La rete si chiude intorno a Messina Denaro Caccia al covo del boss
Il superlatitante bloccato a Palermo dai Ros mentre sta entrando in una clinica per curarsi. Applausi al momento dell’arresto
Il superlatitante bloccato a Palermo dai Ros mentre sta entrando in una clinica per curarsi. Applausi al momento dell’arresto
Per tre mesi di fila hanno ascoltato intercettazioni di amici e parenti, fatto appostamenti, riscontri telematici, incrociato informazioni. Matteo Messina Denaro forse è malato. E’ solo un sospetto. Si sta facendo curare da qualche parte. Ma dove? Da chi? La squadra dei Ros ci lavora senza sosta, anche a Natale e a Capodanno. Sempre in stretto raccordo con l’aggiunto Paolo Guido e il capo della procura di Palermo Maurizio De Lucia, titolari dell’indagine. Si fanno liste, si scremano nomi di gente malata. Quattro giorni fa quel sospetto diventa una pista calda. Caldissima. Hanno un nome i carabinieri del reparto speciale: Andrea Bonafede, 59 anni di Campobello di Mazara (Tp). Con quel nome risulta una prenotazione per una visita nella clinica privata «La Maddalena», tra le eccellenze nelle terapie oncologiche, a Palermo. Ma dai riscontri qualcosa non quadra agli investigatori, come se ci fossero due persone con gli stessi dati anagrafici, ma i Ros avrebbero quasi la certezza che il vero Bonafede non andrà a Palermo. Si decide di procedere con un blitz nella clinica. In un vertice d’urgenza la sera prima, Procura e Ros pianificano tutto.
MENTRE GLI INQUIRENTI organizzano la missione top secret del giorno dopo, nelle stesse ore in una prestigiosa villa nel centro di Palermo, a cinque chilometri dalla clinica, si fa festa. Il festeggiato è Guido Filosto, proprietario della clinica La Maddalena: compie 94 anni. Nella tavolata allestita nel salotto di un’ala della villa ci sono tante autorità: c’è il governatore della Sicilia Renato Schifani, c’è il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, c’è Totò Cuffaro, c’è il professore Elio Cardinale. In un’altra saletta della villa, non invitati e lì per conto proprio, c’è Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato a Capaci, con alcuni amici; e in un altro tavolo c’è Gianfranco Miccichè, anche lui con amici.
Nella notte gli uomini del Ros definiscono i dettagli del blitz. Centocinquanta carabinieri incappucciati e armati poco dopo le 7.30 circondano la clinica privata, che si trova nella periferie nord-ovest della città. I medici vengono fermati all’esterno, le sale operatorie chiuse, gli ascensori fermati. I militari del Ros bloccano il traffico. Un gruppo di investigatori entra nella clinica, alcuni si dirigono verso il piano dove si fanno le visite in day hospital. Un militare chiede di Andrea Bonafede. E succede l’imprevedibile. Bonafede non c’è. Dov’è? Sono attimi febbrili. Parte l’ordine di setacciare tutte le strade all’esterno della clinica, nessuno deve potere sfuggire ai controlli. In una strada laterale alla clinica due carabinieri corrono, bloccano un uomo. Indossa un giaccone di montone, cappellino. Alcuni passanti filmano la scena con gli smartphone. «Preso… preso», urla un militare. Altri carabinieri accorrono, alcuni armi in pugno. Si muovono frenetici fra le auto parcheggiate. Si abbracciano. «Sono Matteo Messina Denaro», ammette l’uomo ammanettato. L’hanno preso. «Bravi bravi» gridano alcune persone che assistono alla scena. La gente applaude per strada, stringe le mani ai carabinieri.
PARE CHE MESSINA DENARO abbia tentato di dileguarsi, ma stavolta non c’è riuscito. Dopo avere fatto il tampone anti-Covid, il superboss sarebbe salito al piano per la chemioterapia, ma giunto alla reception si sarebbe reso conto del blitz in corso. Ma questa volta la fuga non gli è riuscita.
