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La renziana Cdp

La renziana CdpMatteo Renzi

Nuova finanza pubblica Renzi ha deciso di legare il più possibile a sé il futuro di Cassa Depositi e Prestiti, modificandone i ruoli di comando

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 18 luglio 2015

E così anche su Cdp si allungano le mani del premier. In evidente affanno perché la cavalcata di riforme messa in campo non produce alcun cambiamento della situazione economica del Paese e provoca tracolli elettorali da parte degli irriconoscenti italiani, Renzi ha deciso di legare il più possibile a sé il futuro di Cassa Depositi e Prestiti, modificandone i ruoli di comando.

Se ne va di conseguenza l’inossidabile Franco Bassanini, liquidato in brevissimo tempo dalle sinora adoranti fondazioni bancarie (socio di minoranza di Cdp), alle quali è bastata la conferma da parte del premier che i lauti dividendi distribuiti in questi anni non venissero in futuro scalfiti per metterlo alla porta.

Il fatto è che Cdp ha raggiunto i 250 miliardi di raccolta del risparmio postale. Pensiamo a cosa potrebbe significare finalizzarli -come è sempre stato dal 1850 fino alla privatizzazione del 2003- a sostenere a tassi agevolati gli investimenti degli enti locali: avremmo risolto il dissesto idrogeologico del territorio, sistemato gli acquedotti con tanto di fognature e depuratori, ammodernato la rete dei treni regionali rendendo civile il trasporto dei pendolari, fatto tutti gli asili nido che l’Europa ci chiede dal trattato di Lisbona in avanti, riutilizzato in funzione sociale l’enorme patrimonio pubblico dismesso.

Niente di tutto questo è naturalmente all’orizzonte: Cassa Depositi e Prestiti, da tempo lanciata nel sostegno alle banche per il credito ai privati, nel rafforzamento dell’italianità (?) delle grandi aziende, nella gestione delle reti energetiche e nel finanziamento di tutte le grandi opere possibili, ora entrerà anche nel capitale sociale di aziende in crisi e nel business della banda larga.

Ai Comuni rimarrà il forte sostegno di Cdp in tutte le scelte di privatizzazione dei servizi pubblici locali e nel grande compito della dismissione del patrimonio pubblico a favore dei privati.

Per aver chiaro tutto ciò basta vedere il profilo dei nuovi chiamati a gestire a gestire la cassaforte d’Italia: il nuovo Presidente di Cdp è Claudio Costamegna, presidente di Salini-Impregilo,colosso della costruzioni e delle infrastrutture, ex global coordinator di Goldman Sachs e consulente di Prodi nel gigantesco programma di privatizzazioni del nostro Paese degli anni ’90 del secolo scorso; per la prima volta c’è anche un Vicepresidente (le fondazioni scalpitavano) ed è Mario Nuzzo, già nel precedente CdA ed ora salito di grado, presidente della Fondazione Tercas ( Cassa di risparmio della provincia di Teramo), la cui omonima banca di riferimento è stata commissariata nel 2012 da Banca d’Italia (buco da 600 milioni e vertici della banca sotto processo) e salvata dal fallimento grazie all’acquisizione da parte della banca popolare di Bari.

Il nuovo amministratore delegato è Fabio Gallia, manager bancario, ex ad di BnP Paribas in Italia, per nominare il quale, essendo rinviato a giudizio dalla procura di Trani per un’inchiesta sui derivati, Cdp ha dovuto modificare, peggiorandola, la clausola di onorabilità scritta nello Statuto.

Una squadra che sicuramente amplierà il ruolo di Cdp come veicolo per l’ingresso nell’economia italiana dei grandi capitali e per uno sviluppo globale finanziarizzato che annichilisce le comunità territoriali, in cui vivono gli oltre 20 milioni di persone che affidano a Cdp i propri risparmi. Quanto tempo dovrà passare prima che gli Enti Locali, strangolati dal patto di stabilità interno e con quasi nessuna risorsa per investimenti pubblici, chiedano a gran voce il ritorno di Cdp al suo ruolo originario?

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