Visioni

La realtà nel flusso del Museo digitale

La realtà nel flusso del Museo digitale

Maboroshi Situato ad Odaiba, l’isola artificiale che già ospita la grande statua del Gundam, lo spazio non tratta solo opere da vedere

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 7 luglio 2018

Il cielo azzurro, le nuvole che corrono veloci spinte dal vento, qualche gabbiano, il frusciare dell’erba. Una scena bucolica che d’improvviso si annulla rivelando quel che in realtà è, una proiezione tridimensionale e quasi iper-realistica di un passato che non c’è più, in una stanza all’interno di una torre, in un futuro post-apocalittico dove la civiltà è stata quasi spazzata via da una guerra.

Gli appassionati di animazione giapponese ricorderanno quasi certamente la scena, l’abbiamo vista nel capolavoro seriale Conan il ragazzo del futuro, anime con cui Hayao Miyazaki si presentava in Italia nei primi anni ottanta. L’intento dell’autore giapponese era certamente quello di avvisare, con un messaggio ecologico, le possibili distruzioni guidate dalla sete di potere, ma questa stanza delle meraviglie è diventata in qualche modo profetica. Non solo ha anticipato le varie realtà virtuali che caratterizzano in modo così marcato le arti ed i media del nuovo millennio, ma la creazione di uno spazio tridimensionale che si muove e si adatta a coloro che in esso si spostano ci ha ricordato, quasi un’illuminazione, il nuovo Mori Building Digital Art Museum di Tokyo. Aperto da poche settimane è già diventato una delle mete più gettonate per turisti giapponesi ed internazionali, tanto che al momento in cui scriviamo è molto difficile trovare giorni in cui prenotare i biglietti.

Situato, e mai location potrebbe essere più azzeccata, ad Odaiba, l’isola artificiale che già ospita la grande statua del Gundam, il museo, come il nome suggerisce, è interamente dedicato all’arte digitale, ma non si tratta di opere solo da vedere, anzi camminando e muovendosi al suo interno ci si sente avviluppati da questo flusso di realtà generata da più di 500 computer, 470 proiettori in uno spazio di circa centomila metri quadrati. Il movimento ed il flusso sembra essere il denominatore comune del museo, spostandosi al suo interno le opere non solo si combinano tra loro, ma cambiano, quasi come lo spazio della meccanica quantistica, a seconda delle persone ivi presenti.

Il museo nasce dalla collaborazione della Mori Building e del collettivo artistico TeamLab, ed è diviso in cinque zone comunicanti.  La prima, «Borderless», concettualmente ricorda la stanza in Conan di cui si scriveva più sopra, foreste, uccellini e cascate accompagnano il visitatore nel suo tragitto, mentre «Athletics Forest», è una sorta di palestra per la mente, almeno secondo i progettatori, dove saltando od arrampicandosi su dei pali si gioca con il senso dello spazio. Educativa e decisamente rivolta ai più piccoli la terza zona, «Future Park», dove i bambini possono divertirsi ed imparare attraverso giochi e varie attività. «Forest of Lamps», zona dedicata ai colori ed alle luci e «En Tea House», dove l’idea della casa del tè giapponese si ibrida alla realtà aumentata, sono gli ultimi spazi che concludono la visita.

Una delle caratteristiche del museo è quella di essere in costante cambiamento, non solo come abbiamo spiegato le varie forme e colori mutano a seconda del visitatore, ma i temi cambiano a seconda del progredire delle stagioni.

Se è vero che la realtà come qualcosa di effimero e transeunte non è affatto una caratteristica nipponica, come spesso gli stessi giapponesi sono portati a credere, è altrettanto vero che il tifone che sta scuotendo l’arcipelago in questi giorni e il terremoto che ha colpito il centro del paese qualche settimana fa, sono promemoria molto efficaci.
Per avere un’idea di cosa stiamo parlando, basta andare in rete e vedere i video promozionali sul museo che stanno girando già da un po’.

matteo.boscarol@gmail.com 

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