La rivolta dei pescatori sardi ferma le esercitazioni Nato
Pescherecci a largo di Capo Frasca restano in attesa di risposte dalla Difesa. Chiedono indennizzi e incassano il sostegno della commissione d'inchiesta sull’uranio impoverito in missione sull'isola
Pescherecci a largo di Capo Frasca restano in attesa di risposte dalla Difesa. Chiedono indennizzi e incassano il sostegno della commissione d'inchiesta sull’uranio impoverito in missione sull'isola
Piccoli gusci, quelli dei pescatori sardi, di fronte agli incrociatori della Marina militare. Davide contro Golia, con l’obiettivo, almeno per il momento raggiunto, di fermare le esercitazioni di tiro riprese, dopo la pausa dei tre mesi estivi, a Capo Frasca, una delle tante basi Nato che punteggiano le coste della Sardegna. Oltre un centinaio i pescherecci che da due giorni incrociano al largo del promontorio che delimita a sud il Golfo di Oristano, guardati a vista dalle motovedette delle forze dell’ordine e della Capitaneria di porto. Il fitto cordone di interdizione ha impedito alle barche di entrare nella «zona rossa», ma le esercitazioni sono state sospese. A terra, poi, un corteo, partito dal piccolo paese di Marceddì, sul grande stagno di Cabras che è l’epicentro della rivolta, è arrivato sino ai cancelli della base di Capo Frasca, dove ieri ha fatto tappa la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito.
Deputati e senatori sono da qualche giorno in Sardegna per raccogliere dati sull’impatto sanitario e ambientale delle basi e in vista di una proposta di legge di riordino e di riduzione della presenza militare in Sardegna.
Ieri mattina una delegazione di pescatori ha incontrato i parlamentari e ha chiesto la chiusura del poligono, le cui attività da decenni limitano, per uno spazio di mare molto ampio, il lavoro delle marinerie di tutta la costa sud orientale dell’isola. Intanto, come misura immediata, i capitani delle barche chiedono che il ministero delle Difesa li indennizzi, in tempi rapidi e certi, del pescato che viene perso a causa delle esercitazioni.
È da lunedì che a Capo Fresca si spara, e si continuerà sino al 25 di novembre. Sono attività addestrative di tiro aria-suolo nelle quali sono coinvolti tre stormi dell’Aviazione militare (Galatina, Cervia e Ghedi) che fanno base all’aeroporto militare di Decimomannu. Secondo le anticipazioni fornite nei giorni scorsi dal sito on line Sardinia Post, il munizionamento impiegato comprende anche «proiettili inerti da 3 a 1000 Kg, come le famigerate bombe MK82, MK83 ed MK84, la cui produzione, per tipologia, non può che ricordare lo stabilimento della Rwm Spa di Domusnovas», lo stesso dal quale partono gli ordigni che la succursale italiana dell’industria tedesca vende ai sauditi, i quali le impiegano nella guerra contro le milizie Houthi in Yemen. Non è poi un mistero che anche quest’anno a Capo Frasca il programma preveda che insieme con i caccia italiani sparino quelli tedeschi (di casa da sempre a Decimomannu) e di altre nazioni Nato.
Oltre che a Capo Frasca, la tensione è notevole anche a livello istituzionale. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti non ha degnato neppure di un breve cenno di risposta la lettera che il 15 settembre scorso le è stata spedita dal presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, che chiedeva indennizzi per i pescatori e l’avvio di un confronto serio sul ridimensionamento della presenza militare in Sardegna. E così ieri Pigliaru ha diffuso una nota in cui si è schierato a sostegno dei pescatori.
La Difesa è nel mirino anche dei parlamentari della Commissione sull’uranio impoverito in missione in Sardegna. In primo luogo per i pass negati ai giornalisti, che non hanno potuto partecipare, né lunedì né martedì, alle visite ispettive che i parlamentari hanno effettuato nel deposito di armi della Marina alla Maddalena e nel poligono del Salto di Quirra. «Una vergogna», l’ha definita il commissario M5S Gianluca Rizzo. «Il ministero – dice Piersandro Scano, presidente Pd della Commissione – deve capire che noi non siamo qui per una scampagnata, ma per far emergere le criticità legate all’ambiente e alla salute, e per verificare come e se vengono smaltiti i rifiuti e i materiali tossici lasciati sul terreno e in mare durante le esercitazioni».
«Sinora – commenta sul fronte di Capo Frasca Gabriele Chessa di Legacoop, portavoce dei pescatori – abbiamo garantito che nessuno facesse colpi di testa, ma in assenza di risposte dalla Difesa non siamo più in grado di garantire niente». Oggi, quindi, si replica. Ancora una volta doppio presidio: in mare, al limite della «zona rossa», e a terra davanti ai cancelli della base.
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