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“La repressione non serve”

“La repressione non serve”Il presidente della Camera Laura Boldrini con il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini

Boldrini La presidente della Camera torna a criticare le leggi leghiste sull’immigrazione: «E’ ora di cambiare»

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 6 ottobre 2013

«Questo è il momento in cui le cose devono cambiare. Spero che questa ennesima tragedia non venga sdoganata con qualche minuto di cordoglio. La politica dia seguito con misure legislative». E’ il grido lanciato ieri da Laura Boldrini. Il presidente della Camera è arrivata a Lampedusa l’altra sera. Ieri ha visitato il centro d’accoglienza stracolmo di migranti e ha partecipato alla cerimonia nella camera ardente allestita nell’aeroporto dell’isola per commemorare le 111 vittime recuperate finora. Boldrini si è anche impegnata a permettere il riconoscimento delle salme da parte dei sopravvissuti.
«Con le misure repressive non risolveremo mai il problema – ha detto – è impensabile che chi fugge da guerre e morte si fermi davanti a ipotesi di reato». E ancora: «La politica deve dare seguito nelle misure che dovranno essere apportate, a livello legislativo, dei rapporti con i paesi di origine e del coordinamento dei soccorsi in mare. Ho assistito a troppi morti. Tutto si ripete in maniera drammatica, macabra. Bisognerà porre un punto. Chi soccorre in mare fa una cosa legittima e doverosa a prescindere dalle leggi. Soccorrere è un dovere, non un reato». Le ha fatto eco il presidente del Senato Pietro Grasso che ha definito «inumana» l’indagine dei sopravvissuti per il resto di clandestinità: «E’ questo che dobbiamo cercare di cambiare. Servono modifiche a reato di clandestinità e diritto d’asilo un quadro normativo più agile».
Eppure gli appelli delle più alte cariche dello stato non sono sufficienti. Laura Boldrini, che ha dedicato la sua vita e ha costruito meritoriamente la sua carriera politica sulla difesa dei diritti dei migranti, non può non porsi il problema di come trasformare le sue sacrosante parole in fatti concreti. Sicuramente non può accettare l’idea che anche adesso, anche come presidente della Camera, non riesca a fare altro che metterci la faccia e lanciare un messaggio per quanto forte e chiaro. Per il momento, però, sembra lei stessa a sentire di non potere fare di più: «Non voglio entrare nel merito delle questioni politiche – ha frenato – Io ho un ruolo super partes, faccio la presidente della Camera». Se ne ricava un senso di impotenza quasi insopportabile che risuona anche nelle giuste dichiarazioni di Vendola – «Vergogna», ha tuonato ancora il leader di Sel – e di quegli esponenti del Pd che anche ieri hanno chiesto di cambiare la Bossi-Fini sulla scorta di quanto già aveva affermato il segretario Guglielmo Epifani.
Il punto è: il Pd – che in passato troppo spesso ha inseguito le destre sul tema dell’immigrazione – adesso è disposto ad andare fino in fondo in questa imprescindibile battaglia di civiltà? Anche a costo di mettere in difficoltà il governo delle larghe intese?
Se la risposta è negativa, come gli equilibri della strana maggioranza lasciano pensare, allora saranno parole inutili. Ancora una volta l’avranno vinta Gasparri, Cicchitto, Maroni, Bossi, Cota, Salvini e tutti gli altri che sulla pelle dei morti sono pronti a tutto pur di difendere le loro leggi razziste. «Cambieranno la Bossi-Fini? Mi auguro di no, sono tutte discussione ipocrite che sia colpa della Bossi-Fini quello che è accaduto – ha detto Roberto Maroni, l’ex ministro che ha introdotto il reato di clandestinità – la colpa è di chi non fa gli accordi internazionali che io ho fatto, per pattugliare le coste e impedire le partenze». Bossi aveva già difeso la sua legge la sera prima mandando a quel paese il ministro Kyenge. Per il senatur «è l’unica barriera contro questa invasione di clandestini. Insistere sull’accoglienza è solo retorica per prendere voti. E’ inutile fare finta di essere bravi e aprire le porte a tutti. Non abbiamo la possibilità di aiutarli. L’Italia non può essere la portaerei per tutti i clandestini del mondo». Ma non è solo la Lega a fare le barricate anche il Pdl, nelle sue varie componenti, non ammette alcun cambiamento alle leggi sull’immigrazione. Maurizio Gasparri ieri lo ha detto chiaramente: «Inutile prendersela con la Bossi-Fini. La legge va bene, non va smantellata e tutte le critiche di questi giorni sono pretestuose e negano l’evidenza». E su questo tema non c’è dissidenza che tenga. Basta ascoltare le parole di Fabrizio Cicchitto, l’asso della manica di Enrico Letta, uno degli uomini a cui il presidente del consiglio deve di più per aver salvato il suo governo dall’ira funesta di Berlusconi: «Questa insistenza di modificare la Bossi-Fini rischia di tradursi in un messaggio totalmente sbagliato. L’Italia così rischia ancora di più di diventare una sorta di area molle su cui si concentra l’attenzione di tutti coloro che vogliono emigrare». Altro che colombe.

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