Perché m’innamoro di un libro? Perché tratta di argomenti a me cari, perché mi fa identificare nei personaggi di cui leggo le avventure, perché è scritto melodiosamente e nelle parole non sento artificio ma necessità, urgenza, coinvolgimento. Queste forse alcune delle cause per cui preferisco alcuni romanzi ad altri: per affinità. Di questo libro, appena lette le ultime righe e chiuso il volume posandolo sul comodino, mi sono detta: «ci voglio fare un film». La scrittrice è amica di più di una mia amica, il contatto lo posso trovare con facilità, dovrei solo scoprire a chi appartengono i diritti cinematografici. Ero così contenta, come se una scossa tellurica potente, da dentro, avesse rotto delle immaginarie acque amniotiche creative e mi avesse chiesto di far nascere il bambino prima del tempo. Era una esigenza che non sentivo da tempo e la cosa mi ha illuminato. Da questa sensazione forte sono passati dei mesi: non ne ho parlato quasi con nessuno, ho lasciato che l’emozione sedimentasse e si trasformasse in consapevolezza, in razionale convinzione, in pratico senso fattivo.

 

 

L’amore normale di Alessandra Sarchi (ora candidata al Campiello con La notte ha la mia voce, edito da Einaudi) racconta gli intrecci quasi rohmeriani (meno impalpabili) tra due coppie di fedifraghi e rispettiva prole e amici affini. La struttura polifonica del racconto agisce sul lettore su più fronti: come un serpentello sottile che striscia tra i rami dell’albero di Adamo ed Eva, le sottotracce di ogni personaggio contribuiscono a scavare in profondità nel tema della coppia, dell’amore coniugale, nell’atto stesso dell’amare e di quanto, in esso, spesso covino trappole, buche, inciampi e risalite.
Ognuno è imperfetto, nessuno agisce solo per il bene comune, nemmeno se si è una famiglia unita o se si pensa sempre di non commettere nulla di irreparabile.

 

 

 

 

 

Mettere al mondo figli, dire bugie, fare il primo bagno della stagione nella stessa casa al mare sono atti normali, perché l’amore è sempre normale, anche quando nuoce a chi gli sta intorno, a chi si ama di più, anche quando di normale non ha più quasi nemmeno l’ombra, anche quando la parola stessa ha già perso il suo significato. Non si indaga il cuore senza conoscere a fondo la mente, non si impara a gestire il sentimento mettendolo alla prova il più possibile. L’arte del vivere è delicatissimo percorrere un filo da trapezista teso in cielo a dieci metri di altezza: si rischia tantissimo, tutto o quasi, si può avere la fortuna di imparare a volare durante la caduta, si può sapere mantenere l’equilibrio al di là delle apparenze, delle diverse strade da scegliere, al di là dei propri stessi desideri. Dare senso a tutte le pulsioni, agli equilibrismi, alle capriole che si vogliono, si possono, si devono fare è talvolta opera ardimentosa: arduo dunque essere madre, padre, figlio, figlia, amante, amico, parente, nemico. Ogni vita è diversa, ogni volta è simile ma unica, ogni relazione ha il suo lato oscuro, ogni amore è normale, a suo modo.

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