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La Russia in serial

La Russia in serial"Sebastopol'"

Ultraoltre Nella produzione televisiva la grande storia, i leader, il revival dello stile sovietico

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 6 ottobre 2018

>Anche dei prodotto dell’industria culturale come i serial televisivi possono aiutare a comprendere cultura, storia, ideologie e prospettive di un paese. La Russia in questo senso non è diversa da altre realtà anche se purtroppo ben poco di questa produzione viene acquistata in occidente.
Quando esplose su scala mondiale la moda dei serial produttori e registi russi cercarono rapidamente di apprendere stili e ritmi della fiction americana. I risultati furono modesti fino a quando sul canale Rossija fu realizzato nel 2002 il progetto di «Serie Russa», al cui interno videro la luce l’adattamento cinematografico de «L’idiota» di Dostoevskij e il primo tentativo di comprendere l’ascesa della criminalità organizzata degli anni ’90 con Brigada. Da allora i volumi di serie Tv nazionali sono aumentati di oltre 20 volte: dalle 60-80 ore l’anno negli anni ’90 alle 2000 ore del 2017.
In particolare nei serial russi a carattere storico, emerge spesso la volontà di costruire e raffinare una memoria condivisa, in un paese che nel XX secolo è passato attraverso due conflitti mondiali, tre rivoluzioni, una guerra civile e ai gulag. L’obiettivo della pacificazione tra le diverse generazioni nella prospettiva putiniana devono essere rimodulate al fine di costituire l’orizzonte del nazionalismo sovranista benevolente.
OTTOBRE
La rivoluzione d’Ottobre continua ovviamente a creare polemiche e interesse. Polemiche e dibattito che si sono ripetute anche in occasione della messa in onda della serie di 8 puntate di 50 minuti l’una sulla vita di Lev Trotsky. Per il ruolo principale è stato scelto Konstantin Chabenskij stella di prima grandezza del firmamento del cinema russo e proveniente dalla classica scuola di recitazione di Leningrado.
Gli storici però sono rimasti molto scettici sul risultato finale. Konstantin Tarasov, docente di storia contemporanea a San Pietroburgo, ha affermato che nel film «gli errori e le imprecisioni nel ricostruire la vita di Trotsky sono così tanti che ci si stanca di contarli».
GUERRA PATRIOTTICA
La pagina di storia in cui invece tutti i russi si riconoscono è quella della Grande Guerra Patriottica come amano chiamarla. Di lungometraggi e serial sul conflitto ne sono state girate una infinità negli ultimi anni. Quella che merita sicuramente di essere ricordata c’è sicuramente Bitva za Sebastopol’ (Battaglia per Sebastapoli) serie di 4 ore con un’ottima accoglienza sia di pubblico sia di critica. Si tratta della biografia di Liudmila Pavlicenko giovane studentessa kieviana diventata un celebre cecchino (fu calcolato che avesse ucciso ben 309 soldati tedeschi) durante l’assedio nazista della penisola di Crimea nel 1941-1942. La pellicola risulta particolarmente gradevole perché non propone una ricostruzione agiografica di Pavlicenko la cui fragilità nervosa dopo l’esperienza bellica viene con delicatezza sottolineata.
IL DISGELO
Un notevole esempio di fiction ambientata nel periodo krusheviano è quella di Ottepel’ (Il disgelo). In 12 puntate girate nel 2013 dal regista Petr’ Todorvskij, scomparso subito dopo il montaggio della serie, vengono raccontate le vicende umane e sentimentali di una troupe cinematografica dei primi anni ’60. Sullo sfondo le speranze e i frammenti di libertà di quella stagione che accompagnarono il tentativo di rinnovare l’esperienza sovietica. Ma anche i suoi limiti: il «disgelo» trasmutava in un soviet style of life che mimava malamente l’irruzione del consumismo nel mondo occidentale mentre restava pesante la cappa di conformismo sociale in un paese in cui l’omosessualità era reato penale.
