Raùl Castro entrerà «a testa alta» al VII Vertice delle Americhe che inizia domani a Panama. La presenza, per la prima volta, di un presidente cubano era una delle richieste che i leaders di molti paesi dell’America latina e dei Caraibi hanno avanzato per anni, incontrando però il veto degli Stati uniti, il «socio» che di fatto controllava la maggioranza delle azioni politiche del continente americano. La cumbre di quest’anno, però, non avrebbe avuto luogo senza la partecipazione di Cuba: molti importanti paesi latinoamericani non vi avrebbero partecipato. Dunque, il più giovane dei Castro si presenta come il vincitore di una guerra fredda durata più di cinquant’anni. Il presidente Bararak Obama ha infatti riconosciuto che la politica dell’embargo e dell’esclusione di Cuba «è stata un fallimento».

Ma anche Obama è intenzionato a battere un colpo: è stato annunciato che nel corso del vertice il presidente degli Usa si incontrerà con il leader cubano. E che probabilmente avrà in tasca la decisione (da presentatare poi al Congresso Usa) di togliere Cuba dalla lista dei paesi che sostengono il terrorismo internazionale. Una misura, questa, fermamente richiesta dall’Avana per procedere nelle trattative per la riapertura delle ambasciate dei due Paesi. Secondo un alto funzionario, il Dipartimento di Stato avrebbe quasi completato la «revisione» della «lista nera» che accusa Cuba, assieme a Iran, Sudan e Siria, di sostenere il terrorismo internazionale. E che l’annuncio della «riabilitazione» dell’Avana potrebbe essere dato entro oggi e domani.

«Gli Stati Uniti non hanno rinunciato alla loro politica egemonica e di ingerenza, insomma imperialista, come dimostra il decreto presidenziale per dichiarare che il Venezuela rappresenta un pericolo per gli Usa», afferma lo storico Enrique Lopez Oliva. La sua analisi è condivisa da molti leaders , anche alleati di Washington, che hanno criticato tale misura e hanno rifiutato di unirsi alle sanzioni contro Caracas. Dunque, per Obama il Vertice non si presenta facile. Secondo alcuni analisti, come Geoff Thale, del centro de Ufficio in Washington per gli Affari Latinoamericani (WOLA) , il presidente aveva contato di presentarsi a Panama con in tasca l’accordo per la riapertura delle ambasciate dei due paesi. Ma le trattative sono tuttora incagliate nelle secche di tre temi: la ferma richiesta dell’Avana che gli Usa tolgano Cuba dalla lista dei paesi che favoriscono il terrorismo, il problema dei risarcimenti (delle nazionalizzazioni di beni e imprese Usa attuate da Fidel Castro dopo la vittoria della Revolución nel 1959) e dei diritti umani. Qualora il presidente americano avesse superato l’ostacolo della «lista nera», «l’incontro con Raúl Castro potrebbe dare un impulso alle trattative in corso tra i due Paesi», afferma l’analista.

Uno dei temi in discussione tra Usa e Cuba, quello dei diritti umani e della democrazia, è al centro del Forum della società civile, con la presenza di movimenti di base delle Americhe, già iniziato ieri a Panama e che si svolgerà in parallelo con i lavori del Vertice. Dissidenti e oppositori cubani e venezuelani sono presenti proprio per «denunciare» che l’accordo Usa-Cuba comporta la «repressione dei diritti umani a Cuba». La delegazione cubana, composta da «membri della società civile» cubana, studenti, donne, sindacalisti, artisti e anche qualche esponente dei piccoli imprenditori privati dell’isola, hanno distribuito una pubblicazione «Mercenarios en Panama», nella quale si accusa i dissidenti di essere «al soldo» di chi vuole abbattere il governo cubano.