Ora emerge che il latitante era arrivato alla Maddalena per la prima volta nel gennaio 2021. Il 13 novembre 2020 era stato operato per un cancro al colon nell’ospedale «Abele Ajello» di Mazara del Vallo. Il boss, «alias Bonafede», ha un medico curante a Campobello di Mazara che sicuramente gli ha fatto una prescrizione di accompagnamento. Nella clinica palermitana i medici gli fanno una risonanza magnetica e scoprono che ha metastasi al fegato. Il “male” non è stato estirpato. Cominciano quattro cicli di chemio da gennaio ad aprile sul paziente che risulta pesare 68 kg per 177 cm di altezza. Il 4 maggio 2021 viene operato per la resezione di alcune metastasi. Lui si raccomanda prima dell’intervento: «Forza dottore ce la facciamo. Mettetemi a posto che devo tornare in palestra». Poi ringrazia appena si risveglia. E lascia pure della latte di olio extravergine di oliva per i sanitari. Per loro è un paziente come tutti gli altri. Alcuni si fanno pure dei selfie con lui. Cominciano quindi altri cicli di chemioterapia: 12 nel 2021 e 10 nel 2022. E deve continuare anche quest’anno. Ma com’era Messina Denaro secondo chi lo ha visto e ha parlato con lui in questi anni per ragioni professionali mediche senza sapere che fosse il ricercato numero uno d’Italia? Un uomo elegante, che in reparto aveva la giacca da camera, metteva soprabiti in pelle con camicie stile hawaiano, parlava del suo amore per le donne. Aveva detto di avere due figlie che però vivevano fuori e di non avere altri parenti.
Le restrizioni per il Covid non hanno fatto peraltro sorgere sospetti durante il ricovero perché l’uomo non riceveva visite in quanto i familiari non sarebbero potuti entrare. Anche i pazienti che lo hanno conosciuto lo ricordano come una persona affabile. A una donna che faceva chemio con lui avrebbe pure chiesto il numero di cellulare. «Stavamo nella stessa stanza – ha raccontato – era una persona gentile, molto gentile». E poi aggiunge: «Ci sono anche mie amiche che hanno il suo numero di telefono, lui mandava messaggi a tutti. Ha scambiato messaggi con una mia amica fino a questa mattina». Aveva un telefonino Messina Denaro a cui rispondeva a chi lo chiamava. Quindi stupore, anche sgomento, e un pizzico di timore i sentimenti che hanno attraversato la mente di decine tra amministrativi, infermieri, medici della Maddalena dopo la scoperta di chi fosse in realtà Andrea Bonafede. «Amo stare solo, mi piace vivere, mi piacciono le cose belle», aveva detto il boss scambiando quattro chiacchiere con i sanitari. «Era un uomo garbato, a modo suo sofisticato – dice un medico – Nessuno poteva sospettare fosse un boss ricercato accusato di stragi e omicidi. Era sempre gentilissimo, calmo, sorridente. Aveva un suo stile».
ASSIEME AL SUPERBOSS, è stato arrestato un fiancheggiatore, Giovanni Luppino: è un commerciante di olive, agricoltore di mestiere, incensurato. È stato lui a portare Messina Denaro in auto nella clinica privata di Palermo per le cure. Luppino è di Campobello di Mazara, paese vicino a Castelvetrano, città natale del boss. Da qualche tempo gestiva, insieme ai figli, un centro per l’ammasso delle olive cultivar Nocellara del Belìce proprio alla periferia del paese. La sua funzione era quello di intermediario tra i produttori e i grossi acquirenti che, in zona, arrivano dalla Campania.
Ora è caccia al covo. I magistrati di Palermo starebbero per individuarlo. Dalla perquisizione del nascondiglio potrebbero venir fuori elementi rilevantissimi per gli investigatori che, dopo la vicenda clamorosa della mancata perquisizione del covo di Totò Riina, staranno bene attenti a scoprire e a passare al setaccio la casa del boss. La zona tra Campobello e Castelvetrano, paese di Messina Denaro, è battuta palmo a palmo. Nelle ricerche i carabinieri hanno impiegato anche delle ruspe. Altro aspetto importante, tutto ancora da scandagliare, è quello della rete dei fiancheggiatori. Oltre a Luppino, arrestato in flagranza, e ad Andrea Bonafede, la cui posizione è ancora al vaglio degli inquirenti, chi ha coperto, favorito e finanziato la fuga di Messina Denaro negli ultimi tempi?
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