Di diverso segno ma altrettanto interessante è Farza (2015, 8 puntate). Farzovšciki venivano chiamati quei giovani che si dedicavano alla speculazione e al commercio di prodotti occidentali come vestiti e dischi ma anche valuta. Il fenomeno sorto alla fine degli anni ’50 ai margini del disgelo sovietico proseguì fino al crollo dell’URSS. La serie narra della prima fase eroica e pionieristica del fenomeno dei Farzovšciki che si intrecciava con l’ascesa della subcultura tipicamente sovietica degli stiljagi. Farza è stato acquistato dalla catena televisiva americana Netflix e quindi prima o poi dovrebbe essere doppiato anche in italiano.
Questa primavera è andata in onda su Rossija1 anche Berezka, storia romanzata dell’omonimo corpo di ballo popolare russo. La serie seppur derubricabile a melodramma, grazie a un ottimo cast in cui spiccano l’affascinante Lidija Nelezeva e la promessa del cinema russo Ljubov’ Kostantinova e a una sceneggiatura attenta a dosare gli aspetti sentimentali a quelli storico-sociali e di costume, è stato apprezzato anche dalla critica. E quella più attenta ci ha visto un’inno all’ideologia putiniana: il corpo di ballo Berezka, diventa una metafora della società sovietico-russa in transizione in cui si fondono le vecchie tradizioni con la nuova società globalizzata in una sintesi pacificatrice di cui si fa portavoce il partito di Putin Russia Unita.
Nel clima dell’URSS dell’ultima fase «stagnazione brezneviana» è ambientato Gostiniza Rossija (Hotel Russia, 2017, 12 puntate). L’Hotel Rossija, con le sue 3000 stanze e decine di ristoranti, era stato fatto costruire a due passi dal Cremlino in epoca krusheviana per poter ospitare tutti i delegati del Soviet Supremo dell’URSS. L’hotel ospitava spesso anche turisti e delegazioni ufficiali straniere e divenne il ricettacolo dei farzovšciki, delle prostitute e naturalmente degli agenti del Kgb. Ottime le interpretazioni di Ekaterina Vilkova nella parte della traduttrice dell’hotel e Pavel Trubuner in quella del funzionario del Kgb.
Breznev è invece un film biografico sul capo dell’URSS datato 2005. La serie si concentra sulle settimane della vita dell’«autunno del patriarca», tra tristi battute di caccia fuori Mosca, cospirazioni della «gerentocrazia» del partito per sostituirlo, ore passate davanti ai cinegiornali che glorificano il suo operato.
Nel serial, il vecchio capo comunista per sfuggire a pensieri oppressivi, riesce a rilassarsi solo duranti i lunghi sonni favoriti dai barbiturici da cui il regista fa spuntare lunghi flashback della sua vita: la guerra mondiale passata da commissario politico in Crimea, gli anni della formazione in Ucraina, la battaglia all’interno del partito per rimuovere Chrušcev.
Interpretato da uno sfolgorante Andrej Shakurov, Breznev, nel suo genere è un capolavoro che fornisce un quadro veritiero dell’ultima fase del potere sovietico.
ERA PUTINIANA
Una nota finale di merito per la serie gialla Metod (Metodo) andata in onda nel 2015 nel prossimo autunno avrà il sequel. Si tratta di un thriller ambientato nella provincia russa all’inizio degli anni 2000 in piena era putiniana. I due personaggi, il detective alcoolista (Konstantin Chabenskij) e la sua giovane stagista (Paulina Andreeva) figlia di un grosso papavero della burocrazia sfidano criminalità e potere in una Russia ben diversa da quella proposta spesso dei boulevard plastificati e lindi della capitale. La serie ha avuto un successo inaspettato. Menzione particolare va fatta per il regista Yuri Bykov che per la prima volta si cimentava in una fiction. Di convinzioni politiche socialiste, Bykov ha avuto grande successo anche nelle sale cinematografiche con Mazor (Il Maggiore) ma soprattutto con Durak (Il cretino) una condanna senza appelli del sistema politico russo.

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