Lavoro

La protesta delle mamme dell’outlet: vogliamo una domenica libera

La protesta delle mamme dell’outlet: vogliamo una domenica liberaLa commessa dell'outlet di Castel Romano incatenata alla panchina con le colleghe e i familiari a darle solidarietà

I Diritti Calpestati delle Donne al Lavoro Valeria - è stata trasferita a Valmontone per rappresaglia - e le altre commesse di Castel Romano: non riusciamo a stare con i nostri figli. L’Usb denuncia: sono iscritte al sindacato ma l’azienda non vuole parlare con noi

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 19 ottobre 2017

«Il diritto ad una domenica al mese senza lavoro per stare con i propri bambini». Questo hanno chiesto una decina di lavoratrici – quasi tutte mamme – di vari negozi dell’Outlet Mc Arthur Glen di Castel Romano, 130 negozi di abbigliamento di marca a prezzi scontati fra mura patrizie finte, palme e fontane ad una ventina di chilometri dalla capitale, «costrette a lavorare tutti i giorni festivi che dio manda in terra». La proposta era tutt’altro che estremista: «Turnandoci ognuna di noi poteva stare a casa una volta ogni quattro settimane senza mettere in difficoltà le altre o lasciare sguarnito il negozio». Dopo vari dinieghi da parte dei responsabili, hanno deciso di iscriversi al sindacato – l’Usb – per far valere i propri diritti.

La risposta – specie del negozio Calvin Klein – è stata durissima: rappresaglie, minacce, spostamenti forzati.

IERI POMERIGGIO, nell’ultimo mercoledì della promozione «Friends & Family» con sconti del 30 per cento l’outlet è pieno di clienti. In più ci sono gli immancabili turisti: assieme al Colosseo, l’Outlet è tappa fissa per i tour operator che accolgono facoltosi cinesi, russi e dagli emirati.

ALLE TRE VALERIA FINISCE il suo turno. È il suo ultimo giorno di lavoro. Da domani è stata spostata a Valmontone, 58 chilometri di distanza da Aprilia, dove vive col figlio di 2 anni e 5 mesi che vedrà ancora di meno.

Non può parlare per non rischiare di essere licenziata. Allora si mette il bavaglio e si lega con catena e lucchetto alla panchina davanti al negozio che l’ha trasferita. Accanto lei le colleghe, i sindacalisti Usb e – questa è la novità – mariti e genitori delle colleghe: «Lavorare tutte le domeniche colpisce tutta la famiglia, io non sono cattolico ma sento che a difenderci oramai c’è solo papa Francesco quando parla di sacralità della domenica», spiega Antonio.

Il cartello di Simone spiega meglio il concetto: «Mamma, anche domenica gioco la partita di pallone, perché non mi vieni mai a vedere?».

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L’UNICA CHE PUÒ PARLARE liberamente è Tetyana. Semplicemente perché a Castel Romano non lavora più: «Mi sono dimessa lo scorso maggio perché non ce la facevo più: la capa mi faceva lavorare tutte le domeniche, comunicando gli orari con un solo giorno di preavviso. Le ho detto: “Dammi almeno una domenica libera, non posso scegliere fra lavoro e famiglia, inizio ad avere problemi a casa”. Lei mi ha risposto: «Ma c’è chi lo fa». Così sono stato costretta ad andarmene ma almeno gliel’ho detto in faccia: «Vi state approfittando delle persone, la pagherete».

LA CATTEDRALE del consumismo griffato non guarda in faccia a nessuno. A Pasqua a Serravalle Scrivia, in Piemonte i sindacati confederali hanno proclamato uno sciopero con picchetto per non lavorare il giorno di Pasqua. Niente è cambiato.

ORA CI PROVA L’USB «a rompere questo clima di terrore», racconta Francesco Iacovone che si è invitato la protesta. E che tratta con le guardie giurate e i carabinieri subito chiamati «ad evitare cattiva pubblicità» dal responsabile dell’outlet che non si degna neanche di venire sul posto. Dopo vari tentativi, il responsabile di area della Calvin Klein si degna di rispondere al telefono: «Ha detto che gli avvocati si stanno parlando, ma la linea dell’azienda è questa». Una posizione che aveva già espresso – con altri accenti – alle sue dipendenti: «La domenica si lavora, sempre. E basta. E non mi parlate di sindacati perché io non li considero neanche».

CARABINIERI E GUARDIE private solidarizzano con Valeria. «Figuriamoci, stiamo dalla tua parte, noi lavoriamo domeniche e notturni, ma se non facciamo il nostro dovere ci mandano a Timbuctu, altro che Valmontone», cercano di scherzare per allentare una tensione palpabile.

«SENTIAMO TUTTI I POLITICI, la Boschi per prima, parlare di conciliazione dei tempi di vita per le mamme e poi nessuno che capisca che se permetti ai negozi di stare sempre aperti, di figli non se ne faranno più – attacca Iacovone – . Noi andremo avanti con questa battaglia: il nostro avvocato sta seguendo Valeria, l’obiettivo primario è bloccare il trasferimento», chiosa.

LA SOLIDARIETÀ ARRIVA da due consigliere regionali: Silvana Denicolò (M5s) che è sul posto e Marta Bonafoni (Insieme per il Lazio) che manda un comunicato. Entrambe hanno interessato del caso di Valeria la consigliera di Parità di Roma città metropolitana Flavia Ginevri: «Lei contatterà l’azienda», promettono.

LA PROTESTA FINISCE con la distribuzione alle altre commesse – pochissime iscritte al sindacato – del libro «Not 4 $alE, storie di ordinaria schiavitù dei lavoratori del commercio» dell’Usb. «Sono d’accordo con voi ma qua ci ricattano», risponde Maria. «L’unione fa la forza», le rispondono, «iscriviti anche tu».

Ma intanto cinesi e russi entrano da Calvin Klein come se niente fosse successo.

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