Il mutamento della ricerca storica e la costruzione di nuovi indirizzi storiografici sono misurabili anche in ragione dell’avvicendamento generazionale tra gli studiosi e per via dell’identificazione di nuovi oggetti di riflessione. Ciò che per i meno giovani è ancora cronaca trascorsa, di cui spesso serbano memoria diretta, per coloro che si presentano oggi sul proscenio degli studi è invece già materia di indagine circostanziata.

L’ampio studio di Michele Di Giorgio, collaboratore di ricerca presso gli atenei di Pisa e Siena, dedicato al tema Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), (Viella, pp. 301, euro 29,00), si concentra sul transito politico, culturale e sociale tra la fine degli anni Sessanta e l’esordio degli Ottanta, un’età di riforme tanto vivaci quanto incompiute. Lo fa da un’angolazione peculiare, ad oggi poco o nulla indagata, ossia il mutamento di struttura che la polizia conobbe in quel tempo, sia in virtù di fattori esogeni – per via delle ricadute all’interno dell’istituzione del clima di tensioni ma anche di speranze di quell’epoca -, sia per ragioni endogene, interne all’organizzazione.

L’AUTORE si adopera soprattutto nell’indagine su questo secondo passaggio, consegnando ai lettori una vera e propria biografia di gruppo di quel movimento di agenti e funzionari della Pubblica Sicurezza che, in almeno un decennio di attività ed iniziative, affinando un percorso di progressiva convergenza di pensieri, intenzioni e pratiche, si adoperò per raggiungere e fare varare la riforma del corpo, portando quindi alla sua sindacalizzazione, alla smilitarizzazione e all’ingresso del personale femminile.

Come per tutte le ipotesi riformistiche, che nell’aprile del 1981 si sarebbe poi tradotta in una legge organica, alla resa dei conti si rivelò in un processo a metà, destinato a raccogliere e valorizzare solo una parte delle istanze espresse nel corso di più di un decennio da migliaia di uomini.

Il volume è diviso in tre grandi capitoli, che si interfacciano tra di loro. Il primo di essi è dedicato alla polizia italiana degli anni Settanta. Il secondo capitolo si sofferma sul movimento per la smilitarizzazione (i «carbonari») e sui tortuosi e difficili passaggi che portarono alla nascita del sindacato di polizia. Di Giorgio ricostruisce, al netto di qualsiasi gratuita aneddotica, episodi e momenti di tensione, di contrapposizione ma anche di rivendicazione identitaria.

Il terzo e ultimo capitolo è rivolto, infine, alla riforma in quanto tale, una sorta di visconte dimezzato, tra emergenze democratiche, pressione delle vicende terroristiche, incipiente depoliticizzazione collettiva, il tramonto progressivo dell’azione pubblica. Era una battaglia di egemonia culturale e ideologica, quella in corso, cercando di continuare ad assicurare alla polizia un ruolo di garante dell’ordine pubblico ma anche di presidio, quanto meno indiretto, nella conservazione degli equilibri politici esistenti. L’autore riflette su questi transiti, interrogandosi sui nodi irrisolti e sui precari equilibri che di volta in volta si manifestavano.

SE NOTEVOLE è la quantità di dati che offre al lettore, non meno importante sono le testimonianze repertoriate. L’immagine complessiva che ne deriva è quella assai meno proclive alla stereotipia di una storia istituzionale fatta di immagini e sembianti e assai più vicina ai protagonisti in carne ed ossa di quei lunghi e laboriosi tempi.