La rimozione impossibile di un padre nella autobiografia di Vyvyan Holland
Contrariamente a quanto si crede, il periodo vittoriano contemplò una certa tolleranza verso la vita privata dei suoi artisti: Charles Dickens non vide calare la sua popolarità dopo la burrascosa separazione dalla moglie Catherine, che gli aveva dato dieci figli, e il successivo legame con la giovane attrice Ellen Ternan rimase tranquillamente nell’ombra. Mary Anne Evans, ovvero George Eliot, aveva convissuto a lungo con il critico letterario George H. Lewes, mentre la moglie di lui aveva un altro legame amoroso. Anche gli artisti preraffaelliti non erano modelli di convenzionalità, sebbene praticassero l’omosessualità e a volte la pedofilia lontano dai confini dell’Inghilterra. Quanto al caso di Oscar Wilde, il fatto è che nell’ultimo decennio dell’Ottocento, l’anziana regina Vittoria si era fatta custode più rigida dei costumi della nazione. Inoltre, la cultura toccava ora ceti che in passato ne erano esclusi, raccomandando perciò una cautela maggiore.
Di Wilde, davano fastidio le idee socialiste, la sua teoria dell’arte per l’arte, sganciata da qualsiasi preoccupazione etica, il suo conclamato esibizionismo sulla scena di Londra e nei teatri della capitale, dove le sue opere furoreggiavano in competizione con quelle di un altro irlandese, G. B. Shaw. Lo scandalo esplose nel 1895, quando Wilde trascinò in tribunale il nobile Lord Queensberry, artefice delle regole praticate nella boxe, che lo aveva accusato di avere rapporti scandalosi con il figlio Alfred Douglas. Assolto dall’accusa di calunnia, Queensberry denunciò Wilde e lo fece condannare per omosessualità a due anni di carcere, stroncandogli la carriera letteraria e separandolo per sempre dalla moglie Constance e dai due figli Cyril e Vyvyan, del quale esce ora Essere figlio di Oscar Wilde Il grande scrittore e la sua famiglia nel racconto inedito del secondogenito (a cura di Merlyn Holland, traduzione di Lucia Matano, La Lepre edizioni, pp. 312, € 24,00).
È una autobiografia, pubblicata in origine nel 1954, quando l’omosessualità in Inghilterra era ancora un reato, ulteriormente rivista e integrata nel 1999 da Merlin Holland, il figlio di Vyvyan.
Il cambiamento del cognome dei figli di Wilde, da allora noti come Holland, e la cancellazione dello stesso ricordo del padre e delle sue opere sono tra gli aspetti più drammatici di questo libro, sebbene l’amarezza dell’autore venga attenuata dal progressivo recupero della figura dell’artista tardo-vittoriano, prima, e dal progressivo abbandono della moralità bigotta, favorito anche dall’uscita del volume di Vyvyan; ma si dovette attendere il 1967 per vedere cancellato il reato di omosessualità dalla legislazione inglese. Vividi ricordi dell’infanzia in casa Wilde, quando la famiglia occupava un palazzo in Tite Street, nella zona di Chelsea, emergono dalle memorie di Vyvyan, che descrive sia il loro benessere sontuoso sia l’innocenza dei giochi infantili dei due fratelli, talvolta condivisi da un padre affettuoso. Ma con il processo e poi la condanna tutto cambiò di colpo: i bamini, ora con il cognome Holland, fuggirono con la madre, in Francia, in Svizzera, in Germania, in Italia (dove Constance è sepolta), e vennero affidati a parenti, o a conoscenti talvolta di alto lignaggio, o iscritti a scuole, alcune delle quali crudeli e repressive. Tenuti all’oscuro della sorte del padre, morto nel 1900, ne ignorarono anche l’attività letteraria.
Più ancora della figura di Vyvyan (o Vivian, come venne normalizzato il nome) è quella del fratello maggiore Cyril a risaltare, che del padre sapeva molto di più di quanto non sapesse il più piccolo, e che si arruolò nell’esercito britannico stanziato in India, poi morì nel 1915 combattendo in Francia. Il destino di Vyvyan, l’unico sopravvissuto del suo entourage familiare, sarà dunque raccontare l’esistenza passata all’ombra di una figura assente, spaventosamente ingombrante nel suo fascino, radicalmente negata e tuttavia incancellabile, ritenuta responsabile di ogni disgrazia da parte dei parenti della madre, che presero con sé i due fratelli. Il racconto conclusivo della conversione al cattolicesimo di Vyvyan, dopo un periodo passato presso i gesuiti, forse favorita dalla scoperta in Italia di una fede praticata in modo genuino dai ceti popolari, riavvicina definitamente il figlio a Oscar, che sul letto di morte aveva compiuto il medesimo passo.
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