L’Arboreto è luogo dove il tempo scorre diversamente. Lontano dai grandi centri, nel comune di Mondaino in Romagna vicino al confine con le Marche, gli artisti hanno la possibilità di perdersi nella lentezza, di fallire persino, o quantomeno di fare ricerca senza dover pensare alla produzione di uno spettacolo. Era questo il sogno di Fabio Biondi e del gruppo che, nel 1998, ha dato vita al progetto all’interno di quella che oggi è la foresteria, un edificio immerso in un bosco di nove ettari dove gli ospiti possono soggiornare. La tappa successiva e fondamentale è stata la costruzione del Teatro Dimora nel 2004. Uno spazio di cui l’associazione ha potuto curare e seguire tutto il progetto, realizzando così veramente il teatro dei propri sogni. Visto dall’esterno appare come un grande guscio verde che quasi si mimetizza tra le fronde degli alberi. «Io credo che il tempo dedicato al processo sia fondamentale, anche per l’opera finita. Considero la residenza artistica non un atto concreto, ma un atto di pensiero» ci racconta il direttore artistico Biondi.

SONO molti gli artisti che scelgono l’Arboreto come luogo in cui far muovere i primi passi alle proprie opere, in ordine di tempo gli ultimi sono stati i Motus che hanno lavorato qui su TuttoBrucia – di cui si è potuto vedere, purtroppo solamente online, uno sprazzo del cantiere creativo. Prima di loro un’altra compagnia affezionata, il Teatro Valdoca con Mistero cosmico comico, secondo avvicinamento a Pinocchio. Oltre agli storici nomi provenienti dalla regione ci sono anche tanti gruppi emergenti che abitano gli spazi a Mondaino, a cui si aggiunge l’intera comunità del paese. Sin dalla scuola materna i bambini hanno la possibilità di entrare in contatto con gli artisti in residenza in un luogo che rappresenta la maggiore attività produttiva del comune, generando un indotto su più fronti e occupando diversi abitanti.

Un modello che sposta l’asse dal consumo alla produzione immateriale. «Non è un caso se i centri di residenza ma anche tanti festival nascono in provincia, nei piccoli centri. I concetti di limite e di margine sono molto importanti per un progetto artistico» aggiunge Biondi.
Nel corso degli anni tante attività collaterali hanno preso vita all’Arboreto, l’ultima è una piccola biblioteca mentre già nel 2005 erano nate le Arboreto Edizioni di cui fanno parte due collane, una dedicata alle favole — anche Emma Dante ne ha donata una — un’altra alle drammaturgie.

LE PAROLE, i libri, il teatro: in questo centro di residenza, riconosciuto e sostenuto dalla regione, il senso delle pratiche sembra riaffiorare più fortemente, come si evince dalle parole di Biondi: «Mi piacciono le compagnie che non fanno solamente un esercizio di stile ma che si interrogano sul proprio tempo. Le arti sceniche non possono ignorare che ci sia un Sud del mondo che chiama ancora il Nord alle proprie responsabilità, il teatro parla di un’alterità e deve giocarsela fino in fondo».

In un luogo dove la cura è così importante, la pandemia ha richiesto attenzioni ancora maggiori — chiunque entri all’Arboreto, artisti compresi, deve possedere l’esito negativo di un tampone. Ma oltre alle questioni pratiche e all’impossibilità di aprire al pubblico gli esiti delle residenze, la crisi sanitaria ha portato con sé una certa amarezza. «Ci siamo assunti una funzione non nostra, ovvero sostenere economicamente gli artisti in un periodo così difficile, mentre tanti teatri pubblici non hanno messo a disposizione nemmeno gli spazi e con i ristori si sono pagati i debiti degli anni passati» sostiene Biondi. Due idee di teatro profondamente diverse, l’ennesima criticità messa a nudo dall’emergenza.