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La Rai in aula al senato. Ma ora si prende tempo

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Riforma Renzi Tempi stretti alla camera dove anche tra i renziani c'è chi chiede già modifiche. E si prevede che sì definitivo non arriverà prima di settembre

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 17 luglio 2015

La senatrice dem Laura Cantini, intervenendo nell’aula di palazzo Madama, tesse le lodi della «riforma» Rai targata Matteo Renzi e integrata dagli emendamenti di Gasparri: «Il ddl vuole riportare il servizio pubblico alla sua epoca migliore, con una rivoluzione capace di portare via burocrazia e spartizioni. La riforma del management dell’azienda darà autonomia e potere all’amministratore delegato, che dovrà essere allo stesso livello professionale della stagione in cui la Rai primeggiava, la stagione di Sergio Zavoli».

Su twitter c’è chi le risponde: «Zavoli? Grandissimo professionista, ma erano i tempi in cui nacque la lottizzazione selvaggia». Firmato, Michele Anzaldi. Cioè un altro – renzianissimo – esponente del Pd, segretario della commissione di vigilanza Rai, che invece è deputato. Nello stesso partito del premier, dunque, c’è un certo nervosismo. Perché quel che la senatrice ritiene positivo, «le soluzioni che abbiamo trovato in commissione per il cda», cioè gli emendamenti forzisti che ritoccano i poteri dell’amministratore delegato su nomine dei direttori e programmazione, non piacciono a Anzaldi: «Se dirigenti e direttori sono ancora scelti dal cda, nominato a maggioranza dal parlamento, i partiti continuano a lottizzare la tv pubblica». Mentre il ddl sfornato da palazzo Chigi prevede un lotto unico senza troppe discussioni del super amministratore delegato scelto dal governo con i suoi consiglieri. Che comunque saranno a maggioranza di area governativa e, quando saranno nominati con l’Italicum in vigore (ma non si tratterà comunque del prossimo giro) di un solo partito. Il «partito solo al comando» contro cui Gasparri continua comunque a polemizzare, ripetendo però in aula che si potranno discutere ulteriori modifiche. E anche l’M5S chiede modifiche o «sarà battaglia feroce».

Insomma, nonostante l’accelerazione, con l’arrivo ieri nell’assemblea del sento del ddl per l’inizio della discussione generale e il voto sulle pregiudiziali di costituzionalita delle opposizioni (respinte), la strada per arrivare al via libera definitivo da parte della camera entro la pausa estiva appare ora altamente improbabile. Il senato dovrebbe licenziare il testo la prossima settimana, secondo le previsioni più rosee, ma poi resterebbero a Montecitorio, tra commissione e aula, due settimane scarse, durante le quali il testo sfornato da palazzo Madama non dovrebbe essere toccato. E un tale restringimento dei tempi dovrebbe avere il consenso delle opposizioni. Insomma, non è proprio aria. Non a caso nel Pd ora si spiega che approvazione «entro l’estate» significa entro il 21 settembre. Ma si dovrà prorogare ulteriormente la vita del cda già scaduto.

Il sottosegretario alle comunicazioni, Antonio Giacomelli, ieri si è comunque portato avanti con il lavoro, andando a Montecitorio per incontrare i deputati del Pd. Che a loro volta hanno chiesto che il testo non arrivi dal senato «blindato». E alla camera c’è appunto Anzaldi, che già dice di aspettarsi modifiche.

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