La propaganda e la moneta falsa del governo
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La propaganda e la moneta falsa del governo

Le parole per dirlo La presidente del consiglio avrebbe dovuto aggiungere che i possessori di moneta scritturale bancaria possono «chiedere all'emittente di convertirla in qualsiasi momento e senza perdita di valore (al valore nominale pieno) in moneta avente corso legale».
Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 28 ottobre 2022

Per giustificare l’innalzamento a diecimila euro del tetto del contante, nella replica al Senato, Meloni ha giocato la differenza tra «moneta a corso legale» e moneta bancaria o scritturale.

Lasciando intendere che solo le banconote e le monete metalliche sarebbero il «vero» denaro. Le sue parole: «L’unica moneta legale sono le banconote, la moneta elettronica è privata, c’è scritto sul sito di Bankitalia». Ecco, il problema sta nell’aggettivo «legale», che nell’accezione corretta indica innanzitutto il «carattere» della moneta moderna. Moneta non più coperta dalla riserva di altri materiali, come oro o argento, non a caso definita anche «moneta fiduciaria» o «moneta fiat». Quella che «vale» ed è accettata in una nazione – o in un’area monetaria come la zona euro – perché è l’unica con cui si possono pagare le tasse e ricevere gli stipendi e le pensioni.

Il monopolio di emissione di questa moneta è riconosciuto alle banche centrali nazionali (ormai formalmente indipendenti), ovvero, nel caso dell’euro, alla Banca centrale europea (più indipendente delle altre banche centrali, in quanto transnazionale). La ragione per cui, a proposito dei mezzi di pagamento offerti dalle banche commerciali, si parla anche di «moneta privata». E qui sta l’inganno.

Perché quello che viene definito da Bankitalia «mezzo di pagamento privato», non è qualcosa che si contrappone alle banconote ed alle monete metalliche, bensì qualcosa che è immediatamente «convertibile» in esse.

La presidente del consiglio avrebbe dovuto aggiungere che i possessori di moneta scritturale bancaria possono «chiedere all’emittente di convertirla in qualsiasi momento e senza perdita di valore (al valore nominale pieno) in moneta avente corso legale».

«Convertibilità», dunque: la parolina che è mancata nell’intervento della premier, che spazza via ogni equivoco sulla natura della moneta bancaria e sulla sua funzione nei moderni sistemi di pagamento, facendo cadere anche la costruzione retorico/manipolatoria utilizzata dalla stessa per avallare la tesi, falsa, sull’esistenza di una moneta buona e un’altra cattiva, in quanto privata (per fare più bella figura avrebbe potuto citare anche la famosa legge di Gresham, per la quale «la moneta cattiva scaccia quella buona»).

Ma poi, cos’è la moneta? Una «unità di conto» (Marx avrebbe detto «il rappresentante dei valori delle merci come grandezze omonime») ; una «riserva di valore», in quanto consente di conservare una parte del reddito corrente per spese future; infine, un «mezzo di pagamento», perché può essere scambiata all’istante con beni e servizi. Quest’ultima funzione oggi è largamente svolta dalla moneta elettronica (carte di credito, carte prepagate, internet banking).

E non è un problema. Anzi. Adamo Smith, tre secoli fa, nella Ricchezza delle nazioni, ricordava che la moneta era figlia della crescente divisione del lavoro nella società. Più gli uomini si specializzavano nella produzione di beni e servizi, più diventavano dipendenti gli uni dagli altri, più avevano bisogno di «equivalenti» per scambiarsi le merci e le prestazioni. L’origine del denaro.

Dopo millenni, siamo passati dai denti di animali (o dai buoi dei tempi di Omero) alla moneta dematerializzata, fino alle monete «virtuali». Cambiamenti straordinari, figli per l’ultima parte degli sviluppi dell’elettronica e della rivoluzione informatica.
La definitiva dematerializzazione del denaro, al netto di eccessi , è stata anche apportatrice di svolte positive nell’«uso pubblico» dello stesso. Si pensi alle politiche «non convenzionali» delle banche centrali, ma anche alle stesse politiche di bilancio espansive dei governi. Ma tant’è. La querelle ha a che fare con l’evasione fiscale, il riciclaggio, i traffici criminali.

La nostra Costituzione sancisce che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». L’evasione non è un diritto e combatterla è un dovere dello Stato. Ottimo, pertanto, che i progressi e le metamorfosi del denaro possano servire anche a fronteggiare condotte illecite. Anche questo è patriottismo.

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