L’assassinio di Satnam Singh nelle campagne di Latina ha acceso i riflettori sul sistema del bracciantato, fondamentale per l’agricoltura ma non al prezzo della riduzione in schiavitù dei lavoratori che per 4 euro l’ora si spaccano la schiena sotto il sole. La questione salariale degli agricoltori deve quindi diventare centrale.

È quanto sostiene il Pd, attraverso Stefano Vaccari, capogruppo in Commissione Agricoltura, che ha organizzato un momento di confronto alla Camera a partire dai dati Istat e Ismea. ≪Questi dati ci raccontano della condizione del mondo dell’agricoltura di oggi, in vista di un futuro che pensiamo debba essere diverso da come il governo lo ha impostato. Servono risposte strutturali, non servono solo sulle emergenze. E finora, anche nelle sedi parlamentari, di agricoltura si è parlato soltanto come di un settore che deve essere accompagnato e sostenuto come se ci trovassimo di fronte ad un problema e non certo una risorsa≫, ha detto il deputato.

Nelle campagne italiane, come ricorda l’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai CGIL, ci sono 230mila lavoratori senza contratto e senza diritti. Di questi, 55mila sono donne, un bracciante su quattro lavora in nero e la paga media di una giornata di oltre 10 ore è di 20 euro. E c’è anche una questione generazionale, dato che l’Italia è il Paese europeo con la maggior quantità di agricoltori sopra i 60 anni e con la quota minore di giovani under 35. Ma il governo Meloni di fronte a questi dati non ha proposto misure strutturali ma solo ≪leggi ‘bandierina’, come i premi per i cuochi d’Italia o quelli che allargano gli staff ministeriali o il quasi azzeramento delle risorse sulla legge sull’imprenditoria giovanile. Per il momento solo commissari, fra l’altro di scarsa efficacia operativa

Per il Pd è urgente intervenire immediatamente sul reddito degli agricoltori, dando corretta attuazione alla direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali, in cui s’impone ai distributori di pagare ai produttori il ‘giusto prezzo’, senza vendere al di sotto dei costi di produzione. In Italia gli agricoltori – quelli di medie e piccole dimensioni, in particolare – si trovano a far fronte ad un calo della produzione e del reddito legati all’intrecciarsi di diversi fattori: eventi climatici estremi, aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, incremento del costo del denaro per fare investimenti indispensabili, la concorrenza sleale di prodotti esteri che hanno standard inferiori ai nostri per salubrità e sostenibilità.

 ≪Diversamente da quanto raccontato, il problema non è la contrapposizione tra misure ambientali e necessità dell’agricoltura, tra cibo e ambiente. Il problema vero è il costo per l’agricoltore, il calo del suo reddito, l’impossibilità di far fronte ai suoi impegni finanziari≫, hanno spiegato i parlamentari Dem.

A intervenire al convegno, numerosi rappresentanti del settore. Tra questi, Livio Proietti, presidente di Ismea, diversi responsabili di Istat e Barbara Nappini, presidente di Slow Food. Poi, Cristiano Fini di Cia, Stefano Masini di Coldiretti, Tommaso Battista di Copagri, Corrado Martinangelo di Agrocepi, Angelo Petruzzella ci Legacoop Agroalimentare e Carlo Piccinini di Fedagripesca.

La priorità per gli agricoltori è legata al reddito. L’esempio di Egalim in Francia può essere tenuto in considerazione, ma non lo dobbiamo fare solo a livello di singoli stati, una legge Europea è quanto mai indispensabile e urgente, perché purtroppo gli agricoltori e i produttori sono schiacciati da troppo tempo da queste dinamiche, dobbiamo favorire la distribuzione equa – ha detto Fini – Va fatto un ragionamento anche sulle condizioni di vita degli agricoltori delle aree interne con politiche abitative, soprattutto rivolte ai giovani, cercando di evitare lo spopolamento attraverso gli insediamenti economici, ma anche servizi e infrastrutture. Servizi legati alle scuole, ai presidi sanitari e infrastrutture digitali≫.