Qualche settimana fa, il capo dell’esercito inglese, il generale Sir Patrick Sanders, ha descritto il popolo britannico come parte di una “generazione prebellica” che potrebbe doversi preparare a combattere una guerra contro una Russia sempre più aggressiva. Sostiene Sanders: “L’Ucraina dimostra brutalmente che gli eserciti regolari iniziano le guerre; gli eserciti composti da cittadini li vincono”. Il capo di stato maggiore ha poi richiamato l’esempio della Svezia, che ha appena introdotto una forma di servizio nazionale in vista dell’adesione alla NATO.

Dopo il clamore suscitato da queste dichiarazioni. Pochi giorni fa, il ministro della Difesa danese, Troels Lund Poulsen, in un’intervista al quotidiano Jyllands-Posten, dichiara che la Danimarca dovrebbe accelerare gli investimenti nella difesa poiché la Russia si riarma più velocemente del previsto e potrebbe attaccare un Paese della Nato entro tre o cinque anni.

Anche in Italia, non è per nulla raro o strano ascoltare esponenti delle classi dirigenti che parlano con noncuranza della guerra come esito più o meno scontato del prossimo futuro; aggiungendo che è cosa buona e giusta che le Università rafforzino la loro collaborazione con l’industria militare; per poi chiosare che la guerra è la via maestra per la pace. Il tutto, condito dalla retorica del “sacro dovere di difendere la Patria” come principio costituzionale. O dell’inevitabile scontro tra civiltà, con chiari e netti confini tra bene e male. In alcuni casi, senza timore del ridicolo, si paragona la guerra al Signore degli Anelli, con tanto di Orchi, Gandalf e Mordor. Nel senso comune, colonizzato da decenni di immaginario hollywoodiano e di fantasy popolare, il messaggio della guerra trova terreno fertile.

La responsabilità delle classi dirigenti, dei media e degli intellettuali che appoggiano questa retorica bellicista è gravissima. Imperdonabile. E fascista. Recita così la voce “Dottrina del fascismo” dell’Enciclopedia Italiana, redatta per metà da Giovanni Gentile e per l’altra metà da Benito Mussolini, e pubblicata nel 1932. “Anzitutto il fascismo, per quanto riguarda, in generale, l’avvenire e lo sviluppo dell’umanità, e a parte ogni considerazione di politica attuale, non crede alla possibilità, né all’utilità, della pace perpetua. Respinge quindi il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta e una viltà – di fronte al sacrificio”. Un assorbimento della retorica fascista della guerra e del suo vocabolario non solo grave e imperdonabile, ma anche tragicamente ridicolo perché, alla prova dei fatti, la scarsa legittimità e la bassissima fiducia che le persone nutrono verso le istituzioni e la classe politica rende del tutto illusorio pensare a una militarizzazione efficace e indolore della società. La retorica della guerra – nelle nostre società – funziona solo se si accompagna al sacrificio dei figli degli altri. La guerra ci piace solo guardarla, per sentirci dalla parte “giusta” e guardarci allo specchio, intrisi di falsa coscienza. In realtà, il desiderio di morte, di dissolvimento potremmo dire, che promana dalla politica e dai suoi apparati è il segno di un’egemonia in crisi. Il Re è nudo, ma chi lo dice apertamente viene accusato di tradimento, di anti-occidentalismo o peggio.

La crisi irreversibile dell’egemonia occidentale è sia materiale che simbolica, spiega Emanuel Todd nel suo recente libro La Défaite de l’Occident. Una sconfitta che si basa su tre fattori, spiega Todd in un’intervista a Le Figaro. La perdita di capacità industriale e manifatturiera degli Stati Uniti, accompagnata da un generale declino della formazione tecnico-ingegneristica e, più in generale, da una crisi del sistema di istruzione. Un declino intellettuale, dovuto al venir meno dell’aura salvifica del lavoro e dell’impegno “intramondano” come via per il riscatto e la salvezza individuale. Il modello neoliberale ha fondato la cittadinanza e l’identità sul consumo, che si è trasformato in cupidigia di massa. Infine, il dato più sorprendente. Quello che mostra tutta la nudità del Re. La preferenza del resto del mondo per la Russia, che ha scoperto nuovi alleati, sodali e simpatizzanti nel mondo nuovo. Un inedito soft power russo, fortemente basato sulla compressione dei diritti civili e sull’idea che la “modernità culturale” di un occidente che vive del lavoro sottopagato degli uomini, delle donne e dei bambini dell’ex terzo mondo non è credibile. Anzi, è fastidiosa e ipocrita. Per questo, continua Todd, è necessario uscire dalla contrapposizione morale tra democrazia liberale e autocrazia illiberale. I sistemi occidentali sono oligarchie liberali, non democrazie, in crisi di egemonia. La Russia è una democrazia autoritaria che tenta di recuperare una potenza perduta. Sullo sfondo, la potenza emergente della Cina.

I nuovi chierici bellicisti hanno chiaro questo quadro e, per interesse o furore ideologico, hanno scelto la via delle armi, con i corpi degli altri. Il problema è che la guerra è anche una profezia che si autoavvera e chi contribuisce a creare questa atmosfera ne è parte integrante.

@FilBarbera