«Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e la storia». Per Nichi Vendola la condanna arrivata ieri è una doccia gelata. Chi gli ha parlato e ha seguito con lui le varie fasi del processo assicura che era convinto di uscirne pulito.

Di qui la reazione durissima, in un video diffuso sui social: «È come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali: è l’ennesima prova di una giustizia profondamente malato».

L’ex presidente della Puglia è un fiume in piena: «I giudici hanno umiliato persone che hanno dedicato l’intera vita a battersi per la giustizia e la legalità. Hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali: noi non fummo i complici dell’Ilva, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità».

E ancora, quasi a giustificarsi della durezza delle sue parole: «Ho taciuto per quasi 10 anni, difendendomi solo nelle aule di giustizia, ora non starò più zitto. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna (Giorgio, ex direttore di Arpa Puglia, su di lui secondo i giudici Vendola avrebbe fatto pressioni per ammorbidire i giudizi sulle emissioni di Ilva, ndr)».

«Credo che la condanna di Nichi sia ingiusta e sono certo che i prossimi gradi di giudizio lo attesteranno», la reazione a caldo di Nicola Fratoianni, delfino politico di Vendola (l’accusa di favoreggiamento a suo carico è caduta in prescrizione). Sinistra italiana, il partito guidato da Fratoianni, sostiene che «in 70 anni di Ilva nessuno è intervenuto quanto Vendola e il prof. Assennato sia sul fronte normativo, attraverso leggi e regolamenti, sia sul fronte dei controlli sull’inquinamento prodotto dall’impianto siderurgico, serrati e e documentati».

Quei controlli, sostiene Si, hanno generato la mole di dati alla base del processo: «Sta anche in questo paradosso la profonda ingiustizia che si è consumata con l’odierna pronuncia la quale, ne siamo certi, sarà ribaltata nei prossimi gradi di giudizio». Con Vendola si schiera anche l’ex pupillo Gennaro Migliore, ora in Italia Viva: «Una sentenza davvero incomprensibile. Continuo a credere nella sua innocenza».

Loredana De Petris, capogruppo di Leu al Senato e storica ambientalista, parla di una «sentenza di importanza storica. Vengono chiarite e sanzionate le responsabilità dei Riva e dei dirigenti dell’Ilva, cioè di chi in nome del profitto non ha esitato ad avvelenare un’intera città e a provocare un disastro ambientale». «Restiamo invece certi dell’innocenza di Vendola che verrà riconosciuta in appello», prosegue De Petris.

Così anche Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente: «La condanna di Vendola e Assennato è davvero incomprensibile per chi ha seguito le vicende dell’Ilva in questi decenni».

Con l’ex governatore si schierano anche Gianni Pittella e Dario Stefano del Pd, l’ex presidente della Toscana Enrico Rossi («una mostruosità») e il sindaco di Bari Antonio Decaro: «Normalmente non commento le sentenze, ma sono convinto che Vendola sarà assolto: per un anno ho lavorato con lui in regione e ricordo le sue battaglie per abbassare i livelli di diossina e di pm10 delle aziende pugliesi e in particolare dell’Ilva». Più prudente il governatore Michele Emiliano: «La Regione Puglia dal 2005 è stata l’unica istituzione ad aver agito per fermare quella scellerata gestione della fabbrica».

Gelo dal M5S. Il capogruppo alla Camera Davide Crippa parla di «un sistema fatto di cinici interessi privati e di connivenze politiche». L’ex grillina Barbara Lezzi attacca Vendola. «Mi ribello contro chi vuole intimorire i giudici e metterli alla gogna».