Visioni

La ragazza che scriveva d’arte

La ragazza che scriveva d’arteMara Chiaretti

Ricordo È una perdita dolorosa quella, prematura, di Mara Chiaretti. Era ormai diventata una regista nota, una vocazione tardiva, perché inizialmente è stata critica d’arte

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 24 gennaio 2019

È una perdita dolorosa quella, prematura, di Mara Chiaretti. Era ormai diventata una regista nota, una vocazione tardiva, perché inizialmente Mara è stata critica d’arte. Ma siccome era brava e sensibile, anche in questa professione è stata eccellente. Del suo cinema scrive qui chi è competente, anche se per noi tutti il suo cinema è stato, anche questo, una cosa molto personalmente vicina, per via del bellissimo film-intervista con Rossana nel 2016. Aggiungo solo poche parole per ricordare la mia Mara, quella giovanissima, che si chiamava ancora col suo nome di ragazza – Buffo di Perrero – e diventò la critica d’arte del settimanale della Federazione giovanile comunista – Nuova Generazione – che io allora – erano gli ultimi anni ’50 – dirigevo.

PER QUESTO ancora adesso, quando ci incontravamo, mi chiamava sempre scherzando «il mio direttore». E io ricordavo come era stata brava a scrivere d’arte e farsi capire e apprezzare, in una pubblicazione i cui lettori – allora gli iscritti alla FGCI erano 400 mila ! – poco avvezzi a trattare di pittura. Poi Mara sposò Tommaso Chiaretti, che forse ormai pochi ricordano perché l’abbiamo perso troppi anni fa, ma è stato una colonna dell’Unità, famoso soprattutto per i suoi straordinari corsivi. Mara, insomma, sebbene più giovane, è stata un pezzo della vita di molti di noi di quella stagione: Tommaso era grandissimo amico del mio ex marito Alfredo Reichlin, direttore, allora, dell’Unità, e tantissimi sono i ricordi comuni.

ANCHE per via della figlia di Mara e Tommaso,Sara, che ha sposato Ignazio Vacca, figlio di Beppe, storico presidente dell’Istituto Gramsci. Erano i tempi di cui di Bari, dove tutti questi rapporti si sono intrecciati, si parlava con ironia ma anche con orgoglio, come sede dell’«école barisienne». Un’allusione ad un nuovo marxismo, un poco eretico (ma non troppo).
Un abbraccio a Sara e Ignazio, e ai loro figli, da parte di tutti noi de Il manifesto.

Domenica 27 gennaio alle 11.30, si terrà una commemorazione presso la Fondazione Piccolomini, via Aurelia Antica, 164, Roma

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