Lavoro

La protesta dei poliziotti: «Basta spending, ormai siamo al limite»

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Silp Cgil Divise e computer andati, pochi agenti. Un piano di tagli che penalizzerà le periferie. "Chiediamo un tavolo: più mezzi e il rinnovo del contratto". Il nodo dei processi contro le violenze: "Disponibili a discutere su reato di tortura e numero identificativo sulle uniformi"

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 5 agosto 2014

Se la spending review fosse un’auto che corre ad alta velocità, loro l’avrebbero già bloccata. Paletta dell’alt, e una sanzione a Renzi e Padoan. Di quelle grosse. Ma i poliziotti italiani questa forza per ora non ce l’hanno, e anzi temono di dover reggere una tale quantità di tagli da non potercela fare. «Ci mancano le divise, i più anziani le prestano ai nuovi arrivati. Per non parlare del parco macchine, o dei computer: vecchi e lenti, spesso donazioni di altre istituzioni, o gli stessi personal degli agenti». La sicurezza, così, non va da nessuna parte: l’allarme lo hanno lanciato ieri il Silp e la Cgil, presentando un dossier.

«Da anni si assiste a una costante emorragia di personale, mezzi e risorse: 350 poliziotti in pensione o riformati ogni anno e blocco del turn over al 55%, senza contare il congelamento degli stipendi, problema comune a tutta la pubblica amministrazione», spiegano Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil, e Daniele Tissone, segretario generale del Silp.

«Dal 2006 al 2013 si è passati da 103 mila agenti in servizio a 95 mila unità complessive, con una perdita pari a poco meno del 10% sul totale delle forze – spiegano ancora Silp e Cgil – Se a questo si aggiunge l’annunciata chiusura da parte del governo di diverse decine di questure, dalle 40 alle 80 su un totale di 103 esistenti, e di 300 presidi di polizia, arriviamo a un quadro che preoccupa. Rischiano di rimanere coperti solo i grandi centri urbani, mentre si svuotano paradossalmente proprio le periferie, che invece avrebbero maggior bisogno di un attento controllo del territorio».

Il Cgil e il Silp hanno quindi elaborato una dettagliata piattaforma, che vorrebbero sottoporre al governo, se questo accettasse di aprire un tavolo di confronto. Innanzitutto, spiegano, bisogna tornare a indire concorsi, anche per permettere l’ingresso di persone provenienti dalla vita civile, e non solo dalla carriera militare (la ferma di leva), come oggi avviene.

Questo permetterebbe anche di far entrare un maggior numero di giovani in forze che stanno via via invecchiando: la media di età è attualmente di 45 anni, nel 2020 supererà i 47. I nuovi ingressi dovrebbero avvenire intorno ai 20 anni, spiegano al Silp, mentre oggi si entra a 27. Inoltre, si permetterebbe l’ingresso di più donne, oggi ferme al 14,8% del personale.

Secondo punto: sbloccare i contratti e gli automatismi stipendiali, fermi dal 2009.

Terza richiesta: unificare polizia e carabinieri. Punto che vede divisi i sindacati di polizia al proprio interno, e che probabilmente non appassiona gli stessi carabinieri. «Ma è una necessità – spiega Tissone – Non solo per rendere più efficaci ed efficienti controlli e missioni, ma anche per risparmiare. Il coordinamento non basta. Si crei un’unica polizia sotto la responsabilità del ministero degli Interni: da subito potrebbe avvalersi di 220 mila agenti, e il risparmio sarebbe pari a 3 miliardi di euro».

Ultimo punto, le libertà sindacali: attualmente la legge permette ai poliziotti di iscriversi a sindacati formati solo da poliziotti, senza quindi potersi integrare a quelli di tutti gli altri lavoratori. Il Silp, ad esempio, non è una categoria della Cgil, ma è solo un suo affiliato. «Chiediamo un vero e proprio salto culturale – dice Gianna Fracassi – Si rendano a tutti i corpi militari, non solo alla polizia, i pieni diritti sindacali e di rappresentanza».

Altro nodo attualissimo, è quello dei processi cui sono sottoposti agenti di polizia e carabinieri per la morte di diversi cittadini: basta citare i casi Uva e Cucchi, ma l’elenco è triste, e purtroppo lungo.

«Non eludiamo questo tema – spiega il segretario Silp Tissone – L’11 luglio ci siamo incontrati a Ferrara, in una sessione a porte chiuse, per discutere su reato di tortura e numero identificativo sulle divise. In autunno terremo un’iniziativa, questa volta a Bologna, e pubblica. Siamo disponibili a dei cambiamenti su questi punti, a tutela dei cittadini, ma parimenti si deve garantire l’incolumità dell’agente che è in servizio alle manifestazioni».

«Noi lo abbiamo detto anche a Grillo – continua Tissone – Non siamo alle manifestazioni per schierarci con nessuno, ma solo per garantire la sicurezza di tutti. Però si devono evitare violenze e danneggiamenti, si deve difendere chi manifesta pacificamente da chi lo fa violentemente. Stiamo sperimentando ultimamente lo spray al peperoncino e un altro tipo di composto, utili a nostro parere perché fermano subito chi compie abusi, non causandogli danni e insieme evitando che possa causarne lui».

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