Visioni

La provocazione dei corpi

La provocazione dei corpiuna scena da Body di Malgorzata Szumowska

La prima volta Le trasgressioni felici raccontate in Body, una black comedy polacca di Malgorzata Szumowska

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 13 febbraio 2015

Come in ogni famiglia, felice o infelice che sia, esistono delle regole. E le regole sono lì, in bella mostra, attraenti e luccicanti, pronte per essere trasgredite. Ed io che non trasgredisco mai, noiosa e ligia per auto imposizione dall’infanzia, per la prima volta trasgredirò qui a Berlino.

Anche se non è un’opera prima (caratteristica che dovrebbero avere i film di cui tratto in questa rubrica) non riesco a trattenermi dal parlare di Body, la black comedy polacca di Malgorzata Szumowska (regista sconosciuta ai più ma habitué e vincitrice nei festival internazionali, da Locarno a Berlino) che merita di certo di essere premiata ed è la prima volta, in questi giorni, che lo penso davvero (non mi azzardo a dire con quale orso, orsetto o barattolino di miele…). Body parla di corpi come nessuno fa mai e li mostra nella loro sconvolgente e pura fragilità. Parla di amore, di traumi, di quanto sia complicato sciogliere i rebus annunciati dal cuore e attorcigliati dalla mente. Parla di relazioni umane, di nascondersi dietro un dito e poi uscire fuori a fare bu come in gioco tra bambini, di sedute spiritiche e di alani da cento chili che dormono in letti matrimoniali accanto a donne mature che per professione aiutano gli altri.

Un film intelligente, provocatorio, spinto all’estremo: costringe lo spettatore a ridere del macabro ma non per puro gusto sadico piuttosto per guardarlo da fuori lucidamente e provare a superarlo.

Ponderato, calibrato nei tempi e nelle battute, non un ruolo fuori posto, non una battuta sopra le righe, righe di un quaderno dove sono già state posizionate in partenza tutte bislacche, ognuna col suo diverso punto di arrivo: nella prima scena siamo scaraventati sul luogo del ritrovamento di un cadavere, sulle rive di un fiume cittadino – siamo a Varsavia – i poliziotti fanno i rilevamenti nei prati intorno, dopo aver brutalmente tagliato la fune dell’impiccato che è venuto giù come una pera marcia dall’albero, senza che nessuno se ne renda conto il suicida da terra caracolla di lato, si alza sulle sue gambe e se ne va.

Ora la finisco, sono troppo coinvolta (e dire che solitamente questo tipo di humour nero non fa per me), una scena su tutte: la danza spogliarello, in flashback, della moglie morta del protagonista, una sessantenne, che nel suo corpo appesantito dagli anni danza libera e disinvolta davanti a suo marito ancheggiando spiritosa, si accende sensualmente una sigaretta, si toglie seducente il reggiseno divertendosi e beve vodka in una magnifica esposizione di carne umana che vince contro ogni bieco modo di giudicare sempre attraversi brutalità idioti criteri di bellezza e che invece si erge a potenza ironica del tempo che passa lasciando i magnifici segni di realtà vissuta. Vero, sincero, potente, inevitabile come la vita e la morte. Vado a trasgredire ancora: da astemia un bel drink non me lo toglie nessuno. Cheers.

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