La Resistenza in Myanmar, parla un guerrigliero
Intervista L'esperienza di un combattente contro le forze del regime militare, in un paese che conta ben 135 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti, e altrettanti non riconosciuti, tra cui i Rohingya e altre popolazioni di origini indiane e cinese
Intervista L'esperienza di un combattente contro le forze del regime militare, in un paese che conta ben 135 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti, e altrettanti non riconosciuti, tra cui i Rohingya e altre popolazioni di origini indiane e cinese
In Myanmar la resistenza dei gruppi armati contro le forze del regime, che contano 200.000 soldati, si inasprisce sempre più. Secondo Ko Zin, guerrigliero di 29 anni, mentre le milizie e la resistenza crescono, il Tatmadaw (esercito birmano) risponde con persecuzioni, intimidazioni, attacchi non solo contro le EAOs (Ethnic armed organisations), ma anche contro i civili. Torture, esecuzioni, detenzioni extragiudiziali e arbitrarie contro la popolazione ormai non si contano più. I militari posizionano nei campi e nei villaggi mine antiuomo, fanno raid aerei, attacchi di artiglieria e di mortaio verso abitazioni, scuole, chiese e monasteri. Sono 150.000, dati di Amnesty International, gli sfollati costretti ad abbandonare le proprie case e centinaia i civili morti solamente nelle regioni del Kayin e del Kayah. Spesso chi scappa trova rifugio nella giungla dove sopravvive in condizioni disumane e senza la possibilità di accedere a strutture sanitarie.
Il Myanmar conta ben 135 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti, e altrettanti non riconosciuti, tra cui i Rohingya e altre popolazioni di origini indiane e cinese. Tra questi otto sono i «gruppi maggioritari» divisi per aree geografiche: Bamar, Chin, Kachin, Karen, Kayah, Mon, Rakhine, Shan. Il colpo di stato ha favorito un riavvicinamento delle differenze che hanno a lungo tenuto separate le minoranze etniche del Paese. Tutti i gruppi etnici del Myanmar, infatti, hanno imbracciato le armi insieme per fronteggiare le forze militari.
Ko Zin, Noah il nome da combattente, è originario di Mandalay. Prima del 1° febbraio del 2021, giorno in cui è avvenuto il golpe militare, lavorava in una ONG come operatore umanitario a Taungoo. Ora si trova in prima fila contro l’esercito ed ha accettato di parlare della situazione generale del paese e delle condizioni in cui opera la guerriglia.
Per quale ragione e da quando ti sei unito alle EAOs (Ethnicarmed organisations)?
Dal giorno in cui sono saliti al potere i militari ho dato il mio sostegno a chiunque si volesse opporre al SAC (State Administrative Council): dapprima con delle donazioni e con il reperimento di fondi, poi con il trasporto di armi e la selezione di alcuni volontari e CDM (persone del servizio pubblico che partecipano ai Movimenti di Disobbedienza Civile) che erano in disaccordo con l’articolo 66/D e l’arrivo al potere della giunta. Ho lavorato in questo modo per sei mesi, fino al giugno del 2021. A luglio ho deciso di impugnare le armi. Non appena sono tornato a Mandalay sono entrato a far parte del gruppo UG (Underground Governement costituito dalle forze che si oppongono allo state Administration) della nostra borgata e mi sono unito ad alcuni miei amici. La nostra missione era selezionare i volontari che volevano partecipare all’addestramento militare, addestrarne altri sulla costruzione di bombe artigianali e raccogliere informazioni sui militari e sui dalan (informatori in lingua birmana), per poi arrestarli e giustiziarli. Ma più tardi, nell’ agosto dello stesso anno, il SAC ha represso in modo spietato l’UG ed alcuni manifestanti. In quel mese i miei compagni d’infanzia e i miei amici più cari sono stati arrestati e giustiziati.
A quale formazione appartieni? Qual è l’età media e provenienza sociale di chi vi partecipa?
Il massacro dell’agosto del 2021 ha segnato la mia partenza per la regione di Kachin per prendere parte all’addestramento militare alla KIA (Kachin Independence Army). Dopo un addestramento di tre mesi, ho combattuto due battaglie contro il Tatmadaw nella regione di Kachin. In seguito, mi sono trasferito nello Shan settentrionale. Ora mi trovo nel MDY- PDF (Mandalay People Defence Force). Approssimativamente l’età media nella mia brigata è di 24 anni e il 97% di loro risiede nella divisione di Mandalay, il 3% nelle divisioni di Yangon e Sagaing.
Quante EAOs sono presenti in Myanmar e come sono organizzate? Comunicate tra di voi o siete cellule indipendenti?
In generale si possono contare trentatré organizzazioni armate etniche. Io mi trovo sotto la catena di comando del NUG e delle EAOs. Sebbene tra alcune EAOs esiste una buona comunicazione, alcune rimangono ancora ostili per via della loro storia. KIA, AA, MNDAA e TNLA sono gli alleati della regione settentrionale, le RCSS/SSA, SSPP/SSA, MNDAA, PNA e PNLA invece sono state fondate nello Stato dello Shan (nord, sud, est). La TNLA assieme all’SSPP spesso affrontano in battaglia le RCSS (Restoration Council of Shan State)/SSA (Shan State Army). Le KIA, il KNU, il KNLA, l’AA e il TNLA sostengono pienamente i PDF (People’s Defence Force) e il governo di unità nazionale NUG (governo del Myanmar clandestino formato dal Comitato di rappresentanza del Pyidaungsu Hluttaw) con armi, addestramento e forze militari.
Quali sono i leader nazionali delle forze ribelli e quali storie hanno alle loro spalle?
Non abbiamo un leader ma piuttosto delle EAOs che prendiamo come modello da seguire. Queste sono le KIA, KNU e AA. La persona più popolare di questi tempi è Guan Maw, generale dell’Esercito d’Indipendenza Kachin (KIA). Nonostante ciò, alcuni di noi sono ancora sotto l’influenza di Daw Aung San Su Kyi. Nel passato la sua presenza è stata di grande impatto, anche se ora il suo concetto di pace non sembra funzionare.
Come vi finanziate e chi vi sostiene?
Purtroppo, il Myanmar è un Paese povero e poco sviluppato e i fondi a nostra disposizione sono limitati. Per lo più vengo mantenuto mensilmente dai miei amici più stretti. Questo sostegno è confidenziale, poiché verrebbero arrestati se il SAC dovesse scoprirli. In quanto parte del gruppo MDY-PDF troviamo donatori in tutto il Paese, anche se tutt’ora ci troviamo di fronte a molte difficoltà a causa del decadimento delle infrastrutture commerciali del Paese.
Su quali forze potete contare?
Ora mi trovo in una EAO nello Shan settentrionale e possiamo contare su rifornimenti di armi, strategie e molti aiuti.
Come è organizzata la vostra giornata?
Siamo di guardia tutto il giorno. Dobbiamo svegliarci alle 4 del mattino e metterci al lavoro, ognuno con i propri compiti. Quando siamo in prima linea non possiamo cucinare riso e curry, non possiamo accendere fuochi e fare del fumo. Di notte non possiamo usare la torcia elettrica e non possiamo fare alcun rumore, a volte non possiamo nemmeno permetterci di sussurrare. È questione di momenti essere localizzati dai militari ed essere presi di mira dai loro mortai pesanti 120 mm. Per cucinare solitamente facciamo due ore di camminata dalla nostra postazione fino ai ruscelli dove possiamo raccogliere l’acqua essenziale per preparare i pasti.
In che cosa consiste la vostra tattica di guerriglia e cosa volete ottenere?
Non abbiamo ancora nessun controllo sull’area dello Shan settentrionale e in questo momento stiamo pianificando un’azione per riprenderci alcuni territori a partire dalle zone rurali. A seguire vogliamo riconquistare le città una ad una a partire dalla capitale. Tuttavia, non è facile avvicinarsi alla regione di Mandalay. I SAC sanno che Yangon, Mandalay, Naypyitaw e Pyin Oo Lwin sono l’arteria principale del paese: un grande punto strategico, una linea difensiva, un importante centro di logistica e propaganda.
Che tipo di azioni fai e quali sono i vostri obiettivi?
Il mio ruolo nella compagnia consiste nel gestire il registro di cassa, le razioni oltre a combattere contro i militari.
Ciò che tutti noi vogliamo è porre fine a questa dittatura e celebrare la nostra vittoria il più presto possibile. Tutti noi vogliamo la democrazia e tornare a casa dai nostri cari.
C’è qualche esperienza o memoria che pensi sia importante condividere?
Durante la battaglia contro i militari nella regione di Sintgu, la nostra fanteria si è spostata dallo Shan settentrionale alla regione di Mandalay con due battaglioni da 180 persone per venire incontro all’altra divisione. All’inizio ci siamo sistemati a debita distanza dal confine dalla regione di Mandalay. Poi, per un problema alla rete telefonica seguito da difficoltà logistiche e di comunicazione, assieme al battaglione «armi pesanti» ci siamo trasferiti su una collina nelle vicinanze. Qui finalmente potevamo accedere alla rete. In tutto eravamo due battaglioni sulla collina e sei sistemati alle pendici.
Un giorno i militari si sono accorti che ci stavamo avvicinando alla Mandalay Division, una cinquantina di loro ci circondarono e altrettanti si sparpagliarono nell’area circostante. Ogni volta che ripenso a quel momento mi sale il terrore. Noi eravamo dall’altra sponda di un torrente e i militari dall’altra. Eravamo già a conoscenza che erano stanziati in quella zona, ma mai avevamo preso l’iniziativa di attaccarli. Così siamo rimasti lì, in silenzio. Il giorno dopo, verso le 7.45 del mattino, siamo stati caricati mentre i nostri compagni scendevano dalla montagna per prendere le nostre razioni, poiché eravamo a corto di cibo. In quel momento i militari incrociano il nostro battaglione ed inizia uno scontro sanguinoso. In quella battaglia è morto un nostro compagno, uno è andato disperso, ci sono stati però cinque morti e molti feriti nei ranghi del nemico.
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