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La prima svolta di Moon: «Andrò da Kim»

La prima svolta di Moon: «Andrò da Kim»moon Jae-in, il nuovo presidente sudcoreano

Corea del Sud Il nuovo presidente parla già di una possibile visita in Corea del Nord e nomina premier e capo dell'intelligence. Sullo scudo anti-missile Thaad interviene la Cina: «Va fermato»

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 11 maggio 2017

«Se le condizioni saranno quelle giuste, mi recherò in Corea del Nord»: sono queste le parole di Moon Jae-in nel suo primo giorno da presidente.

Complimenti e felicitazioni per la sua elezione sono arrivati da tanti paesi, a testimoniare la rilevanza di questa tornata elettorale e della vittoria di Moon e del suo approccio collaborativo e pacifico, dopo un decennio di politiche conservatrici che, oltre a scandali e rallentamento economico, hanno portato a un peggioramento delle relazioni di Seul con tanti paesi in Asia.

Le felicitazioni più rilevanti sono quelle arrivate da Stati uniti e Cina. Quelle di Trump sono state venate da una polemica tutta interna all’amministrazione americana a proposito dell’ingiunzione di pagamento del sistema di difesa missilistico Thaad, vero e proprio oggetto di contrasto tra Washington e la nuova amministrazione di Seul.

Moon non sarà così spericolato da mettere in discussione l’alleanza militare con gli Usa ma esigerà maggior rispetto dalla controparte.

Trump dal canto suo avrebbe duramente ripreso il suo consigliere per la sicurezza nazionale H.R. McMaster, perché durante un colloquio con funzionari di Seul avrebbe rassicurato che la richiesta di Trump di pagare un miliardo di dollari per lo schieramento del sistema di difesa missilistico non costituiva la politica ufficiale di Washington.

E proprio il Thaad è il grande «ma» che inficia il calore con cui la Cina ha appreso i risultati elettorali. Xi Jinping ha inviato un messaggio personale al nuovo presidente Moon Jae-In (che ha ottenuto, secondo il compiuto finale, il 41,08%) sottolineando l’importanza di affrontare le aree critiche della relazione tra Pechino e Seul, a cominciare dalla disputa sullo scudo anti-missilistico Thaad che il precedente governo sudcoreano aveva deciso di installare.

Lo stesso Moon, in campagna elettorale, si era mostrato scettico affermando che la sua installazione (cominciata la notte tra il 25 e il 26 aprile scorso) mancava di «procedure democratiche».

Secondo gli analisti il Thaad non sarebbe in discussione ora, ma è evidente che l’impatto di Moon muterà qualche assetto nell’intera regione.

E mentre la Cina conduceva importanti test militari proprio come reazione al dispiegamento del Thaad, il quotidiano Global Times specificava che «la vicenda del Thaad è una questione di cui il nuovo governo deve tenere conto per gestire i suoi legami con la Cina; si spera che Moon prenda l’iniziativa per riparare i malandati legami bilaterali tra Pechino e Seul. Se mancherà l’opportunità, i legami futuri andranno incontro a nuove difficoltà».

Il neo presidente intanto è già al lavoro: ieri ha nominato il premier, un altro ex consigliere di Roh, capace probabilmente di accontentare anche i «conservatori riformisti», e il capo dell’intelligence, Suh Hoon, l’uomo che nel 2000 organizzò gli incontri tra le leadership di Seul e Pyongyang.

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