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La satira politica secondo Latuff

La satira politica secondo Latuff

Satira Il famoso vignettista analizza le recenti, clamorose sconfitte

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 giugno 2019

Irriverente, politicamente impegnato, poetico, con la sua matita Carlos Latuff “non perdona e tocca” come Cyrano. Si prende gioco dei potenti, critica le ingiustizie sociali, condanna i crimini di guerra. Le sue vignette continuano a fare il giro del mondo attraverso riviste, poster, manifestazioni e social media, mettendo alla prova la censura. La satira nei confronti dell’imperialismo americano e della politica israeliana in particolare gli è costata critiche feroci e minacce ma l’artista brasiliano non arretra di un passo.

Qual è stata la tua formazione politica?

Nel 1990 ho iniziato a lavorare per i bollettini dei sindacati della sinistra, prima di questa esperienza non avevo nessuna formazione politica o ideologica perché il mio sogno era lavorare come fumettista. Grazie alle analisi politiche di queste pubblicazioni ho iniziato a studiare e ad avvicinarmi alle idee della sinistra. Non mi considero esattamente un comunista, un socialista o un anarchico ma un artista di sinistra.

Quali strumenti utilizzi per lavorare?

Sono della vecchia scuola, preferisco usare la carta, la matita, la penna. Quando non sono a casa con il mio scanner, uso l’ipad per colorare. Faccio il disegno su carta, scatto una foto con il tablet e coloro con il tablet. Altre volte disegno la vignetta su carta, la coloro a matita, faccio una foto e lavoro il disegno con una app sul telefono.

Quando la satira diventa offensiva?

La satira lo è sempre, dipende da chi si vuole offendere. La vignetta politica può avere la funzione di un attacco chirurgico, oppure può diventare un bombardamento aereo, dipende dall’obiettivo. Se disegni un fumetto che critica Netanyahu potrai essere accusato di antisemitismo e di antisionismo, ma ti accorgerai che chi cerca di criminalizzarti sono coloro che supportano le politiche contro la Palestina. Il mio bersaglio, per quanto riguarda Israele, sono i politici e l’esercito ma mai gli ebrei in quanto tali, non critico l’ebraismo ma la politica di apartheid dello stato di Israele. Lo stesso vale per la Turchia: non ho mai voluto offendere l’intera popolazione turca ma soltanto Erdogan ed i suoi seguaci ma a volte anche chi non è un suo sostenitore si sente offeso, accade.

Cosa pensi dell’arresto di Assange?

Quello che è accaduto è assurdo e pericoloso. Assange è stato uno dei responsabili della diffusione di documenti riservati riguardo la guerra americana in Iraq e la Gran Bretagna è un alleato fedele degli USA: questo è il punto. Assange ha vissuto circa sette anni all’interno dell’ambasciata ed era un prigioniero in casa; è incredibile come sia stato catturato non rispettando il diritto internazionale. Credo che il suo arresto costituisca una minaccia per qualsiasi informatore in ogni parte del mondo perché si può essere arrestati e perseguitati per aver mostrato la verità alla gente. Questo è un principio valido per il giornalismo, per chi fa foto, per chi disegna vignette: se scrivi qualcosa che il tuo governo non condivide vieni chiamato terrorista e spia e potranno arrestarti ed estradarti. Assange ha avuto un ruolo molto importante all’interno del giornalismo indipendente ma è stato soprattutto un eroe della libertà di informazione.

Giornalismo e comunicazione. Quali sono i punti di contatto con il tuo lavoro?

Di solito il ruolo di un fumetto politico, o non politico, soprattutto prima dell’avvento di internet, era quello di illustrare gli articoli nei giornali e nelle riviste. Secondo la mia esperienza la vignetta politica supera questa funzione. Quando la pubblichi su un social media può essere usata in modi diversi, ad esempio nei cartelli durante le manifestazioni, oppure nei poster, come fanno i movimenti pro Palestina. I cartoon politici sintetizzano un concetto o spiegano una complessa situazione internazionale in una sola immagine allegorica e questo attrae di più le persone. La vignetta politica ha una potenza che va oltre il giornalismo stesso perché è anche una forma di attivismo.

A proposito di Venezuela; hai disegnato Guaidò come una marionetta degli Stati Uniti, non credi che Maduro abbia commesso degli errori?

Il problema qui non è Maduro ma difendere la sovranità di un Paese. Quando un Paese sta per essere invaso dagli USA bisogna dimostrare la propria solidarietà perché il tema del “portare la democrazia” è assolutamente falso. È accaduto in Iraq, in Afghanistan, in Libia e non ha niente a che fare con la democrazia ma con la geopolitica: petrolio, gas, business. Non vorrei un’altra Libia in Venezuela o in Siria.

Quale sarà il futuro del Brasile?

Le previsioni non sembrano buone. Gli ultimi due presidenti sono stati due rappresentanti della sinistra ma Lula non era un rivoluzionario, al contrario di Chavez, era un riformista e ha trasformato i più poveri in consumatori più ricchi. Il cambiamento sociale in Brasile però non è mai avvenuto. In Venezuela invece sono riusciti a creare un forte consenso popolare e una coscienza nelle classi più basse ed è per questo che stanno ancora lottando. A partire dal grande scandalo per corruzione del 2005, in Brasile c’è stata una serrata campagna mediatica che ha convinto la popolazione che il Partito dei Lavoratori fosse il partito più corrotto nella storia del Brasile. Il popolo ha deciso così di dare fiducia ad una persona che non si è presentata come un politico tradizionale ma come un militare che voleva moralizzare il Paese e mettere ordine. L’elezione di Bolsonaro è stata la vittoria dell’antipolitica; ha preso voti non solo dall’estrema destra, di cui è un rappresentante, ma anche dalle persone comuni che hanno usufruito dei programmi sociali di Lula. È ironico ma è il prezzo pagato per non aver dato una coscienza politica. Bolsonaro non è solo un fascista, misogino e razzista ma rappresenta la versione più brutale del capitalismo e del neoliberalismo. La disgrazia sta nel fatto che, a differenza della dittatura militare del passato, questa persona è stata eletta. Anche Trump non si è presentato come un politico ma come un imprenditore, ed è la stessa strategia che ha adottato Grillo in Italia. Le persone non vedono di buon occhio i politici tradizionali e vogliono votare per qualcosa di nuovo. La storia comunque è fatta di stagioni, dopo l’estate della sinistra, ora c’è il pericoloso inverno della destra.

Il Partito Democratico ha delle responsabilità nella vittoria di Trump?

Sì ma questa analisi deve essere inserita in una prospettiva più ampia che riguarda l’intera sinistra. Dalla caduta del muro di Berlino la sinistra rivoluzionaria si è dissolta; dopo il crollo dell’Unione Sovietica nessuno ha più supportato e finanziato le organizzazioni rivoluzionarie nel mondo. Per sopravvivere, le sinistre hanno adottato un approccio più riformista; questo è il problema. I rivoluzionari sono interessati a cambiare le cose in modo radicale trasferendo il potere da una parte all’altra, i riformisti ti danno solo la sensazione del cambiamento. La sinistra riformista non è interessata al potere ma al governo, ad essere un amministratore ma così facendo avrà bisogno di fare accordi con chi detiene realmente il potere. La sinistra non è più rilevante storicamente proprio perché non è più un agente di cambiamento; anche per questo motivo viene sconfitta così facilmente dalla destra. Rimarremo irrilevanti finché non adotteremo di nuovo un approccio rivoluzionario, con modelli diversi dal passato, certo, ma è necessario promuovere un reale cambiamento sociale.

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