite maggiori si registrano tra i lepidotteri. Il 53% delle specie di farfalle e falene mostra una forte diminuzione, con la farfalla monarca (simbolo di questo declino) che ha perso in 20 anni il 99% della sua popolazione. La perdita di popolazione riguarda soprattutto le specie di farfalle che vivono in habitat specifici (praterie, zone umide, aree forestali), come conseguenza della drastica diminuzione di queste aree, mentre è più contenuto per le specie che si trovano in habitat generici. Si riducono le aree favorevoli alla sopravvivenza delle farfalle anche a causa del processo di frammentazione degli ambienti naturali. Ed è proprio dove gli habitat sono più frammentati che si registra la più ampia e più rapida diminuzione delle popolazione di farfalle, soprattutto per le specie che hanno una ridotta mobilità.

SOLO DI RECENTE SI È COMPRESA L’IMPORTANZA, quando si interviene sul territorio, di mantenere un adeguato livello di connessione tra ambienti frammentati. Tutte le ricerche e le attività di monitoraggio mettono in evidenza una situazione allarmante per la maggior parte delle specie di farfalle. Uno studio recente dell’University College London (Ucl), pubblicato su Nature, elaborato sulla base di 800 mila dati raccolti nell’arco di 10 anni in 6095 luoghi del pianeta e riferito a migliaia di specie, mostra che nelle zone in cui l’agricoltura intensiva è più presente e coincide con un cambiamento climatico più accentuato si registra una diminuzione di quasi il 50% delle popolazioni di insetti, comprese le farfalle. In queste aree il numero di specie è inferiore del 27% rispetto agli ambienti in cui è ancora presente una vegetazione primaria e che hanno avvertito di meno gli effetti dei cambiamenti climatici. L’importanza dello studio risiede nel fatto che per la prima volta viene messo in evidenza l’effetto sinergico che il riscaldamento e l’agricoltura intensiva hanno sugli insetti. E sono le farfalle a mostrare le maggiori difficoltà di adattamento di fronte all’aumento delle temperature. Reagiscono migrando verso nord, alla disperata ricerca di nuovi habitat con temperature inferiori. Ma nei nuovi ambienti non trovano la vegetazione con cui hanno stabilito millenarie relazioni evolutive e, inevitabilmente, si produce un’alterazione del loro ciclo vitale che ne accentua il declino.

SONO CIRCA 500 LE SPECIE DI FARFALLE CENSITE in Europa e 289 di esse si trovano sul territorio italiano. Uno studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale, coordinato dal prof. Leonardo Dapporto dell’Università di Firenze, ha ricostruito attraverso l’analisi del Dna mitocondriale i profili genetici delle farfalle europee e la loro distribuzione. Si è osservato che la maggiore biodiversità è presente nella parte meridionale del continente dove le farfalle sono insediate da più tempo e le migrazioni verso nord sono avvenute in una fase successiva quando le condizioni climatiche sono diventate più favorevoli. Ora l’aumento delle temperature nel sud Europa potrebbe accelerare questo fenomeno migratorio verso le latitudini superiori. Si stima che a livello europeo negli ultimi 30 anni un terzo delle specie abbia avuto un declino di popolazione che va dal 20 al 50%, mentre quasi il 10% delle specie rischia l’estinzione. La lista rossa delle farfalle italiane a rischio mostra che delle 289 specie presenti sul nostro territorio sono 18 quelle minacciate di estinzione, il 6,2% del totale, mentre le quasi minacciate rappresentano un ulteriore 5,6%. La maggior parte delle specie italiane si è evoluta in ambienti aperti come prati o con una vegetazione perenne di arbusti e cespugli, mentre sono 12 le specie la cui evoluzione è legata alla macchia mediterranea. Il forte ridimensionamento di questi ambienti e il riscaldamento che colpisce tutti i territori che si trovano nel bacino del Mediterraneo, con prolungati periodi di siccità, rende le farfalle italiane particolarmente vulnerabili.