Visioni

La resistenza è un film

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Cinema Un omaggio a Jean Marie Straub, oggi e domani alla Cineteca nazionale di Roma, con la proiezione di «Kommunisten». E in maggio il regista sarà al Padiglione Italia della Biennale con una installazione

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 25 aprile 2015

Per chi è a Roma oggi (ma anche domani), l’appuntamento imperdibile è con la giornata della Cineteca Nazionale – curata da Fulvio Baglivi- che col titolo «Resistenza e liberazione» porta sugli schermi della sala di vicolo del Puttarello (info www.fondazionecsc.it) il nuovo film di Jean Marie Straub Kommunisten, insieme a un omaggio dedicato all’opera di un regista che della Resistenza ha fatto materia del suo/loro (insieme a Danièle Huillet) cinema, mettendo in gioco la Storia e non la retorica, i rapporti di classe e non le «versioni ufficiali».

 

 

A introdurre la giornata verrà proiettato Paisà di Roberto Rossellini – ricordo del Centro sperimentale di Ciro Giorgini, cinefilo appassionato, fondatore dello storico cineclub romano l’Officina, autore di Fuori orario, di cui si vedrà, prima del film di Rossellini, il lavoro di montaggio Roma per Rossellini (2005).

 
Facciamo una digressione. Straub sarà alla prossima Biennale Arte di Venezia (apertura il 9 maggio) nel Padiglione Italia con una installazione, la prima della sua carriera, che dichiara provocatoriamente: «Il progresso non è la fuga in avanti nella crescita, nello sviluppo, è il salto della tigre nel passato!». Spiega il curatore, Giulio Bursi: «Nell’intera opera di JMS, dal 1963 fino al 2006 al fianco di Danièle Huillet – passato e presente vengono fatti entrare in un’unica costellazione, dove il passato (il compiuto) ritrova l’attualità, ed il presente una nuova compiutezza. I loro film segnano la fine della convivenza tra una concezione rivoluzionaria della storia e un’esperienza tradizionale del tempo, non più presentato come puntuale e continuo, ma spezzato, come se in ogni brusca interruzione ci si volesse sottrarre all’asservimento del tempo quantificato (il tempo non è denaro) creando un’esperienza di tempo interrotto, nella ricerca di un tempo pieno come vero luogo di costruzione della storia».

 

 

Il corpo dell’installazione, che avrà un suo spazio «a parte» nel padiglione Italia, una sorta di piccola sala cinematografica, è un film di Straub-Huillet, Lezioni di storia, girato a Roma nel 1972, precisamente le ultime sette delle cinquantasei inquadrature del film i cui dialoghi sono tratti dal romanzo postumo di Brecht Die Geschäfte des Herrn Julius Caesar (Gli affari del signor Giulio Cesare). A «filmare» la pellicola in 16 millimetri del film di cui ormai si sono perduti i colori è stato a New York, e in digitale il meraviglioso cineasta Amir Naderi, seguendo le indicazioni dello stesso Straub.

 

 

Quel film dunque diventa un materiale, procedimento che Straub mette in atto anche in Kommunisten, dove utilizza immagini da Operai, contadini; Troppo presto, troppo tardi; Fortini/Cani; Der Tod des Empedokles (La morte di Empedocle); Peccato nero per una riflessione sul comunismo, che si apre con un frammento di Le Temps du Mépris di André Malraux, in cui lo stesso Straub recita la parte dell’inquisitore.

 
Kommunisten sono Straub (e Danièle Huillet), ma è soprattutto quel loro cinema che ha attraversato un secolo, il Novecento, di cui il film mette in atto una disamina implacabile e feroce affidando il giudizio finale a Danièle Huillet e al suo «Neue Welt?» hölderliniano dell’ultima inquadratura. Ogni «frammento» di quei materiali porta in un terreno aperto, in un passato che ci appare attuale perché gli interrogativi che pongono sono rimasti senza risposta, se non quella di un’immagine che con determinazione non smette di porli.
Lotta di classe, dunque, e resistenza; lotta al colonialismo che comincia in fabbrica. Cosa significa comunisti? Cosa è nella Storia e cosa oggi in questo film che scompone la produzione di senso storico senza retorica della convenienza?

 
In programma anche La madre, ultimo film da Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, Un conte de Michel de Montaigne; A propos de Venise, un testo di Maurice Barrés per interrogare l’Europa di inizio millennio, Dialogue d’ombres.

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