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La profezia di Terry Hall, tra impegno politico e quella effervescente confusione esistenziale

La profezia di Terry Hall, tra impegno politico e quella effervescente confusione esistenziale

Intervista al leader degli Specials su Brexit, sul nuovo disco e i progetti solistici. «Non predichiamo, i nostri messaggi non sono mai cambiati, parliamo di cose che ci riguardano. Senza speranza non abbiamo niente!» La band capostipite dello ska revival di fine ’70, è tornata con «Encore»

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 26 ottobre 2019

«Quando siamo nati con gli Specials abbiamo compreso e giudicato la nostra condizione sociale. Eravamo giovani ragazzi, senza lavoro, senza futuro, zero, un bel niente! Decidemmo di fare qualcosa e di condividere con gli altri i nostri sentimenti… ed è la stessa cosa che stiamo facendo anche oggi. I problemi della società non se ne sono andati. Hanno solo cambiato forma e colore».
Terry Hall, voce degli Specials, si concede diretto, essenziale, ma estremamente vero, in occasione dell’intervista esclusiva rilasciataci lo scorso settembre, in cui conferma che il sorprendente successo decretato al ritorno discografico, a quarant’anni dall’esordio, di una delle band ska revival più significative, «politiche» e progressiste della scena inglese dell’epoca tatcheriana, rappresenta, ora come allora, la portata emergenziale – e il conseguente risveglio culturale – della nuova, ultima, crisi sociale e politica che ferisce l’Inghilterra. Sollevata, oggi, dalla Brexit, ormai rivelatasi come il prodotto ingannatorio di un sistema politico-governativo estremista, persuasivo e reazionario.
Il nuovo album, Encore, non delude le aspettative, lanciando gli Specials in vetta alle classifiche inglesi per diverse settimane: i dieci brani – avvincente mix di generi che vanno dal dub al soul-funk, dal tex-mex al reggae-ska – si caratterizzano tutti per il messaggio sociale e politico restituito senza mezze misure, diretto, netto, di chiara censura verso quanto sta accadendo in Inghilterra. Sul punto Terry confida: «Encore è stato accolto molto bene ed è davvero commovente. Speriamo che la gente ascolti con le orecchie aperte. I nostri messaggi non cambiano davvero mai, non stiamo predicando, stiamo solo parlando di cose che ci riguardano. Senza speranza non abbiamo niente! La Brexit è un incubo totale. Sia per chi vorrebbe rimanere in Europa sia per chi se ne vuole andare. Sta cambiando la forma della politica britannica. Speriamo che alla fine riesca a fare emergere comunque qualcosa di buono determinando reazione e opposizione».
La risposta di Terry non fa che ribadire una posizione già più volte pubblicamente assunta nei confronti della Brexit con termini che non lasciano alcun dubbio: «Penso che i politici adorino la divisione. Ci prosperano. Non credo che vogliano che tutti stiano insieme. La Brexit ha fatto uscire così tante cose e tutte questi personaggi si stanno manifestando. A loro piace la divisione e da quello che posso vedere le cose sono destinate a peggiorare. Mi sento politicamente impegnato come lo sono sempre stato. Ma impegnato in uno stato di grande confusione. Ho naturalmente votato contro la Brexit perché siamo parte dell’Europa. Mi rendo conto di essere un cittadino britannico solo quando mi chiedono il passaporto in aeroporto».
È evidente il rinnovato impegno politico e sociale di una band, quella appunto degli Specials, che non si è mai sottratta a posizioni radicali, sia politiche, che musicali. Lo ska revival nasce come evoluzione del punk primordiale, quello della fine degli anni Settanta, che ha saputo convogliare in sé culture, sottoculture, etiche ed estetiche, il più delle volte rispondenti a realtà marginalizzate o relegate precedentemente a posizioni di nicchia, che all’interno di una nuova scena, ampia e variegata, hanno ripreso nuova vita e soprattutto identità.
Così accadde per la black music, apparentemente antitetica al movimento, ma che inglobata, anche grazie ai Clash e a Don Letts, alla scena punk quasi esclusivamente «bianca», portò con sé, tra il ’77 e il ’78, i semi di quello che di lì a poco sarà definito, appunto, ska revival».
Uno sparuto gruppo di band si aggregò intorno a un sound che aveva l’energia del punk, ma la ritmica in levare tipicamente giamaicana, «velocizzata» e modernizzata. La 2Tone Records, etichetta fondata dal tastierista degli Specials, Jerry Dammers, e i gruppi ad essa riconducibili, vi introdussero contorni politici e sociali. Band come gli Specials e i Selecter erano costituiti da musicisti bianchi e neri: poiché inusuale nell’Inghilterra pur già meticcia della fine degli anni Settanta, questa scelta si evidenziò come definitivo elemento di rottura con il passato.
Terry Hall fu iniziatore e protagonista di questa nuova scena quando, tra le cupe ciminiere di Coventry – città industriale nel centro dell’Inghilterra, spesso ricordata solo per essere stata rasa al suolo dai nazisti trent’anni prima – fondò la band dei Coventry Automatics. Ad aiutare Terry e compagni – la band aveva cambiato nome in Special AKA, destinato ad ufficializzarsi subito dopo in Specials – sarà un inaspettato invito dei Clash a seguirli nel loro On Parole Tour del 1978, che il gruppo sfruttò appieno. Hall conferma con entusiasmo la considerazione di tutta la band verso quella esperienza: «I Clash sono stati di grande ispirazione. Per un certo periodo siamo stati gestiti dal loro manager Bernie Rhodes. Facevamo le prove nella loro stessa sala e loro ci incoraggiavano tantissimo. Il tour è stato fantastico, anche se non avevamo neanche un posto in cui dormire! Diciamo sempre che abbiamo iniziato il tour come un’idea di gruppo e lo abbiamo finito come una vera band».
Nel gennaio del 1979 Dammers fonda la 2Tone Records e nel maggio dello stesso anno gli Specials registrano e pubblicano il singolo Gangsters. Il brano arriva al sesto posto della classifica inglese e la band decolla, grazie anche ai successivi 45 giri A Message to You Rudy” e, soprattutto, Too much too Young che per due settimane resta in testa alle chart.
Poi si succedono cambiamenti di formazione, scioglimenti, litigi e reunion. Ghost Town, nel 1981, fu l’ultimo singolo registrato dalla formazione originaria. Arrivò in vetta alle chart e fu acclamato «brano dell’anno». Terry prese altre strade artistiche, tra Fun Boy Three, Colourfield e progetti solisti. Esperienze non sempre coronate da successo, ma senza rammarico: «Dopo aver sciolto gli Specials volevo solo andare avanti e continuare a scoprire. E sono molto contento del risultato. Essere un artista è una vocazione che dura per sempre. Qualche volta vinci, altre perdi, non importa. Pensa che non ho mai letto una recensione di qualsiasi cosa abbia fatto. Si tratta solo di creare. Tutto qua».
Terry è comunque molto chiaro sulla posizione degli Specials all’interno del movimento ska: «Non ci siamo mai considerati un gruppo ska. Certo, abbiamo fatto riferimento allo ska ma anche al punk, al reggae, al soul, ma suoniamo e scriviamo come ci sentiamo senza alcun confine musicale».
L’impegno politico e sociale della band oggi appare comunque più marcato e ancora più concentrato su quanto accade intorno: «Per scrivere i testi mi limito a osservare. Ascoltando le persone su un autobus o in un caffè. A volte trovo impossibile comunicare un sentimento o un’emozione agli altri. Così finisco per scriverne. L’ispirazione è là fuori. Ovunque». Anche se dimostra cautela e disillusione rispetto alla possibilità che attraverso i testi delle canzoni e la presa di posizione di un artista sia possibile cambiare le coscienze: «Penso che da artista posso condividere e suggerire delle idee ma non mi aspetto un cambiamento, solo opinioni».
Al termine della nostra intervista viene da pensare che lo sguardo spesso accigliato di Hall sia l’involontario riflesso di un mondo che gli appare sempre uguale, stesse problematiche e tensioni sociali, stessa politica che sceglie di fomentare la discriminazione; ma rispetto al quale conservare uno sguardo di speranza: «Ho guardato in tutto il mondo, potrebbe essere un bel posto in cui vivere. Assicurati di essere visto e ascoltato e dai alle cose il valore che si meritano. Ho guardato in tutto il mondo. Dobbiamo prenderci cura l’uno dell’altro» (We Sell Hope da Encore)

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