Visioni

La ragazza e il fiore bianco

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Picturebook Esce in libreria «Polline» di Davide Calì, pubblicato da Kite

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 21 gennaio 2014

I  giardini sono luoghi ad alta densità metaforica. La nascita la morte la rinascita. Le vie inafferrabili del desiderio, la scoperta dell’altro da sé… I cicli naturali. I tempi e i modi della cura, la pazienza l’attesa, la bellezza nella rosa de Il piccolo principe, i codici misteriosi dell’amore: Il fiore del mio segreto recitava il titolo di un film di Almodóvar…

E intorno a un cuore floreale, un piccolo fiore bianco spuntato all’improvviso nel giardino di una giovane donna, ruota Polline, picturebook edito da Kite per irrorare un testo fortemente evocativo di Davide Calì, nostro autore pluritradotto, con le immagini accuratissime e volutamente retrò di Monica Barengo (illustratrice di Io so’ Carmela), una teoria visiva che è puro piacere sfogliare e assaporare nei minimi dettagli.

«Ritratto in seppia», tra fogge d’abito e di capigliatura anni ’20, mentre uno sguardo femminile si apre innanzi allo sbocciare inaspettato di una presenza bianca delicatissima e piena di fragranza. «Una ragazza che non aveva mai coltivato fiori», che non ne conosceva il nome (siamo mai preparati, siamo mai edotti circa l’amore?) e che non sapeva che quello sarebbe divenuto l’oggetto dei suoi pensieri, della sua attenzione e del suo affetto. L’unico. Perché: impossibile da capire, da dire. Quel fiore sapeva toccare le sue corde più profonde.

Così, omaggio a Saramago e al suo Il più grande fiore del mondo, gli dedicava tutte le cure di cui era capace, acqua e terreno smosso tutti i giorni e ogni mattina trovava la sorpresa-certezza di un nuovo fiore. Questo fino a quando l’amato cominciò a sfiorire, senza nemmeno lasciare un minuscolo bocciolo. Che cosa lo affliggeva? Dove aveva sbagliato? Avrebbe forse dovuto riservargli cure altre oppure i suoi riguardi erano stati troppi? «Può qualcosa di così bello finire all’improvviso senza motivo?».

Tra profumi che esalano da corolle come tazze di caffè, varie tipologie di innaffiatoi, forbici come arcaici strumenti di precisione e sveglie con un fiore sul quadrante, la ragazza si struggeva e aspettava, si interrogava e aspettava, desiderando di poter ancora una volta provare l’emozione di riscoprire il suo fiore in giardino. Poi, come in una favola antica, le parole di una cornacchia oscura e sapiente: ovvero dell’amore che non chiede di essere ricambiato e che sa godere di ciò che ha e non di ciò che ottiene.

E se un giorno, svegliandosi lei potesse risentire ancora, altrove, quel profumo che tutto sa, che tutto sana e che vince ogni oblio, se riuscisse a vedere ciò che prima non sapeva percepire? (Persefone è libera, e a ogni suo passo la terra fiorisce. La memoria olfattiva, ci ricorda Farhadi ne Il passato è l’ultima a lasciarci). «Il fiore della mia vita avrebbe potuto sbocciare da ogni lato/se un vento crudele non avesse intristito i miei petali/dal lato di me che potevate vedere nel villaggio./Dalla polvere io innalzo una voce di protesta:/voi non vedeste mai il mio lato in fiore!» (Antologia di Spoon River, Edgar Lee Master). E ancora: «Sono certa che in ogni luogo incolto una nuova vita attende di rinascere… Nuovi semi saranno portati dal vento, e continueranno ad arrivare e daranno molte opportunità, per un cambiamento del cuore, un ritorno del cuore, un rammendo del cuore, e per la scelta della vita – di tutto ciò ne sono certa». Clarissa Pinkola Estés, Il giardiniere dell’anima.

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