La psicoanalisi, tra storia ricerca e interpretazioni del contemporaneo
INCONTRI Da oggi a domenica il XIX Congresso nazionale online della Spi. Si discuterà del tema «Inconscio/Inconsci»
INCONTRI Da oggi a domenica il XIX Congresso nazionale online della Spi. Si discuterà del tema «Inconscio/Inconsci»
Convocare il tema dell’inconscio apre un varco complesso di definizioni, strumenti di interpretazione e collegamenti che risentono del tempo lungo della psicoanalisi, da quei primi e cruciali significati attribuiti al suo concetto e alla sua struttura da Freud fino alla rideclinazione di altri e diversi autori. Dedicare ancora riflessioni a un plesso così formidabile e cangiante, permette di illuminare sentieri, non solo per quel che è stato lo sviluppo della sua concettualizzazione dalla nascita della psicoanalisi fino a oggi – e quindi alle sue più o meno recenti, controverse modellizzazioni – ma anche di indagare, con vividezza speculativa, sui luoghi plurali e sulle scene multiple della realtà psichica dove l’inconscio si manifesta e abita.
INTORNO A QUESTI AUSPICI, si apre oggi per proseguire fino a domenica il XIX Congresso nazionale della Società Psicoanalitica Italiana, per la prima volta in modalità online, dal titolo «Inconscio/Inconsci» a disegnare un’ampiezza capace di interrogare non solo gli addetti ai lavori ma tutte e tutti in un presente così falcidiato. Ne è convinta Anna Maria Nicolò, attuale presidente della Spi che nella sua relazione introduttiva, prima di lasciare spazio alle tre giornate composte da panel e stanze virtuali che scorreranno parallele fino alla tavola rotonda di domenica mattina, affronta le ragioni di una scelta tanto classica quanto articolata. Anzitutto chiarendo, a dispetto di certe derive, anche interne al pensiero psicoanalitico contemporaneo, la stessa ineliminabilità dell’inconscio dalla natura umana: «come non esiste la mente senza il corpo o l’adulto senza il feto» – scrive Anna Nicolò. Che tuttavia si mostra pronta a recepire e leggere con strumenti adeguati anche i più recenti adeguamenti della psiche all’evoluzione spietatamente rapida della società in cui viviamo: «Oggi stiamo lavorando con molta intensità su specifici linguaggi e funzionamenti inconsci, perché il cambiamento dei pazienti e della società ce lo ha imposto».
In considerazione delle numerose teorie che ne hanno discusso e ne discutono lo statuto stesso, l’inconscio non può che essere implicato a una cifra di eterogeneità proprio nella sua declinazione plurale, che racconta di quanto il ragionamento dietro il tema del Congresso sia stato meditato alla luce di incongruenze e molteplicità. È una parola importante «molteplicità» perché restituisce quante e tali siano le sue interazioni, con il mondo e una cultura mutevole. Ecco perché è tanto più utile oggi segnalare quanto la psicoanalisi sia attrezzata a prendere parola sul mondo, sul dolore e la sofferenza che riguarda le nostre vite, stando accanto a ciò che accade, non solo in un deposito fantasmatico e profondo ma nel rintocco di una società in cui siamo immersi.
È anche questo elemento che intende esplorare l’incontro della Spi, discutendo «l’aggrapparsi al corpo», in alcuni casi clinici portati a esempio nella relazione introduttiva, come «l’ultima frontiera di un inconscio senza parole, senza fantasie né sogni». Del resto il recente intensificarsi dei tentativi di suicidio segnala «la cultura del vuoto, del concreto, della negazione anzitutto della morte, che per contrasto il Covid ci ha riproposto. In una società che mette la maschera e il successo sociale al posto della persona e degli affetti, l’esternalizzazione come difesa dall’internalizzazione, siamo stati costretti a lavorare sulle tracce mute (dal titolo di un libro di Angelo Macchia del 2020) perché è lì che abbiamo trovato un paziente che ha paura dell’inconscio (il riferimento è a Domenico Chianese, 2007) che ha perso, o non ha mai acquisito, o non si è mai permesso la capacità immaginativa dell’inconscio creativo».
QUALE CHE SIA LA FUNZIONE dello psicoanalista, essa è condizionata dall’appartenenza al mondo, «è figlio di questa cultura, la interpreta e la trasforma proprio e solo in virtù del fatto che vi dialoga, permettendo l’emergere della straordinaria creatività dell’inconscio che come ci diceva Francesco Corrao, non va immobilizzato, assiomatizzato, e neppure ontologizzato, proprio al fine di mantenerne il potenziale rivoluzionario».
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