La rivincita di Venus Williams sull’erba di Wimbledon
Sport «Wild card» per la fuoriclasse tennista americana
Sport «Wild card» per la fuoriclasse tennista americana
Ci sarà anche lei a Wimbledon, con una wild card. D’altronde, chi merita di più di Venus Williams un accesso riservato al tempio in erba di Londra? A 43 anni la maggiore delle sorelle Williams ha dato recentemente una lezione – anche di comportamento – all’italiana Camila Giorgi, battuta a Nottingham. È una leggenda, Venus. Ha saputo vincere ma anche concedere spazio a chi, tra le leggende, ha saputo far meglio di lei, ovvero sua sorella Serena, 23 tornei del Grand Slam, forse la più grande di tutte nella storia del tennis.
Eppure il mito delle Williams, edificato nel campetto lastricato di pezzi di vetro a Compton, uno dei ghetti più pericolosi di Los Angeles, con l’ingresso del power tennis nel circuito femminile si è iniziato ad alimentare grazie a Venus, «Venere», come era solita chiamarla Gianni Clerici durante le inimitabili telecronache con Rino Tommasi.
Una carriera che sembrava finita: infortuni, malattie poi il ritorno con nuovi successi.
L’EPIFANIA di una dinastia, condensata poi in libri, serie tv e pellicole, della famiglia Williams, dei duri allenamenti del controverso papà Richard, è stata 24 anni fa al Roland Garros, il primo dei sette tornei dello Slam vinti da Venus, che in verità in finale di un torneo dello Slam c’era finita anche due anni prima, a neppure 16 anni, contro Martina Hingis, allo Us Open. Con Venus si è affermato un nuovo modo di giocare: ritmo, aggressività e forza, palle a un palmo dalla linea di fondo e un’incisività al servizio mai registrata in precedenza nel circuito femminile.
Una rivoluzione, insomma. Anche allora che vinceva praticamente tutto, Venus spiegava che la più forte tra le due era la sorellina, Serena. Insieme hanno scritto la storia, ancora di più fuori dal rettangolo di gioco. Hanno rivendicato, rivendicano ancora sacrosanti diritti civili e sociali quali l’uguaglianza tra i sessi e quella razziale e l’abolizione del gender pay gap. Diritti civili che continuano a latitare nel paese che si autodefinisce il più democratico del mondo e il promotore per eccellenza della libertà individuale.Venus è stata la prima afroamericana dell’era Open a vincere Wimbledon. Lo fece sia in singolare che in doppio (ovviamente con Serena). A inizio millennio ha piazzato una serie di 35 vittorie consecutive, tra tornei dello Slam e l’oro alle Olimpiadi di Sydney.
POI È VENUTA avanti, con tutta la sua dirompente forza, la sorellina. E nel corso degli anni per Venus si è manifestata anche la malattia: Sindrome di Sjogren, debolezza muscolare, una malattia autoimmune reumatica che oltre a toglierle energia l’ha anche profondamente modificata nel fisico e nel morale.
La carriera di Venere sembrava finita. Un duro colpo per una regina, una leggenda come lei ma Venus ha tenuto duro, è passata attraverso la patologia sostenendo sempre dagli spalti i trionfi di Serena. Avrebbe potuto fermarsi da tempo, con una cinquantina scarsa di titoli Wta vinti in carriera, i tornei dello Slam, le medaglie olimpiche, decine di milioni di dollari guadagnati tra campo e sponsor. Invece, va avanti, per amore del tennis.
Errata Corrige
Sull’edizione in edicola e sul sito per qualche ora è stato pubblicato un titolo errato in merito alla superficie dei campi di Wimbledon. Ora è stato corretto. Ci scusiamo con l’autore e con i lettori.
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