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La salita dopo il Colle

La salita dopo il ColleIl giuramento al Quirinale – Andrea Sabbadini

Governo Giuramento nelle mani del presidente Napolitano per Renzi e i 16 ministri, con Alfano sempre al centro della foto per dimostrare che Angelino c’è. Il premier: tweet per i marò e figli in «tricolore»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 23 febbraio 2014

È il giorno del giuramento e dei buoni propositi, della foto di gruppo e delle strette di mano, della sfilata uno dopo l’altro davanti alle telecamere con larghi sorrisi e entusiasmo gratis come le prime promesse e gli impegni «urgenti». Nell’imponente salone delle feste del Quirinale, sotto la volta affrescata con il Trionfo dell’Italia e i grandi lampadari di Murano, il colpo d’occhio è quello della squadra più giovane, più snella e più femminile, 8 donne e un mistero subito svelato: dove ha cenato lunedì sera la neo ministra dello sviluppo Federica Guidi? Ad Arcore con Silvio Berlusconi.
Sul grigio e nero dominante con Angelino Alfano sempre al centro vicino al premier per dimostrare che lui c’è anche se non è più vice, si stagliano come al solito un paio di giacche vistose. E questa volta sono il tailleur pantalone blu elettrico di Elena Maria Boschi (molto più acceso di quello sfoggiato un anno fa da Cècile Kyenge) e la giacca rosa pesca di Federica Mogherini (Emma Bonino aveva optato per il rosso) a farsi notare.

Dimenticare la sobrietà montiana, rottamare i tacchi rasoterra e i twin set con maglioncino accollato, la rivoluzione del governo Renzie comincia dal look anche per la ministra di Scelta civica Stefania Giannini, che a metà mattinata osa un miniabito nero scollato, lembo di reggiseno in vista e inserti di pizzo laterali e se al ricevimento per gli auguri di Natale Renzi aveva sbagliato giacca lei stavolta ha sbagliato festa. Ma sorride felice come tutti, anzi il premier, mentre i ministri si avvicinano al tavolo per giurare nelle mani di Giorgio Napolitano, ride proprio, insieme al nuovo Guardasigilli Andrea Orlando. E batte il cinque con Alfano, «grande!», dimenticandosi di quante volte quando il leader dell’Ncd era al governo con Letta lui l’aveva preso di mira. La differenza tra il precedente governo e quello che ha appena giurato? «Continuità», ma con una «forte accelerazione», prova a spiegare Maurizio Lupi, riconfermato alle infrastrutture e gongolante. Come Alfano e Lorenzin, le facce che si rivedono con quella Graziano Delrio. E se Emma Bonino è stata depennata all’ultimo minuto, ora sono tutti lì, premier in testa, a spendere parole e telefonate per i due marò, dopo il brindisi con il capo dello stato che non si affanna per tenere la scena, ché questo non è il «suo» governo.

Il compito è «tosto e difficile», twitta il presidente del consiglio, ma «ce la faremo» con «un impegno: rimanere noi stessi, liberi e semplici». E chissà quanto sarà stato semplice per Renzi convincere i tre figli Emanuele, Francesco ed Ester, arrivati a Roma con la mamma Agnese, a vestirsi uno di bianco, uno di rosso e uno di verde.

Semplici, ma non semplice la strada che comincia fuori dal Quirinale da dove i più se ne vanno a piedi (la confindustriale Guidi, invece, dentro una Mercedes nera), verso il primo consiglio dei ministri. Dall’Ncd Lupi assicura che «abbiamo firmato un impegno, la legge elettorale funzionerà quando il senato è abolito». Nel frattempo l’alleato del cerchio più largo, Berlusconi, invita i forzisti a tenersi pronti per le elezioni. Nervi saldi e bocche cucite fino a domani, giorno della fiducia al senato, a tarda sera. Lo chiede Renzi ai ministri dopo aver avvertito al suono della campanella che «la ricreazione è finita»: poche dichiarazioni, niente interviste (fa eccezione Delrio, nominato sottosegretario alla presidenza, che oggi sarà da Lucia Annunziata). E poi squadra compatta, niente iniziative «spontanee».
In vista dell’appuntamento in parlamento, i popolari di Mario Mauro vogliono tenere Renzi sulle spine: «Non abbiamo il vincolo di dover votare la fiducia a prescindere. Saremo ancora più rigorosi sul programma: se dovessero mancare gli elementi che abbiamo chiesto, ne trarremo le conseguenze. Il gruppo ne discuterà lunedì mattina e decideremo», alza la posta Andrea Oliviero in attesa della scelta di viceministri e sottosegretari. La lista sarebbe già pronta, ma Renzi vuole aspettare la fiducia per la nomina, e si può cambiare fino all’ultimo, come si è già visto. Invece Pippo Civati e i civatiani decideranno se votare o meno la fiducia in base al sondaggio online lanciato ieri e all’assemblea degli «ulivisti» di oggi a Bologna: «Dobbiamo valutare se rompere con il nostro partito, ci dispacerebbe farlo», dice per ora Civati, che domani, prima del voto al senato (alla camera sarà martedì), dovrebbe ricevere una telefonata da Renzi.

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