La ricchezza non è un’opinione, quasi
Una scena del film "Who Killed the KLF?" in cui il duo inglese avrebbe bruciato un milione di sterline nel 1994
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La ricchezza non è un’opinione, quasi

Habemus Corpus Una rubrica con errore
Pubblicato circa un anno faEdizione del 17 ottobre 2023

Attenzione: vedi errata corrige in fondo

Chiara Ferragni questa volta ha fatto arrabbiare la Banca d’Italia. Ospite di Alessandro Cattelan nella trasmissione Stasera è Cattelan, ha disquisito sulla ricchezza specificando che chiunque, oggi, con un investimento di 250 euro potrebbe guadagnare in quattro mesi fino a un milione di euro. Al conduttore, e agli spettatori, si sono drizzate le orecchie, consapevoli che quando qualcuno ti promette affari del genere dietro c’è sempre una fregatura. Ma la influencer più famosa d’Italia, sicura di sé, ha continuato fornendo dettagli, poi si è fatta dare lo smartphone di Cattelan, ha aperto un link su una piattaforma che, grazie a un algoritmo di autoapprendimento, scambia criptovalute usando l’intelligenza artificiale e, in diretta e in venti minuti, i 250 euro sono diventati 297. Se non si ritira il profitto, ha continuato Ferragni, il primo milione si può guadagnare in quattro mesi. Anche l’algoritmo a volte sbaglia, ma solo il 20%, per il resto guadagna.

A quel punto Banca Italia ha telefonato dicendo di interrompere immediatamente la trasmissione, cosa che è stata fatta, ma nel frattempo l’ineffabile Ferragni aveva già detto che, se non aveva svelato prima questa gallina dalle uova d’oro è perché se tutti diventassero ricchi così facilmente, chi farebbe più il panettiere, l’insegnante, il tranviere, la cassiera e tutti quei mestieri per cui spesso fatichi ad arrivare a fine mese con agio.

Non è ancora chiaro perché Ferragni adesso abbia deciso di parlare, se la voce dal sen le è fuggita per inconsapevolezza (dubito) o perché ha un contratto per promuovere la piattaforma o se è sicura che, in ogni caso, un falegname che ti fa la cabina armadio su misura in cambio di un selfie lo troveresti. A quel punto ho immaginato che piega prenderebbe il mondo se la gente non avesse più bisogno di lavorare per vivere. Sarebbe la più grande rivoluzione della storia perché salterebbero tutti i parametri, i rapporti di forza, di potere e sociali che hanno funzionato finora. Il lavoro diventerebbe il bene più prezioso, il denaro quello più sminuito perché il primo sarebbe molto richiesto e difficile da reperire, il secondo molto facile da ottenere.

Cresciuti in una società dove fin dalla nascita impari che tutto ha un costo, che per ottenere beni materiali serve il denaro e che il denaro lo devi guadagnare studiando, sudando, facendo di te stesso un bene ambibile, in un contesto così, una piattaforma che rende ricchi con poco ribalterebbe nel profondo anche la psiche perché a quel punto bisognerebbe decidere che cosa fare delle nostre vite. Sarebbe un enorme salto nello sconosciuto perché dovremmo immaginare tutto un immaginario diverso, dovremmo capire e decidere chi siamo e che cosa vogliamo. Se una casa grande il doppio o un divano stellare o una vita in vacanza fossero facili da ottenere, bisognerebbe poi decidere che cosa fare dell’enorme quantità di tempo e mezzi che avremmo a disposizione.

Dopo aver soddisfatto tutto l’insoddisfatto materiale, spunterebbe la grande questione. Chi siamo? Che cosa desideriamo davvero per noi, per gli altri, per la comunità di cui facciamo parte? Il camionista avrebbe ancora voglia di trasportare gli yogurt o i surgelati per gli altri? Il barista continuerebbe ad alzarsi all’alba per aprire il nostro bar preferito? Perché facciamo quel che facciamo? Non credo sia solo per soldi, non per tutti. Tolti quelli come merce di scambio, e di ricatto, si aprirebbe per l’umanità la sfida di darsi un nuovo senso del vivere, da soli e come moltitudine, e questa è una faccenda tremendamente seria, politica e filosofica.

mariangela.mianiti@gmail.com

Errata Corrige

Smentita per l’Habemus Corpus di martedì 17: «Ho sbagliato»

Le cose stupide esistono e a volte, purtroppo, si fanno.

Io l’ho fatta con l’Habemus Corpus di martedì 17 ottobre scorso intitolato “La ricchezza non è un’opinione, quasi”. L’errore, grossolano ed enorme, è stato quello di non aver verificato fino in fondo la notizia che la Banca d’Italia aveva chiesto di interrompere un’intervista di Alessandro Cattelan a Chiara Ferragni nella quale l’influencer promuoveva una piattaforma di scambi di criptovalute capace di far diventare ricchi in pochi mesi e con un investimento modesto.

Quella intervista non è mai avvenuta, di conseguenza Banca d’Italia non ha mai chiesto di interromperla, Chiara Ferragni non ha mai promosso quella piattaforma e se la notizia gira sull’online è il frutto di una truffa ben architettata che usa nomi di personaggi famosi per invogliare le persone a investire con la promessa di enormi e facili guadagni.

Habemus Corpus non voleva promuovere quella piattaforma, ma riflettere sul senso della ricchezza e il valore del lavoro, ma quando la riflessione parte da un falso, il falso prevale.

Potrei dire che ho sbagliato per stanchezza, perché mi faceva male la pancia, perché stavo correndo da un ospedale a un asilo, ma nessuna di queste ragioni avrebbe valore perché quando si sbaglia vuol dire che non hai ascoltato abbastanza quella voce interiore che ti dice “Attenzione, pericolo”.

Mi cospargo il capo di cenere, chiedo scusa a Chiara Ferragni e a Banca d’Italia, ma soprattutto ai lettori de il manifesto.

Mariangela Mianiti